Al Lucca Comics & Games 2024 abbiamo avuto la possibilità di partecipare al Press Cafè con Gou Tanabe, mangaka oramai noto a tutti anche nel panorama italiano, soprattutto per qualità dei suoi adattamenti dei manoscritti di Lovecraft. L’illustre ospite di J-POP Manga ha risposto alle domande e alle curiosità dei presenti: anche noi di Akiba Gamers abbiamo partecipato, e di seguito trovate tutti i punti più importanti della discussione!
Gianluca de Angelis, che moderava l’incontro, ha rotto il ghiaccio con una breve presentazione di Gou Tanabe e della sua più recente opera, I Gatti di Ulthar e altre storie, sottolineando quanto sia difficile dare corpo alle opere di H.P. Lovecraft. Poi sono iniziate le domande, le prime due proprio da parte di Gianluca.
Di Lovecraft sappiamo che sono importanti il non detto, il suggerito, e l’utilizzo di poche parole, ma nelle sue opere Tanabe riesce a materializzare creature umane e aliene perfettamente. Come ci riesce?
Effettivamente le opere di Lovecraft descrivono i fatti in poche parole. Leggendo un testo è possibile interpretarlo per definire le immagini, per esempio, se c’è scritto cane, si può immaginare la sua figura in diversi modi. Io credo di riuscire a farlo nella forma più vicina a quella che voleva Lovecraft, o almeno a quella che si presuppone volesse trasmettere nel libro. Per la decisione finale vado poi un po’ a sentimento, se così si può dire.
Nelle storie di Lovecraft si parla spesso di follia, quale è il suo rapporto con il paranormale?
Per i fenomeni paranormali si tratta sempre di cose che si creano nel nostro cervello, e credo che anche Lovecraft avesse sicuramente percepito la stessa cosa.
Che cosa è la paura per lei sensei?
La paura è connessa alla vita quotidiana, perché noi ci immaginiamo sempre un brutto finale. Quando pensiamo a qualcosa di felice ridiamo, ma se questo pensiero si trasforma in qualcosa di tragico, come la morte, allora si trasforma in terrore.
Che cosa la affascina delle storie di Lovecraft?
Se parliamo della mia opera preferita, che è La maschera di Innsmouth, mi affascina la rappresentazione dell’autore che parla attraverso il protagonista, un giovane ragazzo che sta per diventare adulto, con il suo senso di smarrimento. Trovo molto interessante vedere come Lovecraft riesca a interpretare questa sensazione di perdita e sconforto che tocca tutti noi.
La sua visione di Lovecraft riesce a trasmette tutta l’insignificanza del mondo umano descritta dall’autore americano. Quale è il significato che attribuisce all’orrore cosmico?
Di cose tanto grandi e sublimi conosco solo il cielo stellato. L’orrore cosmico si crea quando vai oltre a ciò che conosci, e finisci per perderti nell’infinito senza cogliere il senso dell’essere umano. Questa sensazione appare quando l’uomo cerca di immaginare mondi che non conosce.
Ha in programma di adattare altri maestri dell’horror nel futuro?
No, non ho in mente altri autori.
A che età ha conosciuto per la prima volta Lovecraft e attraverso quale delle sue opere?
Avevo 25 anni quando ho conosciuto l’autore. A quel tempo avevo deciso di fare il mangaka e proprio tramite l’editor che mi seguiva in quel periodo avevo letto la sua prima opera, ovvero L’estraneo: è molto simile a La maschera di Innsmouth, che come ho detto è la mia opere preferita.
Lovecraft ha ispirato tanti altri autori negli anni, cosa crede che renda unico il suo lavoro?
Anche io non pensavo che le mie opere avrebbero avuto tanto successo. Me lo chiedo ogni tanto, ma secondo l’editor (glielo ha chiesto al momento) è dato dal fatto che il mio lavoro tenta di essere il più fedele possibile a quanto scritto nei libri di Lovecraft.
Si è ispirato a qualche film per la reinterpretazione delle storie di Lovecraft? e tiene qualche film come sottofondo mentre ci lavora?
Ho tratto ispirazione dai film degli anni 20′ e non solo. Per Le Montagne della Follia ho preso ispirazione Himalaya (di Valli) e La cosa (di Carpenter). Per L’abitatore del buio ho preso spunto invece da Changeling (Clint Eastwood). Guardo inoltre molti film di Spielberg per l’impatto e gli effetti scenici che sanno trasmettere.
Il colore venuto dallo spazio è una delle opere di Lovecraft più intraducibili, soprattutto in bianco e nero. come ha fatto a trasporla su carta?
Effettivamente l’opera parla della luce, qualcosa di difficile da rappresentare. Ho cercato di raffigurare l’illuminazione in modi diversi, così come la reazione di chi ci entra in contatto: quando è terrificante la gente a paura, e così via.
Parliamo della dimensione cosmica. Da quali artisti occidentali ha preso ispirazione? e tra di loro c’è qualche autore dell’epoca pulp?
Sono un amante della cultura pulp. Anche poco fa in un mercatino ho trovato delle riviste dedicate e le ho comprate! Ho sempre adorato i disegni gekiga, come quelli di Ryōichi Ikegami e Kazuo Kamimura.
Parlando dell’adattamento di La maschera di Innsmouth ci ha rivelato di aver usato Changeling come riferimento. In quali altre occasioni ha usato la filmografia per creare la storia? Ha qualche aneddoto da raccontare?
Amo molto i film, e quindi ho sempre nuove fonti di ispirazione, ma non le decido a priori, me li ricordo sempre in un secondo momento. Riguardo all’aneddoto, una volta in montagna avevo visto questa scena di una persona che stava cercando di aprire una lattina; l’ho inserita ugualmente nella mia opera commettendo un errore (ride) perché all’epoca del racconto non esistevano apriscatole!
Lavorando a queste opere è mai rimasto coinvolto emotivamente con incubi o visioni?
Non ho mai fatto sogni strani, ma scrivendo, ogni tanto, mi sento come in un cinema mentre guardo un film horror. Probabilmente è dovuto alla posizione che mantengo, dato che in passato mi sono fatto male alla schiena per il troppo lavoro. Il lavoro è comunque un incubo! Non c’entra il contenuto! (Tanabe uno di noi! ndr). L’editor ci conferma che il suo lavoro è un incubo, dato che deve fare tante ricerche e leggere tanti documenti.
Tornando all’argomento dell’impalpabile in Lovecraft, quali dei suoi elementi preferisce tramutare nei suoi manga? gli elementi grafici o le tematiche?
In generale adoro ricreare Lovecraft nei miei manga. Parto immaginando una scena e poi la confronto con quella che avevo immaginato all’inizio. Devo dire che è difficile, ma provo soddisfazione a descrivere delle persone che inizialmente sembrano normali e che poi invece cambiano: è bello confrontare il prima e il dopo della loro trasformazione. Lo stesso vale quando descrivo il Cosmo e quando tutto ritorna alla tranquillità.
Sta lavorando a qualche alta opera o pensa di fare un manga suo prima o poi?
Ora sto lavorando a un opera breve, Polaris. Ogni tanto mi capita di fare qualche bozza, ma non ho intenzione di lavorarci seriamente, almeno per ora. Ho tante altre opere di Lovecraft su cui lavorare!
Si è mai immaginato qualcuna delle mostruosità di Lovecraft in maniera diversa, utilizzando la sua fantasia?
Quando creo queste mostruosità non le sto immaginando, ma le sto descrivendo, raccogliendo tutte le informazioni che ho su di loro. Poi successivamente le modifico: per esempio, se un mostro ha una forma di pesce creo la base e poi aggiungo le altre sue parti.
Nelle sue storie non sono presenti le onomatopee, ma comunque si percepiscono, e i disegni trasmettono tensione e paura. Può spiegarci le motivazioni di questa scelta?
Le onomatopee non stanno bene con i disegni che realizzo, le trovo incompatibili, e inoltre penso che veramente pochissime siano giuste per le scene che rappresento. Per questo descrivo ciò che accade attraverso gli occhi del personaggio.
L’ultima domanda del Press Cafè è stata proprio la nostra: è previsto prossimamente un adattamento anche de La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath?
Ci sono già tante opere di Lovecraft su cui vorremmo lavorare, e non abbiamo ancora deciso l’ordine, ma ci siamo ragionando! Questo racconto in particolare abbiamo però già deciso di farlo.