Quali sono stati i migliori anime da vedere della stagione autunno 2023? L’autunno si conferma essere il periodo dedicato agli anime, e mai come questa stagione ci siamo trovati inondati da tanti attesissimi sequel e da nuovi sorprendenti titoli, alcuni inaspettati, altri già predestinati alla via del successo, che ci hanno allietato sino alle festività natalizie!
Molte piattaforme hanno portato ottimi titoli: Ragna Crimson (Amazon Prime), L’attesissimo Pluto (Netflix), Undead Unluck (Disney+) sono solo alcuni di questi, ma come sempre il blocco maggiore è approdato su Crunchyroll. Oltre ad alcuni sequel molto attesi (SPY x FAMILY, Jujutsu Kaisen, The Saint’s Magic Power is Omnipotent , Dr. Stone, The Rising of the Shield Hero Season 3, The Ancient Magus Bride) sono state le nuove aggiunte a dettar legge, alle quali dedichiamo come sempre questo articolo! Fare la lista di questa stagione è stato arduo, non solo per le decine di titoli di buon livello, ma soprattutto per la classifica finale, perché molti di questi (se considerati nella loro categoria), avrebbero meritato di essere in cima alla lista dominata da alcuni “fuoriclasse”. Senza ulteriori indugi ecco ora la nostra classifica.
10 – Berserk of Gluttony
Iniziamo con un titolo che mi ha lasciato molti dubbi sulla sua presenza in questa lista. Con una premessa piacevole (seppur già adoperata in alcuni casi, come nel recente Tenken) quest’opera è partita in pompa magna, anche solo per gli annunci, tanto da venir subito importato nel suo formato manga dalla Ishi Comics. Peccato che l’opera di Ichika Isshiki non offra l’epicità promessa: Fate è un ragazzo bullizzato dai cavalieri sacri, figure che dovrebbero proteggere la pace e che invece approfittano delle loro statistiche elevate per comandare incontrastati, eccezion fatta per Roxy. Proprio per diventare come lei Fate sbloccherà una potente quanto pericolosa abilità, Gola, che gli permette di mangiare appunto le caratteristiche di chi sconfigge. Ecco, poteva essere una serie alla “Solo Leveling” e invece, dopo l’hype dei primi episodi, il titolo scivola nella superficialità; l’inizio mostra infatti un certo sadismo accompagnato a scene cruente, con un protagonista vendicativo, ma con lo scorrere del tempo sono le parti da commedia che invadono la scena, con stereotipi e azioni a volte banali e a volte inutili. Persino la pluri-sfruttata base dei peccati capitali (da Full Metal Alchemist fino a Seven Deadly Sins) non aggiunge nulla ad un prodotto che non riesce a distinguersi dalla massa.
Allo stesso modo il lavoro dello studio A.C.G.T. rasenta la sufficienza: il probabile basso budget utilizzato si nota nei molteplici frame fissi per interminabili secondi, approfittando spesso dei discorsi tra la spada e la persona (in tal senso Tenken era riuscito benissimo ad allontanare l’aria di immobilità), ma anche negli aspetti più generali, con primi piani senza un vero motivo, scene abbozzate o inquadrature imbarazzanti. Nonostante tutto resta un’anime guardabile, con una trama che potrebbe evolversi in meglio, con molti aspetti mai spiegati e buoni spunti ancora in ballo. Il classico “suo figlio ha del potenziale, ma non si impegna” (probabilmente rende meglio in formato cartaceo) che comunque potrebbe piacere a molti, soprattutto a chi non ha visto così tanti anime da riconoscerne tutti i difetti e le scopiazzature.
9 – My Daughter Left the Nest and Returned an S-Rank Adventurer
Lo ammetto, quest’opera mi ha subito attirato, ricordandomi le delicate atmosfere di Faaway Paladin: Ange è una bambina adottata da Belgrive, un avventuriero di basso rango che si è ritirato dalle scene dopo aver perso una gamba. Da lui impara a combattere e ben presto parte all’avventura, diventando addirittura un’avventuriera di classe S, il cui unico desiderio sarebbe tornare a casa dal padre che adora. Tra il dire e il fare ci sono però di mezzo inconvenienti ed avventure, e così il titolo gioca per parecchi dei suoi 13 episodi su questa attesa. Rilassante, piacevole, e stranamente ben caratterizzato e animato (i disegni non saranno eccelsi, ma lo stile si adatta al genere) rispetto alle classiche opere che si occupano di avventurieri, caccia al re demone, party di donne e così via, affrontando molti aspetti con una prospettiva inconsueta. La serie infatti inizia quasi banalmente, con scenette classiche e parzialmente stupide, ma finisce per incentrarsi sui personaggi: da un lato Angie, una protagonista gentile e onesta, ma che dice spesso quello che pensa creando teatrini comici dal nulla molto efficaci, dall’altro il Padre, incredibilmente più forte di quello che dovrebbe, che con i suoi ricordi contribuisce a creare mistero e a trasmettere una strana inquietudine di fondo.
La maggior parte dei personaggi ha il suo fascino, con dei rapporti piacevolmente illustrati, che tra le battute superficiali sanno affrontare anche tematiche più profonde. Purtroppo molta freschezza si perde negli episodi centrali, con il brodo allungato dai soliti cliché del genere, come siparietti amorosi e morali (inizialmente tralasciati) e con animazioni sofferenti, soprattutto nei combattimenti, nonostante il piacevole uso dei colori (molto tenui senza tinte sgargianti) tipici di una fiaba. Insomma, stranamente risulta più accattivante nei primi episodi che quando cerca di ingranare sulla trama, quasi fosse un lungo prologo in vista di una più corposa seconda stagione. Due note che ho apprezzato: il titolo dello studio Typhoon Graphics, coraggiosamente, non punta a facili views con una protagonista fisicamente esagerata o scoperta per il 90% del corpo (ha persino un’abbigliamento da avventuriera) e l’opening è sicuramente di ottima fattura, con una base degna di un brano dei Folkstone.
8 – The Kingdom of Ruin
Mi duole inserire The Kingdom of Ruin in una posizione così indegna, perché difficilmente troverete un inizio tanto devastante, rapido e coinvolgente in un anime moderno. I dodici episodi dello studio Yokohama Animation Lab vi presentano un protagonista emblematico, crudele (seppur giustificabile penseranno alcuni), che incarna quell’ambizione di “antieroi tragici” che molti desiderano: le streghe sono state eliminate dal mondo, e Adonis, apprendista umano di Chloe Morgan, memore delle atrocità subite, esplode in una cieca furia vendicativa. Questa caccia è la premessa per un viaggio alla Borderland’s, con uno strano ma piacevole miscuglio di post-apocalisse, magia, e vagabondaggi spaziali, con il presunto scopo di mostrare la decadenza del mondo e denunciare la cieca violenza della guerra (Adonis appare come il classico Ken braccato dal rancore). Un background abbellito da spunti storici e tecnologici (simili a famosi isekai del passato) che poteva tranquillamente dominare la scena, ma dopo il climax delle prime puntate la tensione della vendetta finisce diluita in un mare di ironia, amore, e lungaggini inutili, perdendo notevolmente di consistenza.
Verso il quinto episodio lo splatter ponderato e originale del titolo, arricchito da una combinazione accattivante di musiche e ambientazioni, si trasforma lentamente in una scopiazzatura di altri titoli: mosse fighe alla Naruto, morti atroci alla Berserk, un viaggio tragicomico alla Trigun (ma senza lo stesso fascino), con azioni che sembrano spesso incoerenti o mal spiegate. Una confusione che in parte dipenderà anche dalla regia (come nel decimo episodio, con le pallottole o le mani volanti) ma che spesso ricade anche sulla trama (vedasi il chip, il rito della resurrezione e poteri nerfati senza un perché), con alcune scadenti scelte da anime serie B. Eppure, è sempre dopo aver visto l’ennesimo difetto che il titolo recupera nella scena successiva, spiazzandoti, sorprendendoti, e aggiungendo nuovi traumi o segreti al precedente; insomma, nonostante un cambio di registro che ha mischiato siparietti comici a omicidi e violenza, il titolo creato da Yoruhashi (manga inedito in Italia) regge sino a un finale passabile, pur lasciando dubbi morali e tanto spazio per una seconda stagione che si spera buona. Se vi piacciono i titoli esagerati e contorti dovreste almeno guardare i primi episodi prima di decedere se abbandonarlo.
7 – Il Mistero di Ron Kamonohashi
Questa sorta di Detective Conan rimasterizzato, con i più classici riferimenti a Sherlok Holmes (ormai ogni anime di investigazioni ricade in questo cliché), racconta una serie di delitti collegati da un filo meno banale di quanto possa sembrare: Isshiki è un detective intraprendente, ma non molto arguto, tanto da essere deriso dai colleghi. Un giorno però finisce per incontrare Ron Kamonohashi, un talentuoso investigatore radiato dall’ordine per un’accusa di omicidio. Divorato dalla curiosità il ragazzo finisce tuttavia per aiutare Isshiki, suggerendogli le soluzioni ai complicati casi nei quali si imbattono, anche quando si troverà al contempo alle prese con gli intrighi del suo oscuro passato. L’anime dello studio Diomedea, basato sul manga di Akira Amano (autrice di Reborn!), è una deliziosa sorpresa: casi ben imbastiti, una narrazione orecchiabile e veloce, ed enigmi facili da seguire, ma esaltanti, che si lasciano guardare come una buona puntata della Signora in Giallo.
I due personaggi principali sono in grado di attirare le simpatie: la coppia aiutante incapace-eminenza grigia, col primo che prende i meriti e il secondo che gestisce la scena, regge bene, soprattutto se accompagnata con il classico filo di fondo che fa da collante tra gli attimi crudi e toni da commedia, aggiungendo, come nei telefilm, una trama più grande delle singole puntate. Dal lato più artistico le animazioni sono di ottima fattura, con una caratterizzazione sopra la media, ambientazioni ricche, dettagli curati, ed espressioni dei volti tipiche di alcuni seinen/noir che risaltano nei momenti più deduttivi piuttosto che nelle normali scenette comiche. In conclusione, riflettendo sulle note dell’ammaliante ending, troverete che ogni episodio di questo poliziesco è un’ottima occasione per chi ama i gialli più tranquilli, dove è possibile ragionare sulle azioni svolte dal killer di turno e apprezzare la costruzione delle scene del crimine.
6 – Migi&Dali
Una delle sorprese stagionali è sicuramente questa tragicommedia dalle note inquietanti, sin dalla sigla: Migi Hitori e Dali Hitori sono due gemelli che hanno fatto sempre affidamento solo su loro stessi, dal giorno in cui la loro madre è stata uccisa e sono stati mandati in orfanotrofio. Quando una coppia di anziani decide di adottare uno di loro hanno finalmente l’occasione per indagare sugli abitanti della cittadina. Lo faranno assieme, approfittando (anche in modo esagerato) della loro somiglianza per vivere e agire in coordinazione, superando la loro diffidenza verso il mondo grazie anche all’aiuto di alcuni amici. Dai primi episodi non gli daresti un centesimo, perché parte con un malessere di fondo, tra comportamenti ambigui, strane inquadrature, disegni volutamente “retrò” e una colonna sonora altrettanto disagiante. Il tutto attraverso una premessa talmente stupida (la sostituzione) da essere quasi geniale in questo contesto, con situazioni ove sarebbe impossibile non notare la presenza di entrambi.
Questa “stupidità” prosegue però solo sino all’episodio cinque: qui si ribalta la situazione, e il titolo diventa più interessante, misterioso, sempre disturbante, ma con uno scopo, e la maggior parte dei difetti scompare sotto i colpi dell’assurdo. Una tensione tragicomica, tra abbigliamenti ambigui e comportamenti psicopatici, che lascia comunque spazio allo studio GEEK TOYS (gli stessi di Dead Mount Death Play) per farci apprezzare piccoli tratti di mondanità e adolescenza, tra comportamenti infantili e attimi di cattiveria, anche degli stessi protagonisti. Una storia che prosegue nel dubbio, annegando tra incomprensioni e ragionamenti “malati”, per riemergere nella dilagante follia delle ultime puntate, dove tutti i pezzi di questo pazzo puzzle si uniscono componendo un thriller psicologico che vi renderà felici di non averlo abbandonato in partenza: il finale armonioso e delicato (dopo l’atto finale) offre infine una chiusura degna e apprezzabile, come pochi titoli da una stagione unica hanno saputo fare. PS: mi raccomando, non dimenticatevi gli spezzoni dopo la ending!
5 – SHY
SHY è tratto da un manga che che ha esordito in Italia con tanto potenziale, ma complice il mercato dei supereroi ormai saturo (My Hero Academia e One Punch Man erano sulla cresta dell’onda) è passato decisamente sottotono. La storia segue le vicende di un’eroina molto timida, Shy appunto, il cui ruolo è proteggere il Giappone. Dopo aver rischiato una guerra mondiale sulla Terra sono infatti comparsi individui dotati di poteri, uno per nazione, che collaborano per mantenere la pace e l’ordine; ciò sarà ancor più importante quando di fronte a Teru (il vero nome di SHY) apparirà un’organizzazione malvagia, l’Amalareiks, che porterà scompiglio. Una classica trama da supereroi insomma, ma quello in cui eccelle quest’anime è il saper intrecciare una buona contrapposizione tra bene e male con la giusta delicatezza, rendendo sottile la soglia tra azioni malvage e necessità.
Non date troppo peso agli stereotipi iniziali: i personaggi, pur apparendo come caricature (un rischio di questi tempi) sono in verità complessi, e sanno catturare con storie interessanti e particolari, dove le banalità diventano punti di forza (vedasi per Pepesha) e gli scontri un’occasione per una crescita personale (vedasi la calligrafia), tramite espedienti non sempre originali ma pienamente integrati. Di certo il titolo punta più sugli aspetti interiori, emozioni e sentimenti, che sulla componente di azione, come le lunghe discussioni atte a creare il senso del tragico dimostrano. Una considerazione a parte la merita la grafica: noterete sicuramente inquadrature strane, effetti sfocati da storia Instagram, discutibili transizioni (con davvero troppi tagli, quasi come in un fumetto) e un’inutile CGI per l’animaletto che segue sempre SHY, ma dopo qualche episodio vi abituerete, dedicando l’attenzione alla bellezza degli scenari, dei paesaggi e al background dei personaggi.
4 – Overtake
In contemporanea con MF Ghost la stagione odierna ci ha deliziato con un’altra serie basata sulle gare automobilistiche: Overtake, un’opera originale che parla sì di motori, ma che li usa come ambientazione per una più squisita storia dalle tinte di uno slice of life. La vicenda prende infatti forma attraverso l’obiettivo di Madoka, un fotografo di successo che, dopo una profonda crisi, si trova al Fuji International Speedway nel tentativo di sbloccarsi con un servizio sulle gare sportive della Formula 4. Qui conosce il pilota Haruka, un liceale che, seguendo le orme del padre, corre nel piccolo team della “Komaki Motors”: un’incontro che risveglierà l’animo di Madoka, facendolo appassionare a questo sport. Diciamo subito una cosa, lo studio Troyca fa un lavoro con i fiocchi a livello descrittivo, a partire dal primo, spettacolare, episodio: da appassionato di Formula 1 infatti posso dire che ogni aspetto è spiegato magnificamente sin da subito (gomme, regolamenti, costi, sponsor), e non solo; le rivalità dei team, le sensazioni, i riferimenti storici, i movimenti delle vetture, persino le scene in CGI delle gare (che paiono spesso come corse reali) profumano di automobilismo. Il circuito di Suzuka, per esempio, è riprodotto fedelmente, e allo stesso modo le emozioni che le gare sanno trasmettere tra sorpassi e inseguimenti, nonostante qualche “licenza” d’animazione, necessaria per un anime che non può permettersi competizioni statiche o di immobilità. Chi ha mosso critiche tecniche (come per la partenza con le slick con la pioggia) non si è mai visto un campionato, soprattutto in questi nei casi dove non è previsto il cambio gomme.
Ma più che il lato corse è il mondo legato ad esso a sorprendere: non aspettatevi il classico spokon, perché sono molti gli episodi senza gare, che preferiscono accantonare le quattro ruote per affrontare temi delicati o tragici; dalle riflessioni profonde sulla fotografia, con momenti davvero d’impatto, ai problemi economici, all’abbandono, sino a problematiche “moderne”, come le critiche social… ciascuno di questi aspetti è trattato in modo da toccare il cuore dello spettatore, che sia per gioia, rabbia o altro. Le animazioni poi risultano molto efficaci allo scopo, grazie a volti espressivi e simpatici, a loro modo realistici pur con lineamenti morbidi e cute (in certi casi con componenti alla “anni 90”), i quali aiutano a comprendere sia il tifo che l’umanità dei personaggi; se siete persone suscettibili sappiate che questo titolo vi strapperà sicuramente qualche lacrima negli episodi finali, che siate o meno amanti della F1: era da F- Motori in pista che non vedevo tanta passione per il genere, ma si tratta di un genere che può piacere a tutti, per questo spero vivamente ci sia una seconda stagione!
3 – Shangri-la Frontier
Lo ammetto, da fan accanito del manga (e più volte mi sono chiesto perché in Italia abbia preso così poco) sono più che soddisfatto di aver assistito all’adattamento di quest’opera a livelli elevati, tanto da riaccendere l’interesse nel pubblico anche per la serie cartacea. Diciamo che era dai tempi di SAO che un titolo sulla realtà virtuale non partiva con una trama tanto interessante: Hizutome è uno studente appassionato di “videogiochi di merda”, titoli ricchi di bug e di difetti che ne rendono difficilissima la padronanza, se non con impegno e ottimi riflessi. Un giorno viene però convinto a provare il gioco in realtà virtuale del momento, Shangri-La Frontier, un open world dove le sue abilità torneranno utili a sbloccare scenari inediti che lo faranno appassionare al titolo col nickname di Sunraku. Iniziamo col rassicurare che non si tratta di una copia di Sword Art Online, .Hack, Log Horizon o altri titoli del genere, pur riprendendone alcuni temi, ma di una storia avvincente e a modo suo innovativa, grazie ad una struttura solida e particolareggiata del mondo, delle missioni, e soprattutto dei combattimenti: ogni scontro ha la sua epicità, tramite una gestione ottimale di tempi e skill, senza spiegoni assurdi o millemila oggetti da inventario; una scorrevolezza che dirotta l’attenzione su dialoghi, cause-effetti, interazioni tra clan, sugli scenari unici e sugli avversari, rimandando inevitabilmente a titoli come Monster Hunter o FINAL FANTASY e a quella preparazione che molti giocatori incalliti (me compreso) alla ricerca del 100% del gioco ben conoscono.
Parlando poi del mero adattamento, sia le animazioni che la narrazione sono fedeli al manga, dalle saghe principali (Licaone, Vorpal e Wazaemon) ai geniali intermezzi che mettono “in pausa” il gioco (che non sono filler) e ai simpatici teatrini finali sul farming. Tutto ciò è accompagnato da un meticoloso lavoro, anche a livello di OST, che rende interessanti persino i momenti che normalmente noiosi (vedi la forgiatura delle spade con la canzone che l’accompagna); l’opening sublime, la prima (ma anche la seconda si difende bene) non è che un preludio alle buone tracce che danno il ritmo ai combattimenti e ai momenti più riflessivi. Un’ottima regia quindi, non esente da qualche difetto (chat che a volte vengono mostrate troppo velocemente), che però ci mostra un mondo con interazioni davvero piacevoli, nel quale c’è spazio anche per velate critiche ad alcuni giochi del passato. Insomma, lo studio C2C ha creato un titolo imperdibile per i videogiocatori.
2 – Il monologo dello speziale
Con i suoi 24 episodi la prima stagione dello studio OLM si propone replicare il successo del famoso manga “I diari della speziale” di Natsu Hyuuga: la storia segue le vicende di Maomao, una ragazza che viene rapita dal quartiere a luci rosse dove lavorava come speziale e venduta come serva per la corte dell’imperatore; nonostante tenti di non farsi notare, dopo aver risolto un caso di avvelenamento finisce per essere ingaggiata nell’entourage di uno dei padiglioni della corte interna e lì finirà per offrire consulenza al misterioso Renshi su molti casi collegati agli intrighi di palazzo, alcuni riguardanti lei stessa. Il risultato di questa trasposizione è ottimo, in primis nella resa delle atmosfere e dei personaggi: la protagonista è una delle più simpatiche da molti anime a questa parte, in grado di affermare saldamente la sua individualità e le sue capacità, ma anche gli altri “attori” (dal nobile Renshi, al suo assistente, sino alle varie dame, come Yuye, e ai loro seguiti) vengono rappresentati in modo fantastico; una distinzione, oltre che di carattere, fatta di colori, sfondi e interni degli edifici, che cerca di rimanere fedele all’epoca nelle sue ottime digressioni, pur enfatizzando alcuni aspetti moderni. In tal senso una delle parti più piacevoli sono proprio i dilemmi di Maomao, che è conscia della sua situazione precaria e difficile, anche in quanto donna, ma la affronta in modo “progressista”; una spensieratezza che inaspettatamente viene smorzata da episodi che ci riportano alla cruda realtà del periodo, tra gerarchie, punizioni, costumi e veleni appunto, mettendo a nudo con grazia i tanti credi e problemi dell’epoca.
Tuttavia, è proprio grazie alla distanza temporale e ai temi trattati che questa storia fatta di deduzioni e intrighi risulta tanto piacevoli e realistica: ogni azione o espressione lascia il segno, con discorsi coerenti e non così pesanti, merito anche di qualche gag che sa smorzare i toni e spezzare la tensione, e di vari momenti “piccanti” lasciati al sottointeso. In tutto ciò la regia dello studio OLM ha fatto un lavoro di precisione, e si vede nelle scelte narrative (con le prime puntate più dispersive rispetto al manga, che migliorano atmosfere e relazioni, così come per la netta divisione tra la prima e la seconda parte della stagione), stilistiche (in particolare nell’uso dei colori, i quali possono definire ambientazioni, come i padiglioni, e sanno dipingere sia paesaggi spettacolari che i momenti più oscuri e profondi) e una colonna sonora, con ottime opening, ending, e musiche d’accompagnamento dalle tonalità cinesi che ammaliano, come nel magnifico episodio del ricevimento dei giardini. Insomma, questo titolo che per alcuni aspetti vi ricorderà il recente Raven of the Inner Palace (e Mo Dao Zu Shi per alcune atmosfere) lascia spazio sia ad attimi comici, enfatizzati spesso da illustrazioni più stilizzate, che riflessivi, con momenti introspettivi persino sulla morte. Un anime gustoso e soave fino fine, che consiglio a tutti.
Cinque titoli BONUS per chi ha finito tutto il resto
Prima di passare al primo posto vi poniamo una domanda: avete già visto tutti i titoli del precedente elenco? Cercate qualcosa di divertente per recuperare le energie dopo l’ennesimo anime impegnato? Allora una di queste serie potrebbe fare al caso vostro!
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I’m in love with the villaness
Cosa succede mischiando un Otome con uno Yuri? Ce lo mostra lo studio Platinum Vision con questo titolo piacevole e divertente che segue il corteggiamento di Rei alla protagonista del suo Otome preferito, Revolution. Meccaniche e narrazione non aggiungono nulla di nuovo rispetto ai titoli del passato, la grafica è nella media e la trama è lineare, ma si tratta comunque di un buon adattamento che si segue senza annoiarsi e con qualche sorriso: i teatrini tra le due protagoniste e i loro dialoghi, se non vi infastidiranno da subito, sapranno accompagnarvi sino alla romantica conclusione.
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The 100 Girlfriends Who Really, Really, Really, Really, Really Love You
Non sono un amante delle serie commedia-harem-sentimentali, ma non posso tralasciare il prodotto del Bibury Animation Studios, che in modo demenzialmente piacevole e irriverente sa costruire un velo di trama attorno ad un classico anime da ecchi-lovers. Intrecci geniali, battute pungenti (anche con distruzione della quarta parete), una regia incredibile e spunti di genialità, da alcune tresche e relativi sviluppi sino alla modifica dell’ending. Gli amanti del genere non potrebbero chiedere di più ad un titolo che vi saprà sorprendere!
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A Returner’s Magic Should Be Special
Si tratta del classico stagionale da “sembra la solita schifezza” che invece riesce a distinguersi, nonostante il non eccelso lavoro grafico dello studio Arvo Animation. Anche questo, come molti recenti titoli, vede il protagonista di fronte ad una seconda possibilità: nello specifico Desir, tenterà di salvare l’umanità dalla catastrofe del Labirinto Oscuro, riuscendo a tornare indietro nel tempo. Alcuni cliché (come il potere del protagonista alla Code Geass) e scopiazzature, con la ormai classica faida popolani-nobili, non oscurano i punti forti: episodi bilanciati e coerenti, buon character design e ambientazioni, un inizio emozionante, e un’ottima gestione di combattimenti e dei poteri magici, con una stagione fatta di prove da affrontate che vi ricorderà i vecchi shonen. Merita un’occasione!
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I shall survive using potion
Se avete apprezzato i recenti isekai alla Saving 80000 Gold in Another World for My Retirement, questo titolo del piccolo studio Jumondo potrebbe rallegrarvi: Kaoru, morta a causa dell’errore di una divinità, ottiene il potere di creare qualsiasi pozione voglia (con relativi contenitori), abilità che saprà sfruttare per acquisire influenza e denaro, dispensando anche il suo aiuto agli abitanti del mondo nel quale si è reincarnata. Simpatico, diretto, assurdo quanto basta e dagli sviluppi veloci, quest’avventura si guarda abbastanza piacevolmente.
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Tearmoon empire
Trasforma Ainz Ooal Gown (Overlord) in Mia (una principessa) che deve impedire la sua morte, causata da una rivoluzione nel suo regno, e otterrete Tearmoon Empire: incomprensioni, sviluppi comici, e le modalità con le quali viene modificata la “storia” sono il pregio di questa storia semplice e carina, che punta più sulle relazioni tra i personaggi (particolari e ricchi di ironia) che su guerre e combattimenti. L’opera non si prende sicuramente sul serio, ma punta proprio sulla “stupidità” degli eventi, attirando con le sue animazioni graziose e “da bambini” per poi catturare lo spettatore nella curiosità di sapere come Mia eviterà la ghigliottina. Un titolo, quello dello studio Silver Link, che si discosta quel che basta dall’ennesima scopiazzatura del genere.
Questo anime è disponibile sottotitolato in italiano su Crunchyroll, la prima piattaforma online internazionale completamente dedicata al mondo dell’animazione giapponese, dei manga e dei drama. Puoi guardare gratuitamente Crunchyroll sul tuo PC, sul tuo smartphone e sulla tua console iscrivendoti con un account gratuito oppure sottoscrivendo un piano di abbonamento mensile che ti permetterà di seguire gli anime in simulcasting con il Giappone.
1 – Frieren – Oltre la fine del viaggio
La perla stagionale è il manga evento prodotto dalla MadHouse, studio che non sempre ha dato il meglio nelle animazioni, ma che negli ultimi anni trovato un suo stile riconoscibile (A Place Further than the Universe, Chihayafuru, Takt Op. Destiny, Goodbye DonGlees, sino a My Love Story with Yamada-kun at Lv999) che lascia il segno. Lo stesso accade in Frieren, una storia fantasy ambientata quando il party dell’eroe si è già occupato di eliminare il re dei demoni, come dice il titolo stesso. Una scelta già sfruttata in alcuni titoli, ma che qui sa trasmettere tutta la malinconia della protagonista (un’elfa millenaria) attraverso un nuovo viaggio per ricercare se stessa, dapprima in solitaria e poi con nuovi “amici” che inevitabilmente la porteranno a riconsiderare ricordi e avvenimenti del suo passato. Se il manga ha svolto con maestria il suo lavoro, l’anime, con uno stile da favola, una colonna che calza a pennello (opening incluse), colori adeguati e una regia magnifica, aumenta l’asticella: nonostante le prime 7 puntate di questo blocco di 26 episodi procedano con una lentezza normalmente non digeribile, ogni dettaglio, dalla caratterizzazione dei personaggi, agli aspetti estetici delle espressioni, sino a tematiche e spiegazioni, intrattengono e incuriosiscono. Questo non significa che i combattimenti non siano esaltanti: la scena con il drago è magistrale, i duelli delle prove di magia estasianti, gli scontri con i demoni e la loro descrizione (senza inutili buonismi) sono poi le più adatte al genere da anni. Le meccaniche sono insomma deliziose, con azioni coinvolgenti nella loro delicatezza di mosse e movenze, dotate di un timing perfetto e senza troppi tecnicismi per l’uso di incantesimi. Proprio la gestione di questi ultimi è uno dei punti forti del titolo, con vere strategie/sensazioni che cattureranno gli animi di chi segue i fantasy, e le spiegazioni resi piacevoli con animazioni ci portano in diverse aree o sfondi, diversamente dalla maggior parte dei titoli dove l’immagine resta fissa.
Non possiamo poi tralasciare il sublime lavoro di organizzazione degli episodi: la MadHouse non solo ha sapientemente puntato sullo “sbattere” le prime quattro puntate sullo schermo in contemporanea, per raggruppare le atmosfere del primo volume (simile a quanto fatto per Oshi no Ko), ma ha saputo trasmettere brillantemente le emozioni narrate sulla carta: scene che potrebbero durare un minuto, esposte in dieci, e comunque tanto ammalianti da terminare in un battito di ciglia; non è uno di quei titoli dove i momenti senza combattimento sono riempiti da risate ebeti, ma si respirano le essenze dei personaggi: stanchezza, preoccupazione, apatia (nel caso della protagonista), il trascorrere del tempo, sentimenti e convivenza, con una cura ammirevole per i dettagli e per i piccoli cambiamenti. Infine, bisogna dirlo, lo studio è stato eccellente anche in quegli attimi di “risparmio budget” con le immagini fisse, accompagnandole con colonne sonore che sanno trasmettere epicità e malinconia allo stesso tempo. In conclusione, questo anime ha quasi tutto: azione, flashback sensazionali (la storia della magia che uccide di Qual o le cronache della maga Flamme, sono tutte piccole perle), stereotipi sulle razze fantasy e sugli RPG, gag comprese (tutte piazzate in modo perfetto, come per l’uso delle pozioni o la scena della palude), tematiche profonde (ci fa ragionare sullo scorrere del tempo, sulle modifiche alla storia tra ciò che viene omesso, cambiato o dimenticato), e tanto altro ancora. Un anime che mi ha ricordato molto Handyman Saitō in Another World, indispensabile per chi cerca solo non combattimenti, ma sensazioni. P.S. non adatto ai deboli di spirito!