Di donne e bambine allo Studio Ghibli ne abbiamo viste tante: protagoniste di storie fiabesche o realistiche, la figura femminile è sempre stata al centro di quel focus ideologico che la voleva forte, indipendente, per certi versi superiore rispetto alle controparti maschili. È sempre stato questo l’intento di Hayao Miyazaki, che attraverso il suo Studio d’animazione ha voluto mettere in luce le prerogative e gli elementi “forti” della natura femminile. Anche l’ultimo lavoro miyazakiano tenta di indirizzarsi verso questa visione: non Hayao in questo caso, ma suo figlio Goro, che attraverso l’ultimo film Ghibli Earwig e la strega, disponibile in Italia in DVD e Blu-ray grazie a Lucky Red e Koch Media, vuole rappresentare la vita di una ragazzina che non sa di essere figlia di una strega. In realtà l’intera vicenda, che si basa sul romanzo omonimo di Diana Wynne Jones (già autrice della trilogia letteraria da cui è tratto Il castello errante di Howl), perlomeno quella filmica, non sembra avere un vero e proprio punto centrale e non permette di comprendere appieno quali siano i reali intenti narrativi. Ma facciamo un po’ di ordine.
- Titolo originale: Âya to majo
- Titolo inglese: Earwig and the witch
- Uscita giapponese: dicembre 2020
- Uscita italiana: luglio 2021 (cinema), 16 dicembre 2021 (Blu-ray, DVD)
- Piattaforma: Netflix
- Versione home video: Lucky Red, Koch Media
- Genere: fantasy, formazione, slice of life, musicale
- Durata: 82 minuti
- Studio di animazione: Studio Ghibli
- Adattato da: romanzo di Diana Wynne Jones
- Lingua: italiano, giapponese, inglese (doppiaggio e sottotitoli)
Abbiamo recensito Earwig e la strega tramite Blu-ray stampa fornito da Koch Media.
Erica è una ragazzina cresciuta in un orfanotrofio dopo essere stata abbandonata in fasce: il suo vero nome è Earwig e sua madre è una strega. La bambina cresce ignorando completamente le sue origini, felice di vivere in un istituto così ridente e gioviale, riuscendo a sottomettere alla sua volontà chiunque le stia intorno, grazie al suo fare furbetto. Riluttante all’idea di poter essere adottata, trascorre le sue giornate insieme al suo fidato amico Budino, fino al giorno in cui il suo incubo si realizza: una stranissima coppia decide di adottarla semplicemente come aiuto in casa. Una casa però che non è così tanto usuale: Bella Yaga è una strega ed Erica diventa la sua assistente, o meglio, la sua inserviente.
Una storia che non decolla
La narrazione si dipana in un percorso di formazione della protagonista e al contempo della famiglia, che deve riscoprirsi come unità sociale e come luogo della condivisione. All’inizio Bella Yaga e Mandragora, i due “genitori adottivi” di Erica, non la considerano e la trattano solamente come un aiuto domestico, impedendole di avere rapporti con il mondo esterno. Quasi un’Anne Shirley che però non è benvoluta dalla sua famiglia putativa, ma che riesce comunque a destreggiarsi dalla malinconia grazie alla sua vivacità e alla sua forza d’animo.
Peccato che la storia non presenti una coerenza tale da permettere di comprendere appieno il percorso di formazione della protagonista, ma soprattutto della storia, che non si capisce bene cosa intenda raccontare e se suggerisce qualche elemento da approfondire, alla fine del film questo non viene minimamente risolto. Forse sarà un espediente che vuole suggerire il fatto che la storia debba concentrarsi sul personaggio di Earwig e sulla sua noncuranza nei confronti del passato – che però ritorna costantemente, senza però essere spiegato sia alla protagonista che allo spettatore – ma ciò risulta assolutamente non credibile e al contrario disturbante.
La musica è una nota a favore, probabilmente quella che lega e conduce tutto il tessuto narrativo: oltre che componente essenziale del film e della trama, è sicuramente una ventata d’aria fresca rispetto all’arrancante struttura diegetica, rendendo il film un po’ più scorrevole grazie alla colonna sonora stessa.
Erica è una ragazzina tutto pepe che vive serenamente in un ridente orfanotrofio in Inghilterra da quando era neonata. In realtà il vero nome di Erica è Earwig ed è figlia di una strega! Scappata dalla congrega delle streghe, lasciò la bambina a cure amorevoli per paura che potesse succederle qualcosa. Earwig riesce a sottomettere al suo volere qualsiasi adulto grazie alla sua furbizia e alla sua caparbietà, ma tutto cambia quando viene adottata da due loschi individui: Baba Yaga e Mandragora, anche loro persone dagli strani poteri e che sembrano avere un legame molto particolare con la bambina…
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Earwig e la strega, possiamo dirlo, purtroppo, non può essere pienamente annoverato nella filmografia dello Studio Ghibli: un film “al confine”, forse un po’ troppo sperimentale per essere colto come uno dei grandi capolavori miyazakiani. Forse siamo noi che non siamo ancora abituati a questo cambiamento così radicale e repentino, o forse è decisamente troppo distante dai canoni condivisi dallo Studio Ghibli? Ironico il fatto che lo stesso Hayao Miyazaki, solitamente molto duro e severo nei confronti del figlio, lo abbia elogiato – con un sarcastico “Molto bene, Goro” – a differenza degli altri film del regista, Le cronache di Terramare e La collina dei papaveri.
Anime Ghibli in CGI: ma era veramente necessario?
Bisogna obiettivamente riconoscere come l’utilizzo dell’espediente della CGI per la prima volta nella storia dello Ghibli sia forse anacronistica, non totalmente riuscita sia dal punto di vista tecnico che estetico. Il bisogno di utilizzare la computer grafica per ricreare e forse amplificare gli effetti attrattivi dei film anime in tecnica tradizionale, già improntata su una dimensione artistica che cercava di coniugare gli effetti fantasy con quelli propriamente realistici, non sembra riuscire ad imporsi, creando quasi una sensazione perturbante di destabilizzazione spettatoriale. È così evidente dalle espressioni dei personaggi, dalla renderizzazione artigianale delle inquadrature che, sebbene la cura al dettaglio che gli animatori hanno voluto ricreare e restituire attraverso un lavoro maniacale di composizione e studio prima manuale e poi digitale che viene spiegato nel making of contenuto nel Blu-ray, non riesca a ricreare quella perfetta alchimia propria dei film precedenti.
E non solo perché vedendolo ci rendiamo conto della sua evidente differenza rispetto ai classici dello Studio Ghibli, ma proprio perché la sua resa tecnica mostra alcune falle strutturali. Sebbene gli sfondi siano supportati da un lavoro e uno studio meditato di luci e ombre che riescono a ricreare quella composizione pittorica e al contempo amplificata dal punto di vista estetico, discorso differente bisogna fare per i soggetti in primo piano, i personaggi, estremamente “plasticosi” nella loro fisicità e movenze, ma anche nella resa grafica: la loro artificiosità si indirizza più che verso modelli 3D in computer grafica, verso la resa estetica dei modelli in plastilina utilizzati nei film in stop motion. Se da una parte tale aspetto può aprire un discorso ambivalente tra intenzioni effettive e risultato finale, bisogna anche constatare come vi sia uno stacco molto evidente tra un background sommariamente molto pittorico, che si avvicina molto ai canoni propri dell’animazione giapponese tradizionale, come detto in precedenza, e personaggi in primo piano, che non riescono necessariamente ad amalgamarsi del tutto proprio per la loro rigidità di movimento e mimica facciale.
L’edizione home video di Lucky Red è corredata dalla versione storyboard del film (che accomuna un po’ tutte le edizioni video dei film dello Studio Ghibli), oltre che al sopracitato documentario making-of di Earwig e la strega. Quest’ultimo sicuramente permette di comprendere meglio la realizzazione tecnica del film. Effettivamente è necessario scoprire le varie fasi realizzative per capire le problematiche insite nella creazione di Earwig e in tutto il processo filmico, dalla sceneggiatura fino alla resa finale, capendo i punti di forza e quelli che sarebbe stato meglio rivedere alla luce di miglioramenti interni al reparto dell’animazione. Una nota, dunque, a favore dell’edizione italiana, che consente di approfondire tutta la storia soggiacente alla costruzione del film.
A chi consigliamo Earwig e la strega?
Ci sentiamo di consigliare questo film forse quasi esclusivamente agli appassionati dello Studio Ghibli che vogliano avere una conoscenza totale delle opere del grande studio di animazione giapponese e che, dunque, siano pronti a criticare in maniera costruttiva il tentativo di mettere in scena un’opera forse anacronistica, basata anche su un tipo di animazione a cui lo Studio ancora non è pronto. Un titolo non imprescindibile, che quindi potrebbe scontentare parecchio chi non ha la volontà di collezionare e visionare ogni prodotto animato derivante dal grande studio miyazakiano.
- Musica abbastanza coinvolgente
- Sfondi che ricordano i fondali dell’animazione tradizionale
- Interessante documentario sulla realizzazione del film contenuto nell’edizione home video italiana
- CGI con evidenti difetti tecnici
- Personaggi non estremamente caratterizzati
- Storia incoerente, nel finale quasi mozzata
- Non si capisce bene cosa voglia raccontare tutta la vicenda
Earwig e la strega
Quando anche lo Studio Ghibli fallisce
Earwig e la strega possiamo dire, dunque, che si manifesta come un prodotto filmico decisamente debole rispetto alle pellicole a cui ci aveva abituato il grande studio d’animazione di Hayao Miyazaki. Una storia incoerente in alcuni punti, che lascia lo spettatore a un finale non solo aperto, ma inconsistente alla luce del percorso narrativo non perfettamente strutturato. La storia, infatti, non si capisce bene cosa voglia trasmettere, non riuscendo così a veicolare nessuna empatia e immedesimazione da parte dello spettatore. La tecnica, inoltre, sembra proprio non essere in linea con lo standard poetico e fiabesco proprio del Ghibli, risultando piatta e forzatamente brutta a vedersi. Tutto ciò rende Earwig e la strega un esempio di come non fare film, soprattutto se ti chiami Studio Ghibli e hai una reputazione molto alta da mantenere a livello internazionale.