Non so quanti se ne siano accorti, ma da qualche tempo a questa parte è innegabile che un sentimento dominante fra gli amanti della cultura e dei media pop sia un forte senso di nostalgia per il periodo che va dagli anni ’80 ai ’90, e vediamo sempre più serie e titoli ambientati in questo specifico lasso di tempo. Questa sensazione calda di nostalgia la si può vedere anche in ambito videogiochi, specialmente sulla scena indie, che non perde mai occasione di sfornare giochi dal gusto marcatamente rétro che sono vere e proprie lettere d’amore ad alcuni dei titoli che hanno caratterizzato il nostro passato, spesso con grafica che va dagli 8 ai 16 bit (questi ultimi considerati da molti l’età dell’oro dei videogiochi). Tra questi titoli che ci riportano volutamente al passato ritroviamo anche il peculiare titolo di cui parleremo oggi: The Kids We Were, un adventure game uscito originariamente su smartphone nel 2020 e arrivato su PC solo nel gennaio del 2022 che promette al giocatore “un ritorno ad un tempo distante in cui eravamo tutti più piccoli e spensierati, senza il peso che la vita adulta ci getta quotidianamente addosso.”, oltre che una storia dolce, talvolta commovente, e ha ottenuto parecchi consensi e lodi (risultando addirittura fra i tre migliori giochi usciti su Google Play nel 2020!) prima di uscire anche sulle altre console e in quest’ultima veste su PC; veste che, tra l’altro, contiene anche qualche contenuto in più rispetto alla sua controparte mobile. Ma procediamo con ordine!
- Titolo: The Kids We Were
- Piattaforma: PC, Nintendo Switch
- Versione recensita: PC / Steam (EU)
- Genere: Avventura
- Giocatori: 1
- Software house: GAGEX Co., Ltd
- Publisher: GAGEX Co., Ltd
- Lingua: Inglese (testi)
- Data di uscita: 13 gennaio 2022
- Disponibilità: digital delivery
- DLC: nessuno
- Note: porting dell’omonima app mobile con delle aggiunte fatte apposta per la versione PC
Abbiamo recensito The Kids We Were con un codice PC / Steam fornitoci gratuitamente da GAGEX Co., Ltd.
Il protagonista della nostra storia è Minato, un bambino dal cappello rosso con una strana capacità di preveggenza che, un bel giorno d’estate del 2020, si reca nella vicina cittadina di Kagami con la madre e l’iperattiva sorellina Mirai. Mentre la madre sembra occupata con dei controlli medici di qualche tipo all’ospedale, i due fratelli hanno ben altri piani: la loro “missione”, infatti, è quella di trovare il loro padre Manabu, che dovrebbe trovarsi da qualche parte nella cittadina. Sfortunatamente per loro, non riescono nell’intento, poiché il genitore risulta purtroppo venuto a mancare tempo addietro, come scopriranno da un vecchio prete buddista che lascerà al piccolo Minato uno strano quaderno appartenuto al padre, oltre che una mappa della cittadina. Per qualche strana ragione, il padre dei due bimbi voleva a tutti i costi che loro due lo ricevessero se fossero mai giunti lì.
A rendere ancora più strana la situazione è quanto scritto sul quaderno, che apparentemente elenca i sette misteri della cittadina di Kagami: “Trova la ragazzina di nome Nozomi e svela il segreto dei sette misteri. Chi riuscirà nel suo intento, potrà far avverare un suo desiderio.” Incuriosito, Minato seguirà le direttive del quaderno, e farà un incontro molto particolare: incontrerà infatti il sé stesso adulto, che ha viaggiato indietro nel tempo di oltre trent’anni per contattare il suo io bambino e implorarlo di cambiare il futuro in meglio viaggiando di trentatré anni nel passato. Minato sfrutterà quindi una macchina del tempo nascosta al tempio che permette a chi la usa di viaggiare nel passato, per tornare nel 1987 e svelare a uno a uno i sette misteri di Kagami, grazie all’aiuto del quaderno del padre, dei suoi misteriosi poteri di preveggenza, e dei piccoli amici che conoscerà in questa sua avventura.
Solo me ne vo’ per la città…
Non c’è molto da dire riguardo al gameplay di The Kids We Were. Per certi versi, ricorda anche un pochino le avventure grafiche sviluppate con un qualunque RPG Maker, nel senso che non ci sarà molto da fare tranne muovere Minato in giro per la mappa, parlare con i PNG sparsi per le varie mappe e controllare i punti focali in cerca di eventi da attivare o oggetti nascosti da trovare. E di oggetti nascosti ce ne sono veramente molti, sparsi per la cittadina di Kagami! Aprendo il tag degli obiettivi in una qualunque area, potremo vedere non solo qual è la “quest” attuale, ma anche se nella zona ci sono nascoste delle monete, che potremo collezionare e utilizzare sulle macchinette gacha sparse per la città e raccogliere svariate tipologie di collezionabili. Ovviamente, sarà possibile trovare collezionabili anche nascosti in giro per la città oltre che nelle macchinette, tenendo presente che ognuno dei capitoli che va a formare la storia di questo gioco ha le sue monete e i suoi collezionabili da trovare in giro, quindi non sorprendetevi se vi ritroverete a ricercarne ancora in zone che avete già visitato, soprattutto considerando quanto tutto sommato sia piccola la cittadina in cui è ambientato il gioco!
Sapete? Per bambini!
Una delle regole cardine dei videogiochi è: se un gioco non brilla per giocabilità, allora è meglio che abbia una storia e una sceneggiatura degna di prim’ordine (che poi è una regola d’oro che ha permesso a molte avventure grafiche e visual novel giapponesi di entrare nella leggenda, ma sto divagando…) e possiamo dire che la storia di The Kids We Were funziona, sebbene il gioco non sia troppo lungo (una decina di ore o giù di lì). La trama è avvincente e, nonostante tutta l’aria fanciullesca e scanzonata del titolo, non si fa problemi a trattare tematiche anche pesanti, oltre che problemi familiari che sfociano talvolta addirittura nella violenza o l’omicidio. Anche i dialoghi sono simpatici e vivaci, specie quando il timido e pacato Minato interagisce con personaggi decisamente più dinamici di lui. Vedere questi bambini di undici anni comportarsi da undicenni sia nel bene che nel male (come nell’imbarazzantissima scena al bagno pubblico…) fa un buffissimo effetto di autenticità.
We are living in the 80s!
Graficamente parlando, abbiamo fra le mani uno di quei titoli che sfruttano una grafica 3D volutamente blocchettosa per simulare una grafica in pixel stile retrò, con uno stile a metà strada fra un GDR 8/16 bit e Minecraft. Una nota di merito va sicuramente alla resa degli oggetti collezionabili che, nella loro semplicità grafica, sono comunque resi deliziosamente bene. Unica cosa che fa un po’ storcere il naso è tuttavia la totale mancanza di animazioni nei personaggi. Diciamo, per esempio, che in una scena, Minato stia camminando: vedremmo il suo modello completamente immobile che saltella in giro per la mappa, come un pupazzetto che viene spostato da una mano invisibile; stesso discorso se un personaggio si mostra triste e, invece di abbassare il capo, si inclina completamente in avanti verso il basso. Molto notevole, invece, è la colonna sonora, formata soprattutto da delicate melodie suonate al pianoforte, con un forte gusto fra il dolce e il malinconico, che già dalle prime battute di gioco, lascia presagire un racconto che promette di toccare le corde del cuore del giocatore.
A chi consigliamo The Kids We Were?
Questo è un gioco che consiglio caldamente a chi ama le avventure grafiche dove la trama fa da padrona, specialmente quelli che hanno adorato giochi come Rakuen o To The Moon, e anche a chi vorrebbe qualcosa di più rilassato da giocare fra una sessione e l’altra di giochi più frenetici e carichi d’azione. Inoltre è un titolo che farà sicuramente la felicità di chi apprezza prodotti come Stranger Things o Earthbound, vista l’atmosfera misteriosa e fantascientifica con bambini come protagonisti. Considerando poi la presenza degli achievement e del capitolo bonus conclusivo (sebbene, bisogna ammetterlo, questo sia presente pure su Switch), potrebbe essere addirittura la versione migliore da poter giocare, a patto di conoscere ovviamente la lingua inglese.
- Una trama scorrevole dai temi anche maturi
- Dialoghi decisamente divertenti
- Colonna sonora orecchiabile e struggente
- Tanti collezionabili da trovare
- Qualche animazione dei personaggi non avrebbe guastato
- Non brilla certo per giocabilità
- Dovrete giocarvelo unicamente in inglese
The Kids We Were
Un agrodolce sguardo al passato
The Kids We Were è una toccante storia da giocare e da gustare dall’inizio alla fine, una di quelle per cui è meglio tenere comunque a portata di mano un fazzoletto per stare sul sicuro, che vi porta con sé in un mondo di altri tempi che ricordiamo con affetto sebbene perfetto non sia. Non è per chi cerca il puro stupore grafico, non ci sono nemici da squartare o da sterminare in modi creativi, non c’è una vera giocabilità… ma va bene anche così. Esistono giochi che non hanno bisogno di queste cose, giochi in cui basta una trama, anche scritta bene, per poterti entrare dentro, a discapito di quelli che si lamentano del fatto che questi non siano affatto giochi perché non c’è vero gameplay ma solo “noioso testo da leggere”. Se siete quel tipo di giocatori, allora il titolo non fa per voi, ma se amate i giochi puramente narrativi e atmosferici, allora merita di essere provato.