Un destino infelice quello di Wii U, in parte mitigato dai porting dei suoi titoli esclusivi sul ben più fortunato Switch. Sì, perché ormai con l’arrivo a febbraio 2021 di Super Mario 3D World + Bowser’s Fury si è chiuso un cerchio, quel cerchio di porting eccellenti di una console dallo scarso successo, dal marketing poco intelligente e con poche e confuse idee che Nintendo non seppe trasmettere in maniera adeguata agli sviluppatori di terze parti. Eppure, dopo tre anni e mezzo dalla dismissione della console, c’è un titolo che ancora manca all’appello e che è, a tutti gli effetti, l’ultima esclusiva di alto profilo rimasta su Wii U a non aver mai visto la luce al di fuori di essa: Xenoblade Chronicles X, un gioco che venne ricevuto in maniera positiva all’uscita, ma che finì subito nel dimenticatoio. “Strano”, potreste dire non a torto dato che la serie parallela di Xenoblade Chronicles 1 e 2 ha avuto un grande successo.
Cosa fu dunque Xenoblade Chronicles X per il dimenticato Wii U e perché è un gioco importantissimo, che andrebbe riscoperto e che merita una lettera d’amore sconfinata? Cerchiamo di scoprirlo, andando a rispolverare un titolo che ancora adesso ha tanto da insegnare agli open world e che solo in rari casi (leggasi Breath of the Wild) è stato preso a modello, emulato ed espanso. Del resto, lo sapevate che un nutrito numero di persone del team di X ha lavorato proprio allo Zelda sopracitato?
Sebbene ci saranno dei piccoli rimandi alla trama, l’articolo sarà (salvo la sezione finale, dove sarete avvertiti) privo di spoiler, questo sia per un eventuale e agognato porting su Switch, sia per i pochi che ancora possiedono un Wii U e vogliano dargli una possibilità.
Un gioco a strati
Xenoblade Chronicles X è prima di tutto un gioco a strati, che sebbene di primo acchito non lo mostri, segue dall’inizio alla fine la sua filosofia. Bollato da molti come un gioco disastroso dal punto di vista strutturale, ciò che a molti sfuggì è che la scelta fu deliberata. X è un gioco a cui va dedicato tempo, attenzione ma che soprattutto andrebbe affrontato seguendo il suo ritmo, perché il titolo non prende per mano nessuno, seguendo piuttosto scelte di design a volte più vicine al passato, a volte con uno sguardo al futuro.
Ma quali sono gli strati di X e perché sono così importanti per raggiungere l’obiettivo degli sviluppatori? Il primo strato è quello più chiaramente visibile fin da subito. Attraverso gli occhi di un protagonista muto di nostra creazione ci immergiamo in un mondo sconosciuto: la razza umana è stata costretta ad abbandonare la Terra dopo la sua distruzione per mano della coalizione aliena dei Ganglion. Nella fuga, la nave umana “Balena Bianca” viene inseguita e danneggiata dalla fazione nemica, dividendosi in due grossi tronconi e schiantandosi sul selvaggio pianeta di Mira (vero protagonista del gioco, ma di questo parleremo più avanti).
Obiettivo della trama sarà recuperare il troncone perduto della Balena Bianca che ospita il supporto vitale, poiché al suo interno vi sono, ibernati, milioni di sopravvissuti della razza umana, il tutto mentre i Ganglion stanno mettendo su una base su Mira per dare la caccia agli umani rimasti in vita e trovare loro stessi il supporto vitale e distruggere in maniera definitiva la nostra razza. Come se non bastasse, i personaggi che noi controlleremo e gli abitanti di New Los Angeles non sono altro che “avatar robotici” controllati a distanza dagli umani ibernati nel supporto vitale, che entro un certo limite di tempo si spegnerà, condannando comunque la razza umana alla distruzione.
Si tratta di un incipit che dà poi vita a numerosi colpi di scena e un alone di mistero che accompagnerà tutto il viaggio su Mira. Tuttavia, questo è per l’appunto solo un incipit che ci dà la spinta per iniziare un percorso che ci conduce al secondo strato di X: i personaggi che abitano New Los Angeles o che sono in giro ad esplorare Mira, con i loro traumi, le loro storie, i conflitti e il bagaglio di orrori che si portano dietro dalla rocambolesca fuga dalla Terra. Le missioni legate ai personaggi secondari sono davvero tantissime e assicurano centinaia di ore di gioco e di combinazioni del party che condurranno a poter fare, disfare e provare centinaia di esperimenti per mettere insieme gruppi specializzati in abilità diverse. Potremo conoscere le loro storie, dar loro pace se hanno conti in sospeso per le più disparate questioni, e conoscere in maniera intima tutti gli abitanti di New Los Angeles, costretti ad abituarsi ad un mondo ostile.
Le quest legate ai personaggi ci conducono al terzo strato di X che è poi anche il cuore pulsante del gioco: l’esplorazione di Mira. Portare a termine le missioni, che siano della trama o dei comprimari, ci porterà a immergerci in maniera totale in un mondo pulsante di vita, pieno di misteri, luoghi, storie, paesaggi, fauna, flora e mostri.
Qui si arriva poi al quarto strato, che interessa in realtà il post game e si interseca con il gameplay in maniera non dissimile da un Monster Hunter, ma arrivando a spingere ancora di più sui cicli di farm, craft e kill dei titani, le temibili bestie che rappresentano le più potenti minacce di Mira e che sono dei combattimenti unici che richiedono il gear più potente del gioco, nonché avere alte affinità con i personaggi (che presuppone, a sua volta, terminare le loro quest e conoscere ogni anfratto del pianeta, così come dov’è possibile recuperare tutto ciò che ci serve per il crafting).
Vi è, infine, un quinto strato, quello più nascosto e tutt’ora meno esplorato di tutta quanta l’esperienza, se non da parte di appassionati o da chi segue la serie dai tempi di Xenogears e può cogliere le centinaia di citazioni tematiche di Tetsuya Takahashi, nonché per chi ha voglia di perdersi all’interno di un mistero che ancora non ha ricevuto una risposta univoca: cos’è il pianeta di Mira? Ma di questo strato ne parleremo in modo più approfondito avanti.
Qual è l’aspetto più invidiabile dei suddetti strati? È semplice: il giocatore può giocare ad X seguendone solo uno, due, tre, quattro o tutti e cinque, scegliendo quale di essi, in che ordine, il ritmo che vuole e dando importanza a uno o all’altro. Tutto è possibile in Xenoblade Chronicles X, basta che il giocatore si lasci travolgere dall’imponenza del titolo, dalle sue meccaniche o le sue storie interne.
Senso di conquista, senso di progressione
Ma che senso avrebbe immergersi in uno degli strati offerti da X se non ci fosse un adeguato senso di progressione di ogni singola conquista? Basti pensare all’inizio del titolo: come si è detto, la Balena Bianca si è appena schiantata su Mira, l’umanità è allo stremo e si muove tramite degli “avatar” robotici, in attesa di salvare i loro veri corpi rimasti nel troncone del supporto vitale. Ecco come fa X a giustificare il fatto che non esistano danni da caduta, i personaggi possono correre e combattere senza mai stancarsi, dovendosi solo preoccupare di finire distrutti per mano delle tante minacce dell’inospitale Mira, che altro non fa che difendersi da noi, gli invasori. Insomma, meccaniche di gameplay al servizio della storia.
Ecco che quindi le prime decine di ore di gioco sono scandite da un ritmo dell’esplorazione per forza di cose più lento: ci si sposta a piedi, si può saltare da grandi alture e raggiungerne di altre che con balzi normali non sarebbe possibile raggiungere, tutto è più grande e pericoloso di noi e vediamo da lontano interi luoghi o habitat impossibili da visitare perché troppo lontani, isolati o addirittura fluttuanti.
Eppure è proprio così che esploreremo i primi continenti presenti su Mira, passando dalle verdeggianti pianure di Primordia, la desertica Oblivia, la selvaggia foresta di Noctilum, la misteriosa zona esotica e fatata di Sylvalum, per poi passare alle vulcaniche e inospitali aree di Cauldros. Ma non è tutto: mentre ci troviamo a farci strada a fatica in un luogo inospitale mentre levelliamo le tante classi combinabili del protagonista (che ricordano molto da vicino i job di FINAL FANTASY V), dobbiamo anche aiutare New Los Angeles a raccogliere risorse naturali piantando nel terreno sonde e creando una catena di trasporto che le faccia giungere in città. Questo sistema era gestito in maniera quanto meno brillante dal paddone del Wii U, che ci permetteva di accedere ad un vero e proprio secondo gioco, un gestionale parallelo in cui potevamo anche cambiare le sonde nei luoghi conquistati (o addirittura espugnati), in base ai materiali di cui avevamo bisogno al momento.
Tutto qui? Niente affatto. È nelle fasi avanzate che, esplorata la parte “superficiale” di Mira e avuto accesso a quasi tutti i luoghi raggiungibili a piedi, il gioco (dopo averceli introdotti quasi in silenzio) ci dà gli “skell”, che altro non sono che i mecha di Xenoblade Chronicles X. Compiuta la missione per ottenere il primo, gli altri andranno poi comprati per gli altri personaggi del gruppo (e se il suddetto party si allarga, vorrà dire spendere una somma ingente), ma per il momento non potranno volare: continuerete a camminare, potrete forse saltare più in alto, affrontare mostri più forti e accedere a nuove aree, o al massimo potrete velocizzare i viaggi grazie alla funzione degli skell di trasformarsi in autovetture\motociclette.
Trascorrono altre ore, si continua a godere di questa nuova conquista, e il gioco ci sorprende ancora una volta: ecco che gli skell ora possono volare! Ed è proprio qui che Xenoblade Chronicles X cambia in maniera quasi completa il suo volto e ribalta la prospettiva del giocatore. Non c’è più alcun posto di Mira che non sia possibile raggiungere, ogni anfratto, ogni punto, ogni angolo di oceano è raggiungibile proprio come nel classico cliché di quegli sviluppatori che dicono “Lo vedete quel punto lì in lontananza? Nel nostro gioco lo potete raggiungere!” e poi, a parte giochi come Breath of the Wild e pochi altri, non è veramente così.
Non è il caso di X, che cambia il modo in cui il giocatore si approccia al titolo permettendogli di arrivare dove prima non poteva, scoprire nuovi misteri, aree e mostri e fare anche a meno del viaggio rapido ora che lo skell vola e ci permette di vedere dall’alto le aree con cui ora abbiamo così tanta dimestichezza dopo averle esplorate più volte a piedi. Tutte le zone sopraelevate e isolate sono adesso a portata di mano, Cauldros non è più il continente inesplorabile e ostico e i nostri nemici iniziano finalmente a temerci: giungiamo dall’alto, abbiamo delle armi potentissime montate sul mecha e possiamo anche personalizzarle come vogliamo. Non siamo più dei viaggiatori sperduti in un mondo alieno, ora conosciamo quell’ambiente che fino a poche ore fa era pericolosissimo, ne siamo i maestri e sappiamo come approcciare le varie minacce che lo compongono.
Un vero e proprio senso di conquista di ogni progresso che facciamo senza buttarci già tutto contro o farci diventare subito possessori di un’armatura atomica dopo appena un’ora di gioco (coff coff Fallout 4) o padroni di un insediamento che possiamo costruire a nostro piacimento dopo mezz’ora (COFF COFF Fallout 4). Tutto è sudato, tutto è guadagnato, ogni istante del nostro viaggio è meritato e ottenuto tramite le nostre azioni e le nostre conquiste.
L’esplorazione: il vero protagonista
Ma tutto questo ben di Dio non potrebbe funzionare se non ci fosse un mondo altrettanto interessante a supportarlo. Perché sì, come si diceva prima, è Mira il vero protagonista di Xenoblade Chronicles X. Lo sfavillante pianeta messo su da Monolith è un vero e proprio personaggio e cuore pulsante dell’esperienza.Il mondo di gioco possiede una propria fauna (sia ostile che non) che una flora unica, unitamente ad una più riconoscibile.
La sensazione più riuscita in assoluto di X è quella di sentirsi davvero degli invasori su un pianeta alieno: siamo i disturbatori di un habitat altrimenti incontaminato e che, a ragione, si difende davanti a ciò che lo minaccia. Com’è stato detto, ogni anfratto del mondo di Mira è esplorabile a piacimento e ogni luogo ha qualcosa da dire, da raccogliere o da affrontare. Anche solo scoprire i design dei vari mostri, le loro capacità e come si comportano in relazione a dove si trovano potrebbe fare la felicità del giocatore, a fronte comunque di un’interattività tra la fauna, purtroppo, quasi inesistente.
ATTENZIONE, POSSIBILI SPOILER MINORI SUL PIANETA DI MIRA
Mira è poi anche un luogo misterioso e che, nel corso dello svolgersi degli eventi della trama, ci porterà a mettere in dubbio ogni cosa che vedremo: siamo su un pianeta sconosciuto perché ci siamo finiti per caso, o perché vi ci siamo stati attirati? In maniera piuttosto sorprendente, X non risponderà mai in modo esplicito a queste domande.
Mira è un limbo? È l’aldilà? È un luogo in cui più razze sono state attirate per un motivo? Cosa si nasconde dietro tanti dei suoi paesaggi impossibili? Cosa celano davvero le strutture inspiegabili che troviamo sulla sua superficie? Chi le ha costruite, perché ci sono e quando sono state create non lo sappiamo, ma possiamo esplorarle, cercare indizi, che emergeranno non soltanto da una profonda investigazione, ma anche da alcune quest avanzate di certi personaggi, che ci porteranno nelle vicinanze delle misteriose strutture e a mettere insieme i pezzi di un mosaico costruito in maniera egregia da Monolith.
O ancora: cosa ci fanno quelle isole fluttuanti nella zona più remota di Oblivia? Da dove viene la gigantesca ruota di ferro al centro del suo deserto? Chi ha tracciato le misteriose incisioni nel terreno in cima ad un picco irraggiungibile? A chi appartengono le antiche rovine di Cauldros? Andando sempre più a fondo in questo aspetto poco esplorato di Mira è possibile fare congetture e scoprire tante chicche nascoste, ma il tutto si fa ancora più ingarbugliato e complesso arrivando al finale del gioco, che ribalterà ancora una volta la nostra prospettiva su quanto abbiamo fatto fino a quel momento.
FINE DEGLI SPOILER
Xenoblade Chronicles X, a conti fatti, è uno dei pochi open world davvero degni di questo nome, legati a una filosofia di game design meno accondiscendente con il giocatore e che prova ad immergerlo nella sua ambientazione, sì più ostica all’inizio, ma in maniera progressiva, dandogli un contesto, dei personaggi credibili e a cui è possibile affezionarsi, e calandolo soprattutto in un mondo realistico nelle sue dinamiche, o quanto meno verosimile.
Certo, magari i motivi qui descritti potrebbero non essere sufficienti a stuzzicare almeno un po’ la vostra curiosità, ma dovrebbe almeno gettare luce su un titolo che meriterebbe un po’ più di attenzione (al di là dei suoi evidenti difetti, ma non è questo il punto dell’articolo) e che andrebbe riscoperto e preso di più a modello per un modo di intendere la scoperta e l’esplorazione all’interno del medium videoludico. Di sicuro è possibile esplorare un concept del genere e approfondirlo in maniera ulteriore così da limarne i problemi e renderlo ancora più scintillante.