Sorseggiando una tazza di matcha, preparato in modo tanto profano da spingere al seppuku qualsiasi ritualista del tè, vi voglio raccontare una vicenda personale, un susseguirsi di situazioni che potrebbero accomunare molti di voi con quello che ho realmente vissuto sulla mia pelle. E lo farò partendo da una pietra miliare, anzi, da una vera e propria roccia, quella del monte sul quale poggia la mia casetta.
Questa è la storia di un montanaro diventato otaku.
“Voglio tornare negli anni novanta”
C’era una volta, sul cucuzzolo di una montagna, a mille metri d’altezza, in una vallata isolata dal resto del mondo, un ragazzino che si era appassionato alla cultura giapponese… anche se ancora non ne era cosciente. Nel piccolo paesino dove abitava c’era (ed è grasso che cola se c’è ancora) un solo tabaccaio, che distribuiva Topolino, Tex, e quei pochi giornali che si leggono la mattina al bar. Molte case non avevano nemmeno la linea del telefono (la mia non ce l’ha tuttora), rendendo internet una sorta di potere divino destinato a pochi eletti di città, sino a tempi che gli storici definirebbero più che moderni.
Le informazioni dal resto del mondo tuttavia giungevano comunque, grazie al mezzo più potente di tutti: la televisione. Attraverso quella miriade di cartoni animati introdotti dalle Canzoni di Cristina D’Avena (che a trent’anni ancora ascolto a palla in automobile) e i grandi classici giapponesi, da Dragon Ball a One Piece, dai Pokémon ai Digimon, da Il mistero della pietra azzurra (che traumi!) a Sailor Moon, sino a Lupin III… sono cresciuto imitando e adorando questo vivace e fantasioso mondo.
Un universo che mi accompagnava anche nei giochi, grazie a quello che era forse l’unico computer del paese: un 386 della IBM del 91’, con 40 mb di memoria (che i miei usavano per lavoro), costato un mutuo sulla casa e tre reni, sul quale mi permettevano di giocare a Lemmings, Golden Axe, Preistoric II e capolavori simili. L’unico passatempo che avevo sino a quando i miei illuminati genitori (con tanti risparmi e l’ultimo rene rimasto) mi regalarono la mitica prima PlayStation, con Crash Bandicoot, Battle arena Toshinden e l’appena uscito Ninja: Shadow of Darkness… che nostalgia!
“Caro 2000, quanto tempo è già passato?”
Con l’avvento del nuovo secolo ci fu poi il miracoloso momento dell’MTV Anime Night! Dal 1999 questo canale trasmise favolose e mai dimenticate serie importate dal paese del sol levante, come Aquarion, Beck, Black Lagoon, Cowboy Bebop, Death Note, Full Metal Panic!, Fullmetal Alchemist, Inuyasha, Ken il guerriero, Trigun, Wolf’s Rain e molti altri. Un tipo di animazione che aveva quel pizzico di cattiveria/contenuto/ambizione in più, che elevava i cartoni a qualcosa non solo per bambini, ma per un pubblico più adulto. Tra l’altro, nello stesso periodo apparvero anche anime decisamente più trasgressivi e maturi: ricordo ancora le esplosioni provocate da Kenshiro, o il primo episodio di Berserk che vidi da ragazzino. Così sconvolgenti, eppure così affascinanti. Poche puntate a orari improbabili, che ho finito per recuperare solamente da grande.
Se censura, traduzioni e merchandising limitavano l’accessibilità al mondo dei manga, parlando in termini cartacei la vita per un montanaro era ancora peggiore. Pensate che fino alla quinta superiore il fumettaro più vicino si trovava a circa 80 km da casa.
Ma come un selvaggio sono vissuto raccogliendo i frutti dal sottobosco dei pochi otaku dell’epoca: leggendo a scrocco dai ragazzini più fortunati, che avevano agganci con la grande città, ho approcciato i primi manga che cavalcavano la febbre giapponese giunta in Italia, tra i quali One Piece è certamente quello per me più significativo. Una problematica non solo logistica, ma che incideva su tutto quello che era il mio mondo di passatempi individuali, con l’impossibilità di giocare online (tipo fino al 2008), comprare regolarmente droghe come Magic the Gathering, e soprattutto essere informato sui manga in uscita.
2010 – Odissea nella Big City
Da montanino, il passaggio alla vita universitaria cittadina mi è sembrato un Isekai in piena regola: ritmi diversi, strutture mai viste, internet ad alta velocità in università (più di quello scroccato in appartamento), ma soprattutto, dopo la confusione dei primi mesi, la possibilità di avere un fumettaro di fiducia.
La gita in centro a reperire manga e chincaglierie nerd varie era una tappa fissa, tanto che io e i miei amici/coinquilini avevamo ciascuno un comodino occupato da una serie diversa. Il più saggio aveva iniziato Bleach, la mia coinquilina leggeva Rave, poi c’erano One Piece (che vabbè, esiste in ogni epoca), D.Gray-man e altri che non ricordo. Rammento invece, e molto bene, la cantonata che presi quando puntai il mio stipendio universitario su Elemental Gerad, il quale mi aveva ricordato, a un primo impatto, serie come The Slayers o Magic Knight Rayearth (il primo che mi dice che sono per ragazze lo meno), ovvero anime che avevano accompagnato la mia infanzia. Carino Elemental Gerad, per carità, ma fu un investimento più fallimentare di quello sul Betamax.
C’è poi stata la diffusione delle console portatili, come la PSP, e non ho il coraggio di contare quante ore ho lasciato su Monster Hunter con i miei amici, ma vi posso assicurare che ne è valsa la pena. Se il mondo fosse terminato con la profezia maya del 2012, la morte mi avrebbe accolto con una PSP rosa in mano. Una vera novità per tutti quelli che, come me, erano abituati a giocare per gli affari loro. Ci sarebbe tanto da dire sulle console e i videogiochi di quegli anni ma, citando un celebre trio comico: “Non ce la faccio, troppi ricordi!”
Venti di cambiamento… e ancora venti
Arriviamo poi ai giorni nostri, i favolosi anni 2020… oddio avvocato, magari non così tanto belli. Tuttavia, è sicuramente un ottimo periodo per chi ha la possibilità di svagarsi anche stando chiusi in casa, al riparo dalla piaga del Coronavirus: anime, videogiochi e manga sono ottimi passatempi per sfuggire ai problemi quotidiani, proprio come la lettura di un buon libro. Anche se la mia crociata per convincere questi ultimi a provare fumetti o manga finisce sempre a pesci in faccia. Diciamolo, la vita di un nerd con sottoclasse “otaku” è decisamente migliorata, in particolare per chi abita lontano dai grandi centri abitati.
Per i fumetti è facile! Oramai online si può acquistare di tutto, con la possibilità di fare incetta di quelle serie, magari già complete, che hai sempre desiderato (escludendo quei pochi titoli che puoi scambiare solo con la tua anima, tipo Berserk appunto). Il vero problema, tuttavia, resta quello di rimanere al passo con le uscite giornaliere: non posso certo farmi un’ora e mezza di viaggio per recuperare gli ultimi numeri di Radiant, Dr. Stone o Demon Slayer. Ma grazie al divino Eneru ho un ottimo amico che abita in città, nonché mio fattorino di fiducia (Met ti amo!), che passa dal fumettaro a recuperare la merce al mio posto, consegnandomela quelle volte che lo invito a cena nel weekend. Ovvio, mi manca il poter passeggiare per la fumetteria… le chiacchiere con il proprietario, il profumo di libri nuovi, le indagini tra gli scaffali e il controllo dei nuovi arrivi, ma è un sacrificio decisamente accettabile. Almeno il punto che riguarda i volumi in uscita può essere facilmente risolto: oggi come oggi ci sono tantissimi siti, tra i quali proprio Akiba Gamers, che mi informano sugli arrivi e sulle novità, lasciandomi il tempo di organizzare spedizioni cittadine o di “abbonarmi” a un nuova saga.
Anche per gli anime la situazione è più rosea che mai: piattaforme come VVVVID, Crunchyroll, Netflix, e così via, ti danno la possibilità di seguire, a volte addirittura in simulcast, la maggior parte delle serie esistenti, e solamente con una linea da qualche decina di mega, accessibile anche nei paesi in culo ai lupi come il mio. La stessa connessione che mi permette di giocare online, sia sul PC che sulla PS4, con un sacco di amici, o con giocatori che si trovano dall’altra parte del globo. Una situazione irrealizzabile solamente una decina di anni fa.
Certo, abitare in montagna crea comunque dei problemi: se mi salta l’antenna il tecnico arriva a settimane di distanza, la mia linea varia in base alle condizioni meteorologiche, devo ordinare online praticamente ogni gioco, non ci sono ne mercatini, né fiere, né aree dove gli appassionati possono incontrarsi, e per vedere fisicamente un amico mi devo fare in genere almeno 30 km, ma non ho di che lamentarmi.
Morale della favola, essere un appassionato di cultura giapponese ai giorni nostri è fattibile per tutti, anche per gli eremiti che, come me, abitano lontano da quel mondo cittadino dove ogni cosa è a portata di mano. In un era in continua evoluzione tecnologica come questa, è infatti sempre più facile rimanere collegati al mondo esterno anche senza uscire di casa, che si abiti in montagna, in campagna, o in un’isola sperduta. Ma è buona cosa, di tanto in tanto, farlo anche fisicamente… magari andando a trovare proprio l’amico che vi porta i fumetti!