IL GIARDINO DELL’EDEN – Recensione

Nella collana Wasabi, Star Comics propone una delle autrici di punta dell’editore Shodensha, Kaoru Fujiwara, con un volume unico che saprà conquistare soprattutto gli amanti della raffinatezza e della silenziosità gotica

IL GIARDINO DELL’EDEN - Recensione

IL GIARDINO DELL’EDEN si mostra per quello che è: una raccolta di quattro storie brevi, in cui le caratteristiche stilistiche della sensei Fujiwara risaltano abbondantemente: un tratto delicato ed espressivo ma contestualmente registico e fotografico, che ben si presta ai suoi personaggi, le cui espressioni molto intense permettono di utilizzare tavole mute o con pochissime battute. Nonostante l’opera sia stata classificata come “adatta ad un pubblico adulto”, Kaoru Fujiwara tende a rappresentare il contatto fisico tra i personaggi in maniera piuttosto casta. Le atmosfere sono spesso oniriche: non è raro assistere nelle sue storie a sogni come rappresentazioni delle paure e dei desideri dei suoi personaggi.

Questo vale sopratutto nei primi due racconti, i più brevi ed anche i più “silenziosi”. I protagonisti sono i tormenti umani, la fragilità dei rapporti che a fatica costruiamo e che così facilmente possono sgretolarsi. Assistiamo quindi al ricordo e ricerca dell’amore proibito di un professore e poi alle urla silenziose del cuore di due amanti, a cui assiste solo la luna.

IL GIARDINO DELL’EDEN - Recensione

Il terzo è il racconto più corposo: il rapporto malato tra due gemelli, Chihiro e Chiaki, dalle capacità soprannaturali. Il risultato finale sarà tanto soffocante quanto brutale. E ci rendiamo conto di una cosa: non finiamo mai di conoscere veramente nessuno. Non solo chi ci è più vicino, ma anche e specialmente noi stessi. Purtroppo a volte bisogna prendere atto che la famiglia non è il posto più sicuro nel quale rifugiarsi. La consapevolezza di ciò può ferire all’inverosimile e costringere una persona a spezzarsi ed a spezzare. Questo è sostanzialmente quello che i due gemelli scoprono e vivono sulla propria pelle.

È da notare come i primi tre racconti si presentino senza titolo. L’eccezione è il quarto e ultimo racconto.

“La Foresta di Rosemary” si presenta come una rivisitazione psicologica-erotica della fiaba di Cappuccetto Rosso. Ed è la storia che più in assoluto presenta dei richiami a quello stile gotico di cui si fa portatrice la sensei Fujiwara (assieme ad altre colleghe del calibro di Kaori Yuki. Ci risulta impossibile non citare a questo riguardo le sue Favole Crudeli, edito da Planet Manga).

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Le scene che si susseguono in questo racconto, pur apparendo seducenti, spesso risultano feroci, inquietanti e cupe. È una storia contorta e colma di simbolismo, in cui la convinzione di una Cappuccetto Rosso innocente e amabile si sgretola in modo selvaggio. Concludendo, visivamente la maggior parte dei personaggi non risulta molto dettagliata, ma nei primi piani i capelli e gli occhi tendono ad essere molto espressivi e con un’intensa resa finale. In termini di composizione, l’autrice ricorre spesso all’effetto ombroso dato dagli alberi o all’inafferrabile infinito del cielo, quasi a voler inserire l’essere umano in un contesto che lo esula dal proprio materialismo.

Un altro aspetto interessante è la frequenza relativamente alta di immagini dei personaggi ad occhi chiusi. Tenere gli occhi chiusi è un gesto che può valorizzare diverse azioni: il sonno che incede, la preghiera rivolta a qualcuno al di sopra di noi, la profonda concentrazione o il dolore. Riflettendoci, quando chiudiamo gli occhi, lo facciamo con la consapevolezza di stare eliminando volontariamente uno dei nostri sensi, per fare spazio a qualcos’altro, che è al di là della vista. Forse Kaoru Fujiwara, con questi suoi racconti, cerca di prenderci mestamente per mano per non farci inciampare mentre ci proviamo.

IL GIARDINO DELL’EDEN - Recensione

“Tutti gli esseri viventi sono pieni di un amore incontenibile. È questo il Giardino dell’Eden”

IL GIARDINO DELL’EDEN - RecensioneKaoru Fujiwara è nata il 5 aprile 1978 e attualmente vive a Tokyo. Ha dichiarato più volte di come ami vivere circondata da gatti e pesci. Dopo essersi laureata all’Accademia delle Belle Arti, debutta con la casa editrice Sony Magazine, conquistando numerosi fan con l’elegante stile che presto la contraddistingue. Nel 2003 la sua carriera subisce una brusca botta d’arresto, in quanto viene accusata di aver plagiato alcune fotografie prese dalle copertine di alcune riviste. Ricomincia a pubblicare nel 2010 realizzando per Shodensha il volume unico “Sono Saki no Fuukei”.

Il suo lavoro più lungo, inedito da noi, è Omae ga Sekai o Kowashitai Nara (If You Wanna Destroy The World), una storia di vampiri lunga 3 volumi. Se ti è piaciuto, consigliamo “Le Theatre de A e Le Theatre de B”, della maestra Asumiko Nakamura, edito da Dynit.

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Per chi è affascinato dall’onirico e il carnale

Classe 1987, mezza italiana e mezza americana, passa il poco tempo libero a disposizione a fare i grattini sulla pancia del suo shitzu, mentre legge fumetti sul divano. Fan della cucina giapponese e della carne al sangue, è una buona forchetta innamorata dell’amore, del salmone e dei Boys’ Love.

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