Dicembre 1988. L’inverno è freddo, ma elettrizzante a Kamurocho, il distretto dei divertimenti per antonomasia. Qui i soldi garantiscono il lusso, e il lusso è uno stile di vita ambito da molti. Con l’economia nazionale all’apice della prosperità, i potenti di Kamurocho credevano che nulla che potessero desiderare fosse al di fuori dalla loro portata. Tuttavia, esistono luoghi dove la ricchezza non è ancora arrivata: un appezzamento vuoto, un modesto spiazzo di cemento e calcestruzzo, grande a malapena quanto un parcheggio. Chiunque otterrà il tassello finale del puzzle, questo misero lotto di terreno, avrà l’influenza necessaria a cambiare l’equilibrio della città e conquistare il comando. Due uomini vengono scagliati in un conflitto su larga scala che ancora faticano a comprendere. Coloro che detengono il potere hanno tutta l’intenzione di seppellirli in questo mare di cambiamenti, ignari che tali avvenimenti daranno solo i natali a due leggende della mafia giapponese.
Toshihiro Nagoshi, a capo del team di sviluppo che si occupa di Ryū Ga Gotoku sin dagli albori, celebra i dieci anni della saga narrando le origini di uno dei personaggi più amati del panorama videoludico giapponese per adulti. Kazuma Kiryu, il Drago di Dojima: lo abbiamo conosciuto nei panni di un ex yakuza, incastrato per l’omicidio di un amico, reo carcerato e alla ricerca di una persona cara, un uomo destinato a divenire una leggenda. Ma cosa è successo prima di allora, prima degli avvenimenti del primo Yakuza? Lo scopriremo in questo prequel, il primo gioco della saga ad approdare in Europa su PlayStation 4. Kiryu e il folle Majima ci attendono fra le colorate e pericolose strade di due grandi metropoli nipponiche degli anni ‘80 per menar ceffoni e divertirsi in ogni modo possibile: prepariamoci a una nuova esperienza narrativa chiamata Yakuza 0.
- Titolo: Yakuza 0
- Piattaforma: PlayStation 4
- Genere: Azione, Avventura
- Giocatori: 1 (2 nei mini-game)
- Software house: SEGA
- Sviluppatore: Ryū ga Gotoku Studio
- Lingua: Inglese (testi), Giapponese (doppiaggio)
- Data di uscita: 24 gennaio 2016
- Disponibilità: retail, digital delivery
- DLC: non presenti
- Note: rilasciato in edizione limitata in Nord America con un porta-biglietti da visita
Il luogo del giuramento
Come già altri capitoli della saga ci hanno abituati, non seguiremo le vicende di Yakuza unicamente dal punto di vista del suo protagonista indiscusso. Diversamente dal quinto capitolo giunto in Europa lo scorso anno, tuttavia, non indosseremo i panni di cinque protagonisti, bensì di due: oltre alla Kamurocho di Kiryu, esploreremo Sotenbori e il passato di Goro Majima, scoprendo il cane pazzo di Shimano in situazioni che non ci saremmo mai aspettati.
La crudele e colorata Tokyo dei ruggenti anni ’80 dà il benvenuto a noi e al giovane Kiryu senza mezzi termini, mettendoci davanti all’arduo mestiere del recupero crediti (se così possiamo definirlo) per conto di uno strozzino. Tuttavia, un lavoretto all’apparenza semplice e pulito scatenerà una serie di eventi catastrofici per il nostro gokudō appena ventenne, da cui dovremo riuscire sapientemente a districarci mettendo a repentaglio la nostra stessa vita e reputazione. D’altro canto, Osaka ci sembrerà assai più piacevole, nei panni del brillante Majima, almeno all’apparenza.
Stenteremo a riconoscere quel pazzo armato di mazza da baseball quando lo ritroveremo nei panni del gestore del Grand, un rinomato cabaret di Sotenbori noto, per l’appunto, per l’ineccepibile condotta del suo gestore, Majima in persona. Smoking, capelli legati e un carisma che riesce ad ammaliare persino il più recidivo dei piantagrane che mette piede nel locale, sembra l’incarnazione del sogno giapponese: fama, denaro e decine di donne ai suoi piedi. Presto scopriremo che il nostro feroce ciclope è in realtà costretto a comportarsi in questo modo per raggiungere un certo scopo, ma non voglio rovinarvi oltre la sorpresa. Come sempre, per Yakuza è la trama la portata principale, contornata da splendide ambientazioni da esplorare, decine e decine di spassosissime risse da strada e naturalmente tutto il divertimento che solo il Giappone è in grado di offrire.
We are living, living in the ‘80s
Classificare Yakuza 0 come un semplice gioco di azione e avventura non è propriamente corretto. Mi piace più pensarlo come un RPG, con fasi di dialogo, quest, esplorazioni, combattimenti crescita dei personaggi. Girovagando tra le strade di Kamurocho e Sotenbori potremo decidere di avanzare all’interno della storia, perdere tempo appresso a uno degli innumerevoli mini-giochi (di cui vi parlerò dettagliatamente più avanti) oppure decidere di aiutare la gente in difficoltà affrontando le missioni secondarie. Sono proprio queste, a mio parere, croce e delizia di questo prequel: sono tante, variegate e onnipresenti e potremo imbatterci in una di esse semplicemente mettendo piedi fuori casa.
Ci capiterà di dover istruire i membri un improvvisato gruppo hardcore su come comportarsi da duri, pescare con l’ufo catcher il pupazzo ambito da una tenera bambina, istruire una inesperta mistress su come divenire una dominatrice coi fiocchi o addirittura aiutare Steven Spielberg a girare il video di Thriller di Michael Jackson (ribattezzato, per l’occasione, Miracle Johnson). Portando a termine le sotto-trame di ciascuno dei due protagonisti ed eseguendo numerose altre azioni sul campo potremo accumulare i cosiddetti Completion Point (CP) che ci serviranno a migliorare le nostre capacità al di fuori delle battaglie e ottenere oggetti esclusivi: durata e velocità maggiori per lo sprint, più soldi ottenuti, comparsa di nemici speciali e così via. Tuttavia, tali sub-story potrebberi risultare invasive e saremo letteralmente costretti a portarle a termine prima di poterci concentrare nuovamente sulla storia principale. Per fortuna la maggior parte di esse è assolutamente bizzarra e fuori di testa e spesso ci divertiremo ad affrontarla anche solo per capire fino a quanto poco serio sia in grado di diventare un titolo di questo tipo.
We still fight, fighting in the ‘80s
Parte integrante di Ryū Ga Gotoku è senza alcun dubbio il combattimento. Come per tutti gli altri episodi della serie, le risse degne di un beat’em up anni ’90 si svolgeranno in arene circoscritte generate in pochi istanti sulla strada o nel vicolo stesso in cui attaccheremo briga con teppisti, mafiosi, ubriachi o semplici attaccabrighe. Alternando un pulsante per gli attacchi normali con quello degli attacchi potenti potremo concatenare combo, adoperare armi equipaggiate in precedenza oppure oggetti che raccatteremo per strada (insegne, bidoni della spazzatura e addirittura biciclette), effettuare delle prese o utilizzare le spettacolari finisher attivabili con il riempimento dell’apposito indicatore Heat.
Novità assoluta di questo episodio, l’opportunità per Kazuma e Goro di utilizzare ben quattro stili diversi di combattimento, che apprenderemo avanzando all’interno della trama principale e potremo cambiare in ogni momento con il D-Pad. Tre di questi saranno sbloccabili nelle prime fasi del gioco, mentre l’ultimo di ognuno verrà reso disponibile solo dopo aver soddisfatto delle determinate condizioni. Kiryu avrà a disposizione lo stile Brawler, bilanciato, permette di effettuare prese e utilizzare oggetti; Rush, caratterizzato da schivate e rapidi colpi da boxeur; Beast, lento, brutale e inarrestabile stile che fa largo uso di oggetti e proiezioni degne della WWE. Diversamente, Majima potrà contare sullo stile Thug, quello bilanciato; Slugger, mediante il quale potremo sfruttare al meglio delle possibilità l’iconica mazza da baseball; e poi Breaker che, diversamente da quanto possiate immaginare, non sarà uno stile spaccaossa, bensì… break dance. Già, è davvero strano pensare a Majima come un novello Eddy Gordo con la sua Capoeira, ma le sue mosse saranno pressoché identiche. Gli ultimi due stili sbloccabili una volta che porteremo a termine il lavoro dei due (Agente immobiliare per Kiryu e gestore del Cabaret-Club per Majima) prendono il nome di Drago di Dojima e Cane Pazzo di Shimano, richiamano i moveset caratteristici degli altri capitoli della saga e risultano davvero (ma davvero) devastanti.
Ognuno degli stili a nostra disposizione potrà contare su un albero composto da nuove abilità e potenziamenti che potranno essere sbloccate in maniera un po’ diversa rispetto al passato. I punti esperienza lasciano il posto al vile denaro, che schizzerà assieme al sangue dai corpi dei nostri sfortunati avversari nel corso delle risse. Più spettacolari saranno i nostri combattimenti, più soldi otterremo al termine di ciascuno di essi. Potremo decidere di spenderli per potenziare le nostre abilità, acquistare nuovi armi ed equipaggiamenti oppure sperperarli in cibo e divertimenti. Troppo facile accumulare qualche milione di Yen in poche ore di gioco? A bilanciare il tutto ci pensa Mr. Shakedown, una tipologia particolare di nemico che metterà a dura prova i nostri nervi: se saremo abbastanza sfortunati (o fortunati?) da trovarcelo davanti, dovremo stare bene attenti a non perire sotto i suoi colpi. Questa montagna umana di due metri e venti di altezza per un metro e mezzo di larghezza porta con sé ingenti somme di denaro che diverranno nostre se riusciremo a sconfiggerlo; al contrario, se sarà il Raoh degli anni ’80 ad avere la meglio, ci deruberà di tutti i nostri averi, lasciandoci letteralmente con le pezze al culo. Un consiglio? Potenziatevi il più possibile, riempitevi l’inventario di oggetti curativi e salvate non appena ne scorgete uno sulla mappa.
Mi chiamo Kiryu e ho 12 anni. Andiamo in hotel?
È impossibile pensare al Giappone senza pensare a sale giochi, night club e divertimenti. Allo stesso modo, non esisterebbe Yakuza senza decine di mini-game più o meno sensati da affrontare per perdere tempo o spezzare la monotonia. Questo Chikai no Basho non è certamente da meno degli altri capitoli, nonostante l’ambientazione vintage che ci mette di fronte a cabinati molto meno avanzati tecnologicamente rispetto al Virtua Fighter visto nel titolo che ha chiuso alla grande la lineup di PlayStation 3 lo scorso anno.
Nei SEGA Center di Kamurocho e Sotenbori avremo a che fare con grandi classici come Out Run, Fantasy Zone, Space Harrier e Hang-On, ma anche con gli immancabili Ufo Catcher dentro i quali troveremo persino peluche che richiamano il glorioso Mega Drive. Se le sale giochi non risulteranno abbastanza coinvolgenti, potremo cimentarci in innumerevoli altre attività collaterali, quali l’immancabile pesca, i combattimenti clandestini, i tradizionali Shogi e Mahjong, ma anche trovate geniali quali le corse di Pocket Circuit (auto modificabili su pista), scatenati balli in discoteca degni dello storico Bust-A-Groove e folli serate al Karaoke che saprebbero rendere ridicolo anche il più minaccioso criminale dell’intera malavita giapponese.
Tuttavia, il massimo del divertimento, secondo il mio modesto parere, è dato da tutte quelle attività che rientrano a pieno titolo nella nostra rubrica di (mini) giochi da falegname. Yakuza ci ha abituati da subito alla night life giapponese, con hostess club e quant’altro. Essendo ambientato negli anni ottanta, questo capitolo offre spunti leggermente diversi per divertirsi in compagnia di belle asiatiche. Primo fra tutti, il club dei segaioli anonimi (da non confondere col Club SEGA), la vecchia falegnameria del corso, la stanza dove star da soli con la propria mano preferita: le speciali tessere telefoniche che troveremo in giro per il mondo, raffiguranti ognuna una gravure idol realmente esistente, ci consentiranno di sbloccare nuovi video osé (ma non troppo) da vedere nell’apposito locale in religioso silenzio, in compagnia della fida scatola di kleenex.
Nonostante questo, e nonostante la presenza di appaganti combattimenti fra donnine più o meno vestite, la portata principale è costituita dai Telekura: per chi non sapesse cosa siano, i Telephone Club sono dei locali in cui, nuovamente, ci si rinchiude all’interno di una stanza con una scatola di kleenex (e aridaje co’ le seghe) e un normalissimo telefono fisso. Ben oltre la semplice hotline, un Telekura ci permette di fare conoscenza di ragazze che vivono in città e chiamano spontaneamente per conoscere uomini, per poi decidere se incontrarli o meno dal vivo. Detto così può sembrare piuttosto banale, ma vi assicuro che questo è stato il mini-gioco che mi ha divertito di più in tutto Yakuza 0.
Il funzionamento è semplice: una volta acchiappata la telefonata con un’enfasi degna degli attori di Cento Vetrine, il nostro Kiryu risponderà con voce suadente alla donna all’altro capo della cornetta. Dopodiché inizieranno a fluttuare sul nostro schermo una serie di parole, brevi frasi o risposte che dovremo colpire, entro il tempo limite, mirando con la leva analogica sinistra e allo stesso tempo ruotando quella destra come se fosse la ghiera di un vecchio apparecchio fisso. La risposta giusta sarà una sola e sarà sempre più difficile da acchiappare, mentre tutte le altre saranno assurde storpiature in grado di farvi ribaltare dalle risate se selezionate per errore, dando vita a situazioni esilaranti come “Sei una scorreggiona” oppure “Ho dodici anni”. Se riusciremo a riempire l’indicatore a forma di cuore, la nostra futura partner ci descriverà il suo volto e il suo corpo, e l’immagine sfocata sullo sfondo diverrà sempre più nitida, fino alla fatidica richiesta di Kazuma di potersi incontrare: dopo il primo appuntamento (anch’esso dall’approccio particolarmente spiritoso), se saremo fortunati, la nostra nuova amica diverrà parte della rubrica e potremo chiamarla ogni qual volta vorremo cimentarci in attività come karaoke e discoteca. Da giocare e rigiocare, specie se in compagnia di amici.
Bubble
Ryū Ga Gotoku 0: Chikai no Basho giunge in Europa agli inizi del 2017, ma è disponibile in Giappone già dal marzo 2015 come titolo cross-gen su PlayStation 4 e PlayStation 3. Dovremo, quindi, sottostare al compromesso che non ci permetterà di stringere fra le mani un titolo bello da vedere quanto lo è da giocare, almeno fino a che non metteremo le zampe su Yakuza 6, previsto dalle nostre parti per il prossimo anno. Non sto dicendo certo che Yakuza 0 sia graficamente pessimo, tutt’altro: dettagliato, specie nei volti e nelle texture, farà storcere il naso principalmente per la semplicità dei modelli poligonali dei personaggi secondari e per l’improvvisa comparsa di oggetti e figure umane nelle nostre immediate vicinanze, nonché per alcuni, sporadici cali di frame rate quando, ad esempio, effettueremo uno scatto prolungato in zone piuttosto ricche di elementi.
La narrazione avverrà attraverso tre stili differenti: il primo, che utilizza i modelli poligonali del gioco e le classiche finestre di dialogo in stile RPG per le sub-story; il secondo con modelli più dettagliati e inquadrature dinamiche per le cutscene più importanti; il terzo, infine, una sorta di fotoromanzo con immagini semi-statiche che, nonostante le premesse, risultano piuttosto azzeccate al contesto e per nulla abusate. Per quanto concerne il doppiaggio, ci ritroviamo di fronte alla già nota qualità nipponica riscontrata in tutti gli altri episodi della saga, come anche a una colonna sonora perfettamente calzante che saprà regalarci momenti di puro godimento, specie nei combattimenti; cambiando stile di lotta on-the-go noteremo come anche il brano di sottofondo cambierà adattandosi alla situazione. Persino l’assenza dell’opening theme giapponese, Bubble, risulta un elemento di poco conto: il brano strumentale scelto per sostituirla svolge al meglio il suo dovere, dandoci la giusta carica ogni qual volta inseriremo il disco del gioco nella nostra PS4.
A chi consigliamo Yakuza 0?
Se lo scorso titolo giunto in Europa ci metteva di fronte a una trama in fasi piuttosto avanzate, con un cast piuttosto vasto e situazioni che avrebbero richiesto un ripasso di tutti gli avvenimenti passati anche al fan più accanito, Yakuza 0 rappresenta il punto di partenza ideale per i neofiti ma anche per coloro che volessero riavvicinarsi alla saga partendo dalle basi, nonostante alcuni richiami ai giochi usciti in precedenza che strizzeranno l’occhio ai veterani. In termini di gameplay, ci ritroviamo di fronte a quello che è certamente il gioco meglio riuscito di SEGA, almeno finché non metteremo le mani su Kiwami e sul già citato Yakuza 6. A mio parere, questo episodio zero non dovrebbe mancare nella collezione di nessun giocatore in possesso di una PlayStation 4.
- Trama coinvolgente e ben strutturata
- Sistema di combattimento ulteriormente raffinato
- Tantissimi mini-giochi e attività secondarie
- Sub-story a tratti invasive e pedanti
- Poche strutture in cui è possibile entrare
- Comparto tecnico non sempre all’altezza
Yakuza 0
Venite a vedere come nasce una leggenda
Come posso riuscire a valutare in maniera oggettiva quella che probabilmente è divenuta, in poco tempo, una delle mie saghe preferite? Fosse per me, Yakuza 0 sarebbe il miglior gioco dell’anno per via di atmosfera, dialoghi, personaggi e dell’ottima giocabilità che è in grado di portare su PlayStation 4 in un’epoca in cui i videogiochi giapponesi iniziano ad assomigliarsi un po’ tutti. Chi è appassionato di anime e film nipponici, o ha avuto la fortuna di farsi un giro in Giappone, verserebbe più di una lacrima di nostalgia ritrovandosi a girovagare in mezzo a vicoli così familiari, entrando in negozi che richiamano quelli realmente esistenti e perdendo tempo, tra una rissa e l’altra, a giocare a Out Run o rimorchiare splendide giapponesi al Telekura. Tuttavia, il vero punto di forza del titolo SEGA è dato dal coinvolgimento e dall’incantevole modo in cui la trama ci viene narrata, con l’alternanza di due punti di vista, quello di Kiryu e quello di Majima, che ci porteranno a scoprire un disegno più grande che le lega e che porterà due storici personaggi della saga a diventare leggende. Se non siete spaventati dal fatto che un titolo PS4 possa assomigliare troppo, in termini tecnici, a uno della generazione precedente, gettatevi a capofitto su Yakuza 0, anche se non avete mai avuto a che fare con questa serie: sono pronto a scommettere che non ve ne pentirete.