Nintendo Switch rappresenta la sintesi della storia della casa giapponese e l’ultima speranza del suo rilancio. Riuscirà a cavarsela?
Molti sorrisi compiaciuti, alcune perplessità, poche delusioni e qualche certezza in più: la mattinata del 13 gennaio ha rappresentato un momento storico per la casa di Kyoto, fiera di aver presentato una console così tradizionale e al tempo stesso originale, strizzando l’occhio ai fan senza rinunciare ai mai troppo adulati casual, un bacino d’utenti intangibile come uno spettro a mezzogiorno eppure ritenuto così importante per il successo dei propri prodotti. Un vero e proprio ritorno al passato dopo quanto successo con Wii U, recente capitolo nero della storia della grande N.
Una nuova speranza?
La scelta di compromesso compiuta con lo Switch, la stessa forma ibrida della console, rivela la volontà della casa madre di sfondare il mercato con un prodotto che combini un design accattivante, una buona campagna promozionale, di cui abbiamo già avuto un assaggio, senza però disdegnare i fan di vecchia data, ormai divenuti alla stregua di un pilastro alla base della loro politica economica, anche se eroso da anni di scelte ritenute impopolare.
La sua natura ambivalente tradisce la solidità del progetto e l’innovazione formale che la caratterizza: Nintendo Switch non vuole, come il Wii, porre in discussione il concetto stesso e l’interfaccia di gioco, bensì venire incontro alle esigenze di una società caotica e in movimento consentendo diversi livelli di approccio al videogioco, nel tentativo di recuperare quei clienti che l’avevano resa grande col Wii e col DS. Senza entrare nel merito della linea commerciale di Nintendo, voglio sottolineare come questo nuova creatura sia stata concepita con una certa dose di astuzia, sorprendente per chi non ha mai, all’apparenza, mostrato particolare arguzia rispetto ai concorrenti. L’innovazione semplice di Switch è in realtà rielaborata a partire da prodotti esistenti già da tempo, come lo Shield della Nvidia – peraltro partner-in-crime in questo progetto – e naturale evoluzione di un mobile gaming in rapidissima ascesa. Switch vuole allontanarsi quindi da un modello adottato trasversalmente dal PC e dalle console tradizionali nel tentativo di scavarsi la propria nicchia di mercato confrontandosi con avversari decisamente meno aggressivi, evitando in partenza uno scontro che non può essere vinto.
Le motivazioni dietro la natura ibrida di Switch risultano quindi lapalissiane: dopo l’insuccesso del Wii U il lancio di una nuova console potrebbe segnare il successo o l’uscita della storica casa di Kyoto dal mercato delle console dietro le pressioni degli azionisti, attratti dal più facile guadagno dei titoli mobile. Meno comprensibile, in ottica occidentale, l’ostinazione a tentare nuovamente la sorte con un nuovo hardware. Nintendo non è però nuova ai colpi di testa, anzi, ripercorrendo la sua storia scopriremo che questa è fatta di mosse azzardate al limite del pionieristico, coraggiose e forse un po’ ottuse come solo i giapponesi sono in grado di fare.
Coraggio o follia? L’altalena del successo
Era il 1985 quando il NES era riuscito a vendere in tutto il mondo milioni di unità nonostante la terribile crisi recentemente attraversata dal mercato dei videogiochi, affossato da problemi strutturali talmente gravi da portare al famigerato scandalo E.T. della Atari, rea di aver diffuso un titolo scadente in quantità tali da generare una bolla economica capace di travolgere a cascata numerose software house statunitensi. Non andremo ad analizzare quanto successo durante quel fatidico 1983. Sottolineiamo però che questa crisi non toccò mai l’Europa e il Giappone, dove questa poliedrica e coraggiosa azienda poté tentare la sorte con la sua console, riscuotendo il successo che ora ben conosciamo.
La fermezza di Yamauchi e dei suoi successori, al limite della testardaggine, è direttamente responsabile tanto dei suoi successi quanto dei numerosi errori compiuti in questi anni, a partire dal declino iniziato col Nintendo 64 e la ripresa col successivo Wii. Ugualmente burrascoso il rapporto con la propria fan base, tempestato da continui contrasti e improvvisi cedimenti. Ricorda tutto una difficile storia d’amore fatta di continui tira e molla, non trovate?
Il ritorno di Samus con la saga di Metroid Prime ha scaldato il cuore di migliaia di fan quanto il passaggio di Link alle tre dimensioni con Ocarina of Time. Lo stesso Super Nintendo, arrivato nel 1992 in Europa, rappresentò un meraviglioso regalo per i propri sostenitori, un sogno tanto atteso che finalmente si avverava. Non era un prodotto innovativo come il predecessore: Super Nintendo si limitava alla stessa formula rivelatasi vincente col NES, aggiungendo poco a quanto già offerto, come una veste grafica finalmente all’altezza e nuove tecnologie necessarie a spremere fino in fondo un hardware sempre più obsoleto col passare del tempo. Eppure rimarrà sempre nella memoria degli utenti. Il duopolio creatosi con la storica SEGA animava i dibattiti fra i fan dell’epoca, le riviste cartacee, ricordiamo “Game Power”, erano divise fra i continui e ingenui battibecchi dei videogiocatori, ormai cresciuti dall’infanzia trascorsa col vecchio NES. Il 1994 rappresenta l’anno più importante per la storia di Nintendo e del mondo dei videogiochi, l’arrivo di un competitor capace di stravolgere il mercato così come conosciuto: Sony, il colosso dell’elettronica famoso per il suo Walkman, sconvolgeva il mondo con la sua PlayStation, e da quel giorno Nintendo sembrava aver perso per sempre la sua capacità di venir incontro a un pubblico che non riusciva più a capire: N64, di qualche anno successivo al rivale, e GameCube, non riscossero il successo sperato, fallimento sintomatico di un cambiamento mai pienamente recepito e compreso dalla casa madre. Si era rotto qualcosa fra Nintendo e i consumatori: ormai erano separati in casa, poche parole per di più di risentimento e un silenzio colmato dai sussulti di divertimento col giovane amante appena arrivato, Sony.
Il 2006 rappresenta l’anno della riscossa: decisa a reclamare per sé una fetta d’utenti allora ignorata dal mercato, Nintendo presenta un coraggioso Wii, hardware all’avanguardia per il metodo rivoluzionario, forse bizzarro, con cui interfacciarsi al gioco. Quel motion controller tanto apprezzato da quel pubblico, definito allora come casual, alienò però i suoi fan al punto da allontanarli per sempre a favore dei propri concorrenti, scotto pagato dalla Wii U, priva di un pubblico di riferimento che la sostenesse.
Una tiepida rivoluzione
Le portatili raccontano un’altra storia invece, fatta di continue revisioni e blockbuster, senza grossolani scivoloni, eccetto il solo Virtual Boy: fin dal lontano 1989, anno di debutto del Game Boy, Nintendo ha mostrato la capacità di ideare prodotti ben recepiti dal mercato, sempre al passo col tempo e con le richieste dei consumatori, desiderosi di prodotti tutto sommato simili. Il Game Boy Color del 1998 e il Game Boy Advance del 2000 non rappresentano altro, esattamente come il Super Nintendo, che un approfondimento della stessa ideologia di successo. Ciò che consentì a Nintendo di rimanere sulla cresta dell’onda, e in tal caso riuscire ad affossare i concorrenti, è proprio la mancanza di stravolgimenti nella domanda, assuefatta a quanto già disponibile, con un fisiologico calo che la portò la ad optare per un prodotto del tutto originale. Nintendo DS, che ha in comune con Switch molte più cose di quanto appaia, rappresenta la consapevolezza di veder le proprie quote di mercato restringersi sempre più, e pertanto la necessità di proporre una innovazione tale da attrarre nuovo pubblico senza perdere gli utenti già acquisiti. Pertanto, venne ritenuto doveroso proporre un hardware all’avanguardia, per l’epoca, accompagnato da molteplici gimmick necessari ad attirare delle persone che mai avrebbero toccato un videogioco.
È incredibile che quegli stessi dirigenti, così testardi nella scelta delle cartucce compiuta col N64, siano stati capaci di una tale lungimiranza e senno in un settore attiguo. Le stesse particolarità del DS, contrariamente a quelle del Wii, non sono stati tali da respingere gli utenti cresciuti col Game Boy e i suoi successori, affiancando una giocabilità tradizionale a scelte bizzarre nell’ambito del gameplay, suggerite dalla presenza di un touch screen resistivo e del microfono. La scommessa venne vinta con facilità: il successo commerciale è stato clamoroso, e Nintendo DS, debuttato nel 2004, è diventato un oggetto di culto assieme al vecchio NES e al GameBoy.
La nuova Switch non rappresenta quindi un prodotto di cesura rispetto al passato, all’opposto è la summa di quasi un trentennio di attività, l’espressione della volontà di tornare sui propri passi a dispetto di tutto mettendo in vendita un prodotto dal concept ben consolidato che raccolga in sé l’esperienza già maturata dalla casa coi suoi più grandi successi, di cui Switch rappresenta l’ideale punto di incontro. È frutto di una fermezza granitica, di una fiducia senza pari nei propri ideali e nella propria storia, di un orgoglio tutto giapponese portatore di una tenacia quasi inspiegabile alla nostra cultura, così diversa come mentalità. Riuscirà questo vecchio samurai dalla katana spezzata a sconfiggere i suoi avversari? Continuate a seguirci su Akiba Gamers, vedremo assieme come finirà quest’ultima battaglia.