Chi è stato ragazzino negli anni novanta, ma anche nei primi stralci del nuovo millennio, ricorderà benissimo che nelle sale giochi impazzava un genere ormai quasi del tutto scomparso: SEGA, CAPCOM e KONAMI erano pregni, nel loro ampio comparto titoli, dei classici picchiaduro a scorrimento, o beat ’em up. Io, da buon figlio degli anni ottanta ho deciso, per voi, di rinfrescarmi la memoria con qualche ricordo e particolarità che ha fatto distinguere questa determinata tipologia di giochi dalla massa. Quindi, accendiamo pure la macchina dei ricordi: si parte!
Il cibo è vita
Se ben ricordate, la nostra energia vitale nei picchiaduro a scorrimento era rappresentata da una barra, così come nella tipologia di gioco “cugina”, ovvero i fighting game a incontri. All’interno di tali giochi era possibile avere un personaggio di novantotto o tredici anni, ma ciò non era per nulla rilevante, perché la nostra forma fisica era dettata unicamente dalla tremenda barra della vita. Ad ogni singolo colpo essa si accorciava sempre di più e solo raccattare il cibo in giro ci avrebbe curato di ogni ferita. Proprio così: pugni, calci, coltellate, buchi di arma da fuoco e ferite da granata potevano essere curati mangiando in maniera iper veloce panini, bistecche, sushi e frutta. La masticazione e la digestione avvenivano nel giro di un peto-secondo e anche gli effetti positivi e miracolosi del cibo erano immediatamente attivi. Diffidate di chi dice che il cibo sano non possa trovarsi all’interno di cassonetti o bidoni arrugginiti! La prossima volta che vedrete un barbone rovistare in un cassonetto, provate a pensare a lui come a un eroe che sta cercando di salvare sua figlia o la sua città dalla criminalità, che ha quindi bisogno di curarsi o di aumentare il suo punteggio.
ACAB
Le forze di polizia in questo genere giochi fanno davvero pena, così come le guardie, l’esercito o comunque qualsiasi gruppo che non sia il vostro, formato ovviamente al massimo da sei persone incazzate nere per il rapimento di un membro del gruppo, oppure visti come “ultimo baluardo” in vista della fine del mondo. La maggior parte delle volte, per raggiungere un obiettivo, dovremmo picchiare centinaia di persone armate fino ai denti contando solamente sull’aiuto del nostro amico second player, mentre le forze dell’ordine, i militari e tutti gli altri si gratteranno allegramente le balle perché il loro intervento “sarebbe inutile” o perché “le forze nemiche sono troppo forti”. Ovviamente anche le gang criminali, formate da un numero complessivo pari alla popolazione del Madagascar, rapiscono fanciulle per questioni poco ovvie e ciò fa supporre che non abbiano nulla di meglio da fare durante la giornata.
La dimensione oscura
Nei picchiaduro a scorrimento, nella maggior parte delle casi, quando riempivamo di mazzate l’avversario fino alla morte, esso finiva per svanire dai nostri occhi e dalla schermata, quasi fosse stato risucchiato da un buco nero o rapito dagli alieni. Anche le armi in nostro possesso, una volta esauriti i colpi a loro disposizione, sparivano probabilmente verso un mondo migliore dove avrebbero avuto un utilizzo più nobile che quello di spaccare le teste dei punkabbestia. Subivamo lo stesso destino da X-Files pure i nostri alter-ego pixellosi, una volta raggiunta la morte, di cui la reincarnazione, il più delle volte, era rappresentata da una discesa angelica nell’apoteosi della rissa con alcuni secondi di intermittente invincibilità.
Continue?
Era quasi impossibile completare il gioco fino alla fine con una sola moneta o gettone e, spesso e volentieri, incappavamo nella terribile schermata del continue. Quasi tutte le volte, questa schermata, era caratterizzata dal nostro eroe (che fino a pochi secondi prima ci aveva accompagnato fra mille schiaffoni) torturato con un timer di dieci secondi che lo separavano dall’inevitabile fine. Quelli erano forse gli istanti più lunghi della nostra vita: dovevamo decidere se utilizzare la moneta e salvare il nostro personaggio da morte certa, scroccare o contrattare un gettone alle persone più vicine, o arrivare alla banalissima scusa con il gestore: l’arcade ci aveva mangiato la moneta. Inutile dire che il più delle volte finiva con il nostro eroe morto per le torture, con nostro immenso dispiacere.
Rissa virtuale, ma non solo
Con un amico accanto a noi in sala giochi il divertimento raddoppiava. Peccato che gli sviluppatori dell’epoca avessero deciso di far terminare le amicizie con la terribile feature che abilitava le botte anche tra i compagni (almeno Double Dragon aveva messo il duello finale come resa dei conti per conquistare l’onore e la donna). Inutile dire che lo stage non si completava solo con le botte virtuali, ma continuava fuori dal cabinato, con i due ragazzini pronti a prendere il posto dei loro colorati alter-ego. Altre amicizie poi venivano meno quando qualcuno con la barra di energia quasi piena decideva di sottrarre il cibo a quello che ne aveva un disperato bisogno, oppure quando uno prendeva l’arma e l’altro si appropriava dei colpi pur lottando a mani nude. Se mai doveste giocare di nuovo ad uno di questi titoli insieme a un amico ricordate sempre questo di paragrafo: una mossa sbagliata potrebbe far salire la rabbia repressa e trasformare il vostro più caro compagno di gioventù in una versione satanica dell’incredibile Hulk.
Conformazione fisica
Ci sono alcune regole da tenere a mente quando si tratta di questi giochi, profondamente legate alla conformazione fisica e alle sue applicazioni sul campo. Se siete grossi probabilmente siete lenti come la merda, ma potrete tirare cartoni di qualità ai malcapitati nemici. Se impersonerete il protagonista, probabilmente sarete il “Medioman” della situazione, che non eccelle né pecca in nessun modo (insomma, i personaggi più odiati della storia dei videogame). Ovviamente, e senza nessuna ipotesi di discussione, se siete un individuo più o meno effeminato o di sesso femminile sarete agili e velocissimi, ma anche picchiare un nemico magrolino vi darà la stessa sensazione che picchiare Triple H con un fiammifero. Le madri dei nemici stessi, poi, sembrava avessero affrontato innumerevoli parti plurigemellari, non avendo oltretutto la benché minima fantasia nel vestire i propri figli, visto che capitava di combattere almeno dieci volte lo stesso avversario, per giunta con abiti del tutto identici a quelli del malcapitato ucciso due secondi prima.
La mossa segreta
In quasi ogni titolo di questo genere avremo a disposizione una mossa segreta ed estremamente potente, in grado quasi sempre di levarci dalle scatole i nemici una volta che essi ci accerchieranno. A dispetto dei nostri cugini dei picchiaduro a incontri però, queste mosse consumeranno la nostra energia per essere effettuate. Il motivo ancora oggi, nel 2016, è oscuro. Stiamo comunque parlando di alcuni giochi dove, per recuperare energia, è necessario sfondare cassonetti a mani nude e trovare al loro interno piatti degni del miglior Gordon Ramsey; cerchiamo quindi di ricordare solo che queste mosse ci sottrarranno energia vitale una volta eseguite, senza farci troppe domande.
Punteggio o portafogli
Durante la nostra avventura potremo trovare svariati oggetti, oltre il cibo, che aumenteranno il nostro punteggio all’interno del gioco. Non so voi, ma io trovo leggermente strano che il nostro eroe, nel bel mezzo di una rissa contro quattro persone, si metta a raccogliere le banconote in strada al posto di cercare di salvare la pellaccia. Ricordiamo comunque che completare il beat ’em up e finire in prima posizione poteva portare, nei cabinati che avevano la memoria attiva, gloria eterna in sala giochi fino a che qualche bambino con le iniziali uguali alle nostre cercava di reclamare il record o lo stesso veniva superato dal primo beota. In quel caso si ritornava al punto numero 5, quello delle risse.
I boss
Come è facilmente intuibile, fine di ciascun livello non avremo biscotti e pasticcini ad accompagnarci verso quello successivo, ma dovremo scontrarci con il terribile boss di fine livello: un individuo sicuramente più grosso di noi, incazzato nero e quasi sempre dotato di una qualche arma pronta a renderci la vita difficile. Una delle caratteristiche principali di questi bastardi, oltre ad avere un tenore di vita simile a quello delle tartarughe, vista la barra della vita di un colore differente dalla nostra (talvolta anche di lunghezza maggiore), era quella di riuscire chiamare altri stronzi per annientarci sfruttando la propria superiorità numerica. È inutile che, una volta sconfitti, vi accertiate della loro morte e del passaggio nella dimensione oscura. Il perché lo scoprirete nel paragrafo finale.
Il boss finale
Eccola, la nostra nemesi, la fine di tutto, gli attentatori dei nostri risparmi adolescenziali e tanti altri soprannomi poco ortodossi. Per arrivare da loro, spesso e volentieri, dovevamo picchiare di nuovo tutti i boss sconfitti precedentemente (a volte anche due per volta) e quindi arrivare a lasciarli indifesi e infine massacrarli di botte. La caratteristica principale dei boss finali era quella di sembrare facilissimi da battere, per poi mostrare quasi tutte le volte una seconda mostruosa forma capace, nei giochi più bastardi, di azzerare quasi tutta la barra di energia con un solo colpo. Una volta sconfitto però, la gloria nella sala giochi camuffava la consapevolezza di aver svuotato il portafogli.