Ci siamo miei cari nakama, il momento è arrivato. Il live action di ONE PIECE è approdato su Netflix! Se ne è parlato tanto, discusso a lungo, eravamo tutti col cuore in gola nell’attesa che la nostra ciurma preferita divenisse carne e ossa. Il momento è arrivato, e vi prometto sarò sincero fino in fondo, sincero e anche estremamente orgoglioso di potervene parlare. Quello che ho visto in anteprima in questi giorni è ONE PIECE, lo ONE PIECE che tutti noi ricordiamo, che ci ha fatto emozionare e possiede quello spirito unico avventuriero, di amicizia e libertà che l’opera di Eiichiro Oda ha sempre rappresentato. Gli sforzi per realizzare una serie del genere non devono essere stati pochi, sappiamo che l’intera realizzazione è stata supervisionata dall’autore stesso per far sì che la trasposizione fosse più fedele possibile.
Ma ce l’hanno fatta? Sono davvero riusciti a dare dignità al colosso che rappresenta ONE PIECE? La mia risposta è, contro ogni previsione, sì, anche se la serie non è esente da alcuni problemi e scelte che non ho apprezzato fino in fondo. Ma continuate a leggere, vi spiegherò tutto.
- Titolo originale: ONE PIECE
- Titolo inglese: ONE PIECE
- Uscita: 31 agosto 2023
- Piattaforma: Netflix
- Genere: Avventura
- Numero di episodi: 8 (prima stagione)
- Durata: 50 minuti per episodio
- Studio di produzione: Netflix
- Lingua: Italiano, Inglese
Abbiamo recensito ONE PIECE grazie all’anteprima stampa fornitaci da Netflix.
Alla conquista dell’East Blue
Non che avessimo dubbi, ma era chiaro che nel dover adattare i primi undici volumi del manga in sole otto puntate la trama avrebbe dovuto subire alcuni cambiamenti, alcuni drastici, altri un po’ meno. Ciò porta lo sviluppo di alcuni aspetti totalmente nuovi nella trama di ONE PIECE che sono davvero apprezzabili e altri aspetti un po’ deludenti dal mio punto di vista, ma comunque ben realizzati e funzionali alla trama dell’intera stagione.
La trama si sviluppa a coppie di puntate. Le prime due narrano della partenza di Luffy dall’isola di Goa, con annesso il flashback del famoso incontro con Shanks, l’incontro di Luffy con Nami e Zoro e lo scontro con Bagy. Il secondo arco prevede un adattamento della saga di Shirop, probabilmente la parte che mi è piaciuta meno dell’intera stagione, molto più scarna di personaggi rispetto al manga e quasi del tutto priva di spessore nel flashback di Usopp (uno dei flashback più belli nel manga). Il terzo arco invece vede trasposta la saga del Baratie, anch’essa molto diversa dal manga ma davvero ben realizzata. A partire dalle scenografie spettacolari fino ad arrivare al personaggio di Sanji che è uno di quelli realizzati meglio tra i mugiwarae lo scontro tra Zoro e Mihawk che… wow, mi ha fatto emozionare. Infine la saga di Aarlong Park, forse tra tutte la più fedele al fumetto, gli uomini pesce, per quanto grottechi e plasticosi nei trucchi, sono gestiti molto bene dagli attori e gli scontri raggiungono il loro apice con diversi omaggi al manga che faranno impazzire i più affezionati.
Infine vorrei parlare della linea narrativa dedicata a Kobi, totalmente inedita. Il percorso del migliore amico di Luffy viene ampiamente approfondito e compie un percorso parallelo a quello del nostro protagonista. Il suo mentore, Garp, lo prenderà sotto la sua ala e vedrà in lui un grande Marine dedito alla giustizia e alla protezione dei deboli, non all’obbedienza cieca. In questo senso Kobi rappresenta un ottima alternativa alla morale della Marine e riflette esattamente il ruolo che Luffy ha all’interno della pirateria. I percorsi di chi segue la vera giustizia sono infatti destinati a incrociarsi.
Il futuro re dei pirati
L’avventura c’è, lo spirito è quello che tutti noi ricordiamo. E questa è in assoluto la cosa migliore di tutta la serie TV. Si respira l’aria del mare, l’avventura e la voglia di esplorare un mondo per lo più sconosciuto. Una miriade di isole sono pronte ad attendere i mugiwara e lo spettatore, ognuna con le loro particolarità, le location bizzarre, ognuna con la loro storia, spesso una storia di oppressione, ognuna pronta a essere liberata dall’ideale di libertà di cui Luffy è inconsapevolmente il vessillo.
Il timone che guida i nostri personaggi è il sogno. Ognuno ne ha uno, lo tiene stretto a sé, e tutti i sogni ruotano intorno a quello del capitano. Perché Luffy non rappresenta solo l’ambizione più alta che il mondo di ONE PIECE possa conoscere, ovvero diventare il Re dei pirati, ma rappresenta anche la libertà di essere ciò che si vuole ed esprimersi senza recare danno agli altri per affermarsi. Così la ciurma si fa carico di un peso gigantesco, il peso di chi porta la liberazione ovunque vada, il peso di ispirare chiunque incroci il loro cammino.
L’intera narrazione è fatta per immergere lo spettatore, fargli prendere parte alla ciurma e comprendere l’importanza di agire seguendo i propri ideali rispettando anche quelli degli altri. L’amicizia, i legami, diventano un veicolo fondamentale per realizzarsi. La coralità del manga è quindi trasposta in maniera ottima, con grande semplicità e senza fronzoli e intellettualismi vari. La scrittura di Oda si sente, si respira nella sua semplicità e nella profondità di impatto.
La qualità della trasposizione
Veniamo ora al tema più controverso, quello più difficile da discutere che probabilmente porta le maggiori complicazioni. Ovvero la qualità della trasposizione in termini di design, costumi e atmosfere. Un mondo così complesso, bizzarro e dotato di un’identità grafica così forte deve aver recato non pochi problemi alla produzione. Per chi conosce ONE PIECE sa benissimo che i poteri dei frutti del diavolo, le anatomie assurde e i costumi iper bizzarri di Oda sono molto funzionali al medium fumettistico/animato ma potrebbero risultare parecchio distorti e fittizi se trasposti uno a uno in un’opera live action.
Innanzitutto va detto che è davvero eccellente il lavoro fatto sulle scenografie. A partire dal Baratie che è davvero reso in maniera spettacolare, fino ad arrivare alle location delle isole, le meravigliose navi, i lumacofoni e molti altri oggetti che rendono perfettamente l’atmosfera senza risultare forzati. Ora capisco dove sono finiti tutti i milioni usati per la realizzazione, lo scarso uso di CGI per le ambientazioni in virtù di scenografie ricostruite crea una fortissima immersività che è difficile non apprezzare.
Peccato per i costumi e i trucchi invece. Alcuni di essi risultano molto fittizi, ad esempio le divise della Marina o la realizzazione degli uomini pesce. Difetti che, per quanto possano risultare molto innaturali sono comunque compensati dalle ambientazioni davvero iconiche. Lo stesso vale per i combattimenti e le scene più dinamiche in cui vengono mostrati poteri e abilità speciali. Ma questo penso sia principalmente il limite del medium, il fumetto infatti permette al disegnatore di adattare la linea e l’espressività a seconda del contesto e dell’azione, questo pone molto più libertà d’espressione nelle scene dinamiche e surreali, specialmente in una storia dal carattere così grottesco come ONE PIECE. La realizzazione non è pessima ma comunque si percepisce molto la finzione scenica. Un vero peccato ma a dirla tutta c’era da aspettarselo.
I mugiwara e i personaggi
Dopo le ambientazioni, i personaggi sono il punto forte di tutta la serie. La loro caratterizzazione è perfetta, eccetto, ahimè, per Usopp al quale hanno dato a mio avviso poco spessore all’interno della narrazione, specialmente durante l’arco di Shirop che lo vede come protagonista. Per il resto sembra davvero di avere la ciurma in carne e ossa, e non solo, ci sono una miriade di altri personaggi secondari resi benissimo: a partire da Zeff e i suoi lunghi baffi a treccia, per poi passare a Garp, Coby, Mihawk e il capitano Kuro che è stato reso ancora più inquietante che nel manga a mio avviso.
La forte caratterizzazione dei personaggi emerge anche da un’ottima recitazione. Il lavoro degli attori nell’entrare all’interno della psicologia dei personaggi dell’opera originale, semplice ma molto bizzarra, è davvero encomiabile. In modo particolare i nostri protagonisti sembrano davvero essere usciti direttamente dalle pagine dei tankobon a cui siamo tanto affezionati. Una menzione speciale in questo senso sicuramente a Iñaki Godoy che ha interpretato Luffy alla perfezione, a Mackenyu, il volto di Zoro, a Mckinley che ha reso Aarlong un cattivo estremamente credibile e infine a Jeff Ward, il pagliaccio folle e narcisista.
A chi consigliamo ONE PIECE di Netflix?
Ai fan del manga, perché pur nelle sue imperfezioni, questa serie rappresenta una grande speranza per le trasposizioni delle stagioni successive e in generale per le trasposizioni da fumetto a schermo. Consigliato anche a un pubblico a cui piacciono i racconti di avventura, anche se non ha mai avuto il piacere di leggere il manga originale, per fare in modo che il telefilm li invogli a farlo in quanto ritengo che ONE PIECE di Netflix sia un’opera fondamentale a chiunque si voglia avvicinare al fumetto.
- Atmosfere e location perfette
- Lo spirito di ONE PIECE si sente eccome
- Alcuni trucchi e costumi sono molto fittizi
- Le scene di combattimento non rendono alla perfezione
ONE PIECE - Netflix
Verso il tesoro più famoso di sempre
Una nuova era si è aperta per la leggendaria IP di Shonen Jump, un’era che porta speranza al genere ormai saturo del cine-comic, dimostrazione del fatto che la narrazione di Oda è capace di prendere alla gola gli spettatori. Pur ancora pieno di limiti, questo ONE PIECE live action di Netflix fa sognare, fa sperare e ci immette su una strada che forse ci porterà ad avere in futuro un ottimo prodotto televisivo degno del manga che ha stregato milioni di lettori.
Non dimenticate che gli episodi dell’anime di ONE PIECE sono tutti disponibili su Crunchyroll con i sottotitoli in italiano. Il manga, pubblicato da Star Comics, è disponibile su Amazon, dove è possibile acquistare anche l’edizione home video di ONE PIECE FILM: RED.