Era il 2020, quando in un articolo dedicato a tutt’altro tema, ovvero la chiusura dei siti pirata KissAnime e KissManga, scrivevo che certo, il loro lavoro era illegale, ma grazie a siti come quello serie assolutamente sconosciute potevano avere una qualche piccola chance di ottenere un minimo di popolarità all’infuori del Giappone. Fra le serie citate c’era proprio Komi-san wa Komyushou desu, tradotto come Komi Can’t Communicate. Non potevo sapere che di lì a poco, J-POP ne avrebbe annunciato la pubblicazione in Italia, che va avanti ormai da un paio d’anni, essendo arrivati al volume 18 (su 25 pubblicati finora in Giappone, dove la serie è ancora in prosecuzione con più di 300 capitoli).
L’anno scorso, inoltre, è stato annunciato un adattamento anime arrivato in esclusiva su Netflix a ottobre, in ritardo di qualche settimana rispetto alla pubblicazione giapponese. I primi 12 episodi erano stati inseriti, a pieno titolo, nella nostra lista degli anime migliori del 2021. La serie, divisa in due stagioni, è andata in onda fino a giugno 2022, e queste sono le nostre impressioni sui 24 episodi usciti finora, considerando che della prima stagione è anche stato realizzato un doppiaggio italiano.
- Titolo originale: Komi-san wa, Komyushou desu.
- Titolo inglese: Komi Can’t Communicate
- Uscita giapponese: Ottobre 2021
- Uscita italiana: Ottobre 2021 – giugno 2022
- Piattaforma: Crunchyroll
- Genere: Commedia, romantico, demenziale
- Numero di episodi: 24
- Durata: 24 minuti
- Studio di animazione: OLM, inc.
- Adattato da: manga di Tomohito Oda
- Lingua: Giapponese (doppiaggio), Italiano (doppiaggio e sottotitoli)
Abbiamo recensito Komi can’t communicate tramite piattaforma streaming Netflix.
Le parole non mi escono di bocca
La storia di Komi can’t communicate, come si evince dal titolo, si incentra sulla figura di Shouko Komi, una bellissima ragazza che frequenta il Liceo privato Itan, una scuola piena di personaggi fuori dal comune, strampalati e caratterizzati da nomi che sono quasi tutti giochi di parole che vanno a spiegare tutto l’archetipo della loro personalità. Fredda e distaccata, senza amici, tutti pensano che Komi abbia questo atteggiamento perché si sente superiore a chiunque, ma la verità è ben altra… Komi soffre di ansia sociale e di un disturbo della comunicazione così forte che le impedisce di proferire parola con chiunque se non nei casi più disperati (oppure al telefono). La storia ci viene raccontata più o meno dal punto di vista di Hitohito Tadano (il suo nome si può tradurre letteralmente come “un tizio qualsiasi”), compagno di classe di Komi, perfettamente nella media in tutto, nonché suo primo amico, l’unico che riesce a capire il suo vero problema, e che decide di aiutarla a realizzare il suo sogno, ovvero avere 100 amici diversi.
Gli episodi, narrati secondo un classico schema da slice-of-life e dunque divisi in circa tre micro-narrazioni per volta che vanno ad adattare un capitolo del manga, ci mostrano alcuni spezzoni della vita quotidiana di Tadano e Komi a scuola oppure a zonzo per la città, coppia a cui ben presto si aggiungono personaggi sempre più demenziali come Osana Najimi (letteralmente “amico d’infanzia”), Makeru Yadano (letteralmente “odio perdere”), e tanti altri ancora. Ognuno va ad incarnare un certo stereotipo, che rispetta abbastanza fedelmente senza particolari sviluppi. A cambiare sono solo le situazioni in cui i personaggi si trovano, e un pochino piano piano Komi inizia a uscire dal suo guscio, con grande approvazione di Tadano.
Il giusto mix fra commedia e romanticismo
Chi si aspetta una commedia romantica verrà seriamente deluso da Komi can’t Communicate. I sentimenti fra Komi e Tadano si sviluppano in modo naturale, molto lento, e il romanticismo non è assolutamente un punto importante per l’autore, che preferisce invece bombardarci di gag comiche che nascono dalle continue incomprensioni fra Komi (in qualche modo, nessuno a parte Tadano sembra accorgersi dei suoi problemi) e i suoi compagni di classe, nel tentativo di farseli amici. Si tratta di una serie slice of life decisamente leggera, da guardare per farsi qualche risata insieme a un cast di personaggi veramente folli.
Certo, c’è anche il retro della medaglia. I personaggi si comportano più o meno sempre secondo un archetipo assegnato loro, senza che ci sia un vero e proprio character development, e questo funziona per tutti gli episodi usciti finora (spoiler: non cambieranno neanche dopo 300 capitoli del manga) perciò, i personaggi si comporteranno più o meno sempre nello stesso modo. Per fortuna, la varietà di situazioni e di gag al netto di questi episodi non stanca assolutamente rimanendo comunque divertenti, seppure non brillino di originalità: il punto di forza è l’esecuzione, e i tempi comici di Tomohito Oda decisamente azzeccati. Inoltre, la mole assurda di personaggi introdotti andando avanti con la storia permette di introdurre sempre un nuovo archetipo con cui giocare. I momenti di maggior pathos, presenti ma centellinati, solitamente piazzati alla fine dei vari episodi, riescono a colpire al cuore gli spettatori quando meno se lo aspettano.
Komi è divina. Inoltre.
Lo studio OLM, inc. e nello specifico la sottodivisione Team Kojima, è l’azienda che si è occupata di realizzare la trasposizione animata di questo manga e, per quanto riguarda il comparto tecnico, ci troviamo davanti a un prodotto di buona fattura, che non eccelle come qualità di animazione o orpelli grafici non necessari, ma riesce comunque a fare un lavoro più che dignitoso senza troppe sbavature. Segno distintivo del manga è da sempre l’estrema stilizzazione dei personaggi nei momenti più comici, nonchè l’uso di box di testo e anche qualche rottura della quarta parete per rendere le gag più impattanti, e questa trasposizione è stata fedele all’originale anche in questo. Vere stelle della produzione sono però le sigle di apertura e di chiusura, in particolare la sigla d’apertura della prima opening, Cinderella cantata da Cidergirl e realizzata con uno stile di animazione davvero particolare, e anche la sigla di chiusura della seconda stagione, Koshaberi Biyori cantata da FantasticYouth e realizzata interamente con rotoscoping e pixel art, davvero impattante dal punto di vista visivo.
Parliamo ora del doppiaggio, elemento più fondamentale di quanto si pensi per la realizzazione di un prodotto che, sopra a tutto il resto, deve principalmente essere comico e far ridere lo spettatore. Paradossalmente, la scelta meno azzeccata per il doppiaggio è proprio quella legata alla protagonista Komi, a cui è stata data la voce di Aoi Koga, conosciuta ai più per aver doppiato Kaguya Shinomiya in Kaguya-sama: Love is War. La doppiatrice, di innegabile talento, non è riuscita però a dare un’impronta vocale unica a Komi, che in quelle poche volte dove effettivamente parla causa un effetto di straniamento a chiunque stia seguendo o abbia seguito anche le avventure della vice-presidente dell’accademia Shuchiin, in un’altra dimensione: sembra davvero che a parlare sia la stessa persona, un po’ come capita con Takehito Koyasu (il doppiatore di Dio Brando); per quanto ci provi, il suo timbro è così particolare che sembra sempre che quel vampiro abbia la capacità di spostarsi nel multiverso. Per il resto del cast, le voci sono state scelte inserendo in giusto mix di “veterani” e di nuove leve. Il doppiaggio italiano, come spesso capita, è di buona fattura per gli standard di Netflix, andando anche qui a lanciare tutta una nuova serie di giovani promesse, ma le battute e le gag comiche mancano un po’ di mordente senza gli strilli dei seiyuu originali.
A chi consigliamo Komi Can’t Communicate?
Komi Can’t Communicate è al momento una delle migliori serie anime comiche disponibili su Netflix. Anche tematiche serie come l’ansia sociale e la difficoltà di comunicazione qui sono trattate in modo leggero e sdrammatizzate, anche se sicuramente sono presenti alcuni momenti di pathos e sottotrame un po’ più serie. La componente romantica, che assume poi un certo peso all’interno del manga, non è ancora stata approfondita nei 24 episodi usciti finora, di cui ci aspettiamo una continuazione. Se cercate trame particolarmente struggenti o umorismo raffinato, forse dovreste cercare altrove, perché Komi si basa molto sulla commedia semplice, fatta di equivoci e stereotipi, e trame davvero “inconcludenti” se non per analizzare più profondamente il rapporto fra Tadano e Komi.
- Gag basate sugli stereotipi incarnati dai personaggi, ma ben realizzate e divertenti
- Buona commistione di comicità e romanticismo, pur preferendo la prima
- Animazione di buona qualità
- Doppiaggio italiano che non rende giustizia alla serie originale
- Come sempre, la distribuzione di Netflix è in forte ritardo rispetto al Giappone
Komi can't communicate
Uno dei migliori anime disponibili su Netflix
Un anime comico e demenziale, con personaggi unici e strampalati che vanno a ficcarsi in situazioni sempre più strane pur di essere amici di Komi e di Tadano. Un ritmo lento da slice of life con un pizzico di romanticismo adolescenziale qua e là, e il piatto perfetto è servito. Komi Can’t Communicate è rinfrescante come una granita d’estate, e scalda il cuore come una cioccolata calda d’inverno. Un’ottima serie da guardare per farsi due risate e rilassarsi dopo una giornata pesante, accompagnata da un cast di doppiatori di tutto rispetto e dalla bellezza magnetica di Shouko Komi. Ne siamo stati conquistati anche noi: questo è al momento uno dei titoli migliori disponibili su Netflix, nel già vasto catalogo di anime presenti sulla piattaforma.