È un dato di fatto: oramai gli anime, in Italia così come nella maggior parte dei paesi del mondo, Giappone escluso, si fruiscono principalmente attraverso lo streaming legale. La comparsa e la rapida ascesa di servizi come Crunchyroll, che fa del suo ampio catalogo di anime il suo business centrale, oppure VVVVID e Yamato Animation nel nostro paese, per non parlare del sempre maggiore interesse dei due principali colossi dello streaming mondiale, Netflix e Amazon Prime Video, nei confronti dell’animazione giapponese, testimoniano chiaramente la situazione attuale. A causa di questo, realtà molto forti in passato come quella dei siti fansub (che quelli della mia generazione ricorderanno sempre con affetto) stanno lentamente sparendo, ma non staremo qui a discutere dei lati positivi e negativi della diffusione dello streaming anche nel campo degli anime. Questa tendenza ha portato indubbiamente molti benefici, così come qualche inconveniente, tuttavia in questo articolo ci concentreremo su uno dei servizi sopra citati, Netflix, e su come, a nostro modesto parere, la sua politica sulla distribuzione degli anime necessiti al più presto di un cambiamento per poter stare al passo coi tempi.
Di che cosa stiamo parlando?
Non troppo tempo fa, Netflix ha annunciato che l’adattamento animato del manga BEASTARS, andato in onda sulle reti televisive giapponesi durante la stagione autunnale 2019 (ottobre-dicembre), verrà reso disponibile nel nostro paese, e nel resto del mondo, a partire dal 13 marzo 2020 (come vi abbiamo riportato qui). Con ben tre mesi di ritardo rispetto alla sua conclusione quindi, che diventano addirittura sei se prendiamo come riferimento l’inizio della trasmissione. Una cosa simile è accaduta con l’anime Children of the Whales, tratto dall’omonimo manga pubblicato in Italia da Star Comics, rilasciato sulla piattaforma di streaming a marzo 2018, dopo la sua trasmissione televisiva nell’autunno 2017. Un destino analogo è quello toccato al bellissimo Carole & Tuesday, inserito nella nostra top 10 dei migliori anime del 2019, i cui 24 episodi sono stati suddivisi in due parti da 12 pubblicate rispettivamente il 30 agosto e il 24 dicembre dello scorso anno. Infine, gli anime Dorohedoro e Drifting Dragons, attualmente in corso in Giappone ed entrambi licenziati da Netflix, sono ancora privi di un periodo di uscita nel nostro paese, e, anche in questo caso, il loro rilascio avverrà presumibilmente dopo la conclusione della trasmissione in patria, ovvero dopo marzo 2020.
Questi sono solo alcuni degli esempi che testimoniano chiaramente quella che è la politica di Netflix sull’acquisizione delle licenze per lo streaming degli anime: quella di rilasciarli in blocco sulla piattaforma solo dopo la fine della loro programmazione sulle reti televisive nipponiche, suddividendoli in più parti qualora coprissero più stagioni, nel puro rispetto di quella tradizione di binge watching che il sito stesso ha portato alla ribalta negli ultimi anni. Prima di proseguire è doveroso fare una precisazione. In questa analisi ci riferiremo solamente agli anime licenziati da Netflix la cui trasmissione originale è avvenuta sulla TV giapponese, quasi sempre a cadenza settimanale. Non verranno prese in considerazione, quindi, tutte quelle serie definite in gergo ONA (Original Net Animation), ovvero quegli anime concepiti per essere diffusi solo tramite streaming video su internet e sulle web TV. Sempre in riferimento a Netflix, anche questa tipologia di prodotto viene di solito rilasciata in blocco, con tutti gli episodi disponibili sin da subito, ma non essendo preceduta da una trasmissione televisiva non rientra nell’analisi proposta in questo articolo.
Una politica poco apprezzata
Perché, dunque, questa politica a nostro parere non funziona, non è al passo coi tempi, e anzi può essere potenzialmente dannosa per il settore? Innanzitutto perché, da sempre, molti appassionati di anime sono abituati a seguire le serie settimanalmente, in pari o al limite in ritardo di pochi giorni rispetto alla trasmissione televisiva giapponese. Fino a pochi anni fa grazie ai siti fansub, adesso grazie ai simulcast (o latecast) di tutti i principali servizi di streaming legale quali Crunchyroll, Prime Video, VVVVID e così via, quella di iniziare una nuova stagione anime in contemporanea con il Giappone era una tradizione irrinunciabile per ogni appassionato che si rispetti. E comunque, quella del ritardo è una motivazione che coinvolge tutti: anche chi non è un appassionato e guarda anime solo occasionalmente dubitiamo possa mai gradire, almeno nella maggior parte dei casi, questa politica, soprattutto qualora le serie coinvolte suscitassero interesse e curiosità nello spettatore.
Un’altra ragione molto importante che ci spinge a bocciare le scelte di Netflix, conseguenza inevitabile di quanto detto sopra, è la perdita di tutta la spinta delle discussioni in rete, del chiacchiericcio (passateci il termine grezzo, che però rende bene il concetto) degli utenti mentre la serie è ancora in corso. Questo è un punto che non riguarda i soli anime, ma che coinvolge tutte le tipologie di prodotti audiovisivi seriali, che, dall’avvento di Netflix, stanno venendo sempre più proposti con tutti gli episodi disponibili sin dal giorno del lancio. Non è questo il luogo dove analizzare nel dettaglio i vantaggi e gli svantaggi di questa tendenza, e non è automatico che il rilascio di un anime in modalità “pacchetto completo” influisca negativamente sulla sua visibilità (dopotutto, il successo di moltissime serie TV di Netflix testimonia il contrario), tuttavia a parere di chi vi scrive una delle ragioni della grande popolarità degli anime nell’epoca di internet è proprio la loro trasmissione cadenzata, con tutte le teorie, le speculazioni e, in generale, le discussioni che tradizionalmente la accompagnano.
Infine, nel caso specifico dell’anime di BEASTARS, questa politica ha prodotto un’altra conseguenza negativa, meno importante ma comunque degna di menzione. Il rilascio sul mercato occidentale nel 2020 ha impedito infatti all’opera di essere candidata a numerosi premi di settore del 2019, come per esempio i Crunchyroll Awards, che prendono in considerazione solo gli anime legalmente disponibili sul territorio statunitense nell’anno a cui fanno riferimento. E con questo, si conclude la carrellata delle motivazioni che ci portano a non vedere di buon occhio l’attuale politica di Netflix relativa agli anime televisivi.
La soluzione
Cosa dovrebbe fare dunque il colosso dello streaming per migliorare questa situazione? La risposta è presto detta: adeguarsi a ciò che già fanno i suoi concorrenti, e cominciare a rilasciare in simulcast gli anime di cui acquisisce la licenza. Ma visto che qui su Akiba Gamers apprezziamo chi fa le cose in grande, e Netflix ha senza dubbio le risorse per proseguire su questa strada, vogliamo ricordare il caso di Violet Evergarden. Il celebre lavoro dello sfortunato studio Kyoto Animation è stato infatti il primo, e purtroppo unico finora, anime proposto da Netflix in simuldub, ovvero con gli episodi disponibili sulla piattaforma già doppiati nello stesso giorno della trasmissione giapponese. Ci piacerebbe moltissimo vedere un ritorno a questa modalità nell’immediato futuro.
Conclusione
In definitiva, l’attuale politica sulla distribuzione degli anime televisivi giapponesi di Netflix non è certamente il male assoluto, è innegabile che sia sempre meglio avere un anime legalmente disponibile in questo modo su una piattaforma che garantisce una visibilità immensa (e dove il doppiaggio è quasi sempre garantito), piuttosto che vederlo abbandonato a un destino incerto. Ma, come abbiamo scritto, tale scelta si porta dietro tutta una serie di conseguenze negative che, pur non necessariamente dannose per il settore, stanno creando parecchio malumore nella community degli appassionati, che oramai vede Netflix come una sorta di spauracchio. Con questo articolo, speriamo di avervi fatto chiarezza su tali conseguenze, e sulle ragioni che ci spingono a desiderare un cambio di politica da parte del colosso statunitense dello streaming, augurandoci che torni a prendere in seria considerazione il simulcast (e il simuldub) come modalità di distribuzione dei suoi anime.
Husky
No
Alessandro Semeraro
No cosa?
Alessio Micheloni
Ciao Husky, non sei d’accordo con la tesi esposta in questo articolo? Se è così, ti invito a esporre le tue opinioni 🙂