C’era una volta un classico picchiaduro a incontri, di quelli che andavano tanto di moda dai tempi dell’esordio di Street Fighter II in sala giochi. O meglio, uno di quelli più avanzati tecnicamente, figli di quei Virtua Fighter e TEKKEN che tuttora (più o meno) vengono considerati capostipiti del genere picchiaduro 3D. C’era una volta Sangoku Musou, un fighting game senza troppe pretese che riuscì ad attirare l’attenzione di tutti quei giocatori rimasti deliziati dall’ottimo SoulBlade sulla prima PlayStation, ma che non era abbastanza originale da spiccare il volo fra l’olimpo dei migliori esponenti del genere sull’allora console di ultima generazione. Fu così che il team di KOEI decise di trasformare il suo torneo de “L’impareggiabile dei Tre Regni” in qualcosa di nuovo, rilasciando tre anni dopo un rivoluzionario Shin Sangoku Musou, quello che ancora oggi viene definito capostipite di un nuovo genere.
Per chi non lo avesse capito sto parlando di DYNASTY WARRIORS, il fighting game ambientato nell’antica Cina che, nell’epoca PlayStation 2, seppe stravolgersi e dare vita a un genere, quello che al giorno d’oggi viene indicato come “Musou”. Tuttavia, ciò che forse molti non sanno, è che Musou non è esattamente un genere, bensì un vero e proprio franchise. Dopo l’uscita di Shin Sangoku Musou, noto in occidente come DYNASTY WARRIORS 2, KOEI ha dato il via a nuove serie, collaborazioni e cross-over: da SAMURAI WARRIORS a DYNASTY WARRIORS: Gundam, da Ken’s Rage ai recenti Hyrule Warriors e Fire Emblem Warriors.
Omega Force, squadra a capo dello sviluppo di questa serie (coadiuvata dal Team NINJA nel caso di alcuni esponenti) è stata capace di creare una tipologia di gioco fino a quel momento assente nel panorama videoludico, un genere che possiamo definire picchiaduro a scorrimento (beat ‘em up) multi-direzionale o più semplicemente Musou-like. Definire “un Musou” un gioco non pubblicato da KOEI TECMO GAMES, ma con meccaniche vagamente affini a DYNASTY WARRIORS è considerabile un errore; quasi come definire “uno Street Fighter II” il classico picchiaduro a incontri. “Ma come fai a dire che, ad esempio, un Sengoku BASARA o un SENRAN KAGURA non sono Musou semplicemente conoscendone il publisher?” — è presto detto: ciò di cui voglio parlarvi in questo articolo è l’insieme di caratteristiche univoche che distinguono un vero e proprio Musou da un gioco d’azione con un sistema di combattimento simile a un WARRIORS, che, se vogliamo, possiamo definire “Musou-like”.
Il nome
Musō, in giapponese, si traduce come “impareggiabile” o “senza rivali”. È il nome della macro-serie a cui appartengono DYNASTY WARRIORS (Shin Sangoku Musou), SAMURAI WARRIORS (Sengoku Musou), WARRIORS OROCHI (Musou Orochi) e i capitoli realizzati scegliendo il setting di serie animate o videogiochi di altre case produttrici: DYNASTY WARRIORS: Gundam (Gundam Musou), Fist of the North Star: Ken’s Rage (Hokuto Musou), ONE PIECE: Pirate Warriors (ONE PIECE: Kaizoku Musou), Hyrule Warriors (Zelda Musou) e altri ancora. In praticamente tutti i casi, all’interno del nome del gioco è presente la parola Musou (in Giappone) o Warriors (in occidente).
“Perché DYNASTY WARRIORS 9 in Giappone si chiama Shin Sangoku Musou 8?” — si chiederanno in molti. Semplicemente, quello che da noi si chiama DYNASTY WARRIORS 2 in Giappone ha segnato un nuovo inizio per la serie che, anziché chiamarsi Sangoku Musou 2, ha adottato l’appellativo di “Shin” (nuovo, vero). Per questa ragione, tutti i capitoli della saga usciti in occidente hanno una numerazione differente rispetto a quelli usciti in Giappone. Lo stesso Shin è stato adottato poi per il secondo Ken’s Rage (Shin Hokuto Musou) e per l’ultimo di Gundam (Shin Gundam Musou).
Le caratteristiche chiave
Dall’ormai lontano 2000 la serie dei Warriors ha introdotto via via nuove caratteristiche chiave che ne hanno affinato le meccaniche, pur mantenendone una serie di elementi cardine che vi andiamo ad elencare di seguito.
Uno contro mille — All’interno dei giochi del franchise Musou impersoniamo sempre uno o più personaggi dalla forza impareggiabile, se confrontata con quella dei soldati semplici con i quali ci scontriamo sul campo di battaglia. Tuttavia, dalla parte dei nemici c’è la superiorità numerica, che ci metterà nelle condizioni di sconfiggere decine e decine di avversari con un unico fendente.
Il contatore delle uccisioni — Uno degli elementi che contraddistinguono i giochi della saga è il contatore dei K.O. o delle uccisioni, che terrà conto di tutti i nemici abbattuti, siano essi semplici “grunt” che generali. In alcuni giochi, al raggiungimento di traguardi come i 1.000 avversari sconfitti, vengono elargiti dei bonus speciali.
Settori, presìdi, aree da conquistare — Ciò che erroneamente caratterizza i giochi della serie Musou è la componente action, tuttavia parte integrante dell’esperienza è l’aspetto strategico. La mappa nella quale si svolge ciascuna battaglia è suddivisa in aree, a loro volta suddivise in settori che possono essere conquistati da una delle due (o più) fazioni che si contendono la vittoria, genericamente contraddistinte dai colori rosso e blu (spesso anche giallo e verde, quando le fazioni diventano più di due). In linea generale, ciascun settore possiede una barra di energia che va azzerata sconfiggendo un certo numero di soldati; in alcuni casi i settori sono presidiati da mini-boss che, una volta abbattuti, permettono la conquista dell’area. Una volta conquistata, essa inizierà a produrre soldati della nostra fazione e si comporterà esattamente come quando era sotto la dominazione nemica.
Generali e cavalcature — Un altro degli elementi che caratterizza i Warriors è la presenza dei generali nemici (o alleati) e delle cavalcature. I primi, sono personaggi forti al pari del nostro alter-ego che compariranno all’interno delle mappe in determinati frangenti: una volta completati obiettivi specifici, una volta avanzati oltre un certo settore, oppure per ragioni di trama. Sconfiggere tali nemici non sarà sempre facile come abbattere soldati o capitani di presidio, ma fortunatamente verremo ricompensati con oggetti bonus una volta azzerata la loro energia: nuove armi, potenziamenti, oggetti consumabili e altro ancora. In alcuni giochi della saga, una volta sconfitti tali nemici, essi potrebbero unirsi al nostro esercito per il resto del gioco, oppure saranno semplicemente disponibili nelle modalità secondarie. Le cavalcature, invece, sono presenti principalmente in giochi come DYNASTY e SAMURAI WARRIORS e altro non sono che mezzi di trasporto che ci consentono di spostarci più rapidamente all’interno delle mappe. In alcuni giochi possono essere personalizzate ed equipaggiate con oggetti di potenziamento, per poi essere assegnate a ciascuno dei personaggi che decideremo di schierare in battaglia. Tali destrieri potranno essere richiamati tramite la pressione di uno dei tasti dorsali e in groppa saremo liberi di eseguire attacchi contro i nemici che si pareranno sul nostro cammino.
Obiettivi e condizioni — A differenza di molti giochi considerati erroneamente dei Musou, ma che sono in realtà semplicemente dei picchiaduro a scorrimento 3D, l’obiettivo all’interno di un gioco del franchise Warriors non è sempre quello di sconfiggere tutti i nemici presenti e avanzare all’interno della mappa. I giochi di Omega Force ci mettono di fronte a una serie di obiettivi, primari o secondari, che dovremo portare a termine per garantire il successo della missione; tuttavia, non tutti potranno essere portati a termine, spesso dovremo scegliere se privilegiarne uno a discapito di un altro, e ciò cambierà le sorti delle missioni, o addirittura dell’intera storia. Prima di avviare una missione è sempre opportuno gettare un occhio alle condizioni di vittoria o di sconfitta, che ci anticiperanno quali saranno le sorti della battaglia. Spesso dovremo proteggere un alleato fino alla fine, oppure dovremo farci strada tra l’esercito ostile fino alla disfatta del boss finale, oppure ancora dovremo conquistare tutte le aree. Tali condizioni potranno cambiare nel bel mezzo della battaglia per ragioni relative alla storia, oppure per degli obiettivi mancati o portati a termine. Se, ad esempio, non riusciremo a soccorrere una truppa alleata entro un certo lasso di tempo, dovremo adottare una diversa strategia per poter avanzare. Ancora, alcuni passaggi all’interno della mappa potranno essere sbloccati unicamente se porteremo a termine incarichi secondari nell’ambito della missione stessa.
L’attacco Musou — È questa tecnica speciale che dà il nome alla serie o viceversa? Non ci è dato saperlo: fatto sta che in ognuno dei titoli appartenenti al franchise è presente un attacco eseguibile generalmente col tasto cerchio (su PlayStation) dopo aver riempito uno o più degli appositi indicatori. L’attacco Musou scatena tutta la potenza del personaggio che controlliamo: una combo di colpi rapidissimi capace di culminare in un attacco a raggio più o meno ampio (a seconda del personaggio) in grado di fare piazza pulita dei soldati semplici che ci circondano e di ridurre drasticamente l’energia vitale di boss e generali. In molti dei titoli della saga, più indicatori Musou verranno riempiti prima del suo utilizzo, più potente e spettacolare sarà l’attacco in questione.
La colonna sonora
Uno dei marchi che contraddistinguono i giochi del franchise è la colonna sonora, assolutamente strumentale, che mischia sonorità rock a strumenti tradizionali giapponesi. Anche nel caso dei capitoli cross-over, come Gundam e Zelda, ci troviamo di fronte a riarrangiamenti in chiave “Warriors” dei brani della loro colonna sonora originale, anche se la presenza di strumenti come flauti, koto e così via, è meno preponderante o del tutto assente. Solitamente, nei titoli delle serie principali, sono presenti brani cantati che accompagnano i titoli di chiusura.
E tutti gli altri?
È ormai abitudine (tutta italiana) quella di classificare come “Musou” anche i titoli che nulla hanno a che fare con gli elementi descritti sopra, e soprattutto che non hanno nulla a che vedere con KOEI TECMO GAMES. Tra questi troviamo Sengoku BASARA, risposta di CAPCOM al rivale SAMURAI WARRIORS, più improntato sulla progressione all’interno della trama, il recente Fate/EXTELLA o l’immancabile SENRAN KAGURA. Quest’ultimo, in Giappone, definisce il proprio genere di appartenenza come “Bakunyu Hyper Battle” (iper-battaglia dei seni esplosivi, letteralmente) ma non possiede nessuno degli elementi strategici dei Warriors. In origine, su Nintendo 3DS, prevedeva unicamente uno scorrimento da sinistra verso destra (o viceversa), ma con l’arrivo sulle console Sony i developer hanno deciso di portare il tutto sulle tre dimensioni, ponendo l’inquadratura alle spalle dell’eroina controllata a facendo sembrare il gioco un DYNASTY WARRIORS — somiglianza ulteriormente accentuata dalla presenza di numerosi nemici sullo schermo (che, tuttavia, non arrivano al quantitativo di quelli dei titoli Omega Force) e di combo eseguibili in maniera lontanamente affine.
Esiste un’altra serie che non va erroneamente classificata sotto il franchise Musou, pur appartenendo all’etichetta KOEI TECMO GAMES ed essendo sviluppata da Omega Force. Parliamo di DRAGON QUEST HEROES, a tutti gli effetti un Action RPG realizzato in collaborazione con SQUARE ENIX. Pur adottando un sistema di combattimento simile a quello di un DYNASTY WARRIORS, DQH non ci mette di fronte a centinaia di nemici, non ci chiede di conquistare settori e possiede un gameplay più idealmente simile a quello di un KINGDOM HEARTS, se proprio vogliamo forzare un paragone. Nel secondo episodio, inoltre, è stata adottata una struttura quasi aperta, che lo rende ancora più simile a un gioco di ruolo piuttosto che a un picchiaduro a scorrimento tridimensionale.
In definitiva
Ciò di cui abbiamo parlato in questo articolo è semplicemente la classificazione di un genere, di una serie di titoli che, nonostante le aspre critiche (soprattutto nella penisola italica) va avanti da quasi due decenni. Tutto cambierà con l’arrivo di DYNASTY WARRIORS 9 il prossimo febbraio, che promette di cambiare le carte in tavola una volta per tutte, introducendo una serie di elementi finora inediti per i giochi di questa serie, che diverrà più simile a un open world come accaduto prima per Toukiden, serie di giochi del medesimo team di sviluppo. Sarà davvero così rivoluzionario come sembra? Non ci resta che attendere di provarne con mano la versione definitiva.