Settant’anni, se ci pensate sono una bella cifra vero? È il lasso di tempo che corrisponde a circa i tre quarti della vita di un essere umano, col cambio attuale coincide più o meno con il momento esatto in cui finalmente riesce ad andare in pensione. Settant’anni fa uscivano in sala film come I Sette Samurai di Kurosawa, che porterà indirettamente alla nascita del franchise di Star Wars e Fronte del Porto di Kazan, che porterà direttamente all’inizio effettivo della carriera di Marlon Brando. Qualche mese dopo il 27 novembre 1954, dall’altra parte del continente eurasiatico esce nelle sale nipponiche un certo film. Una pellicola nata di fatto con l’intento di seguire la scia del successo del cinema di Roger Corman e Ray Harryhausen ma che di fatto conteneva un messaggio chiarissimo, c’è una colossale Spada di Damocle che pende sul futuro della razza umana e per farvelo capire bene usiamo una metafora precisa, sotto forma di un rettile mutato gigante.
Siamo stati invitati da Nexo Digital all’anteprima esclusiva all’anteprima stampa di GODZILLA MINUS ONE, durante la quale abbiamo assistito alla proiezione di quella che possiamo confermare essere la “versione internazionale della pellicola” in arrivo nei prossimi giorni nei cinema italiani.
- Titolo originale: マイナスワン (Gojira Mainasu Wan)
- Titolo inglese: Godzilla Minus One
- Uscita giapponese: 3 novembre 2023
- Uscita italiana: 1 dicembre 2023
- Piattaforma: cinema
- Genere: Azione, Sci-Fi, Storico, Drammatico
- Durata: 125 minuti
- Studio di produzione: TOHO.co, LTD.
- Lingua: Giapponese con sottotitoli in Italiano
Abbiamo recensito Godzilla Minus One grazie a un invito all’anteprima stampa organizzata da Nexo Digital.
Godzilla esce nelle sale giapponesi, nove anni dopo la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki e due dopo la fine ufficiale dell’occupazione militare americana del Giappone. Sessantanove anni dopo per festeggiare l’anniversario tondo del franchise (settant’anni, qualcuno le chiamerebbe nozze di Titanio, appropriatissimo), TOHO decide di giocare d’anticipo e decide di affidare il compito a Takashi Yamazaki. I più lo avranno sicuramente conosciuto come Takashi Yamazaki, quello di Stand by me Doraemon (1 e 2), DRAGON QUEST: Your Story e Lupin III: The First. Cionostante ricordiamo a tutti che è anche e soprattutto Takashi Yamazaki, quello di Returner – Il futuro potrebbe essere storia, e delle trasposizioni cinematografiche prima di Eien no Zero/The Eternal Zero e dopo delle due di Kiseiju/Parasyte.
Piccola nota di contesto non da poco, considerando che non sarebbe stato semplice colmare il vuoto nel franchise cinematografico dopo il lavoro svolto da Hideaki Anno e Shinji Higuchi sette anni prima.
Per cui giustamente tutti si sono posti, sin dal primissimo annuncio del progetto, una e una sola domanda specifica: ci sono altri Kaiju ci riusciranno e ci sono riusciti?
Rapporti Nippo-Americani
Presentato in anteprima alla trentaseiesima edizione del Tokyo International Film Festival il primo novembre scorso e uscito nelle sale giapponesi pochi giorni dopo, approda finalmente in contemporanea mondiale (salvo eccezioni di rilievo) e grazie a Nexo Digital dall’1 al 6 dicembre in tutte le sale italiane. Erano circolate numerose teorie e voci riguardo la collocazione temporale del film e tutta una serie di altri fattori, per cui tutto ciò che leggerete da questo punto in poi sarà un confermare o smentire ciò che potreste aver letto, diciamo un debunking parziale e ovviamente potenzialmente ricco di spoiler se volete evitare ogni tipo di anticipazione sulla pellicola.
La cosa che ha sopreso di più, chi scrive nello specifico ma anche una fetta consistente di pubbico, non appena ci immergiamo nella trama del film è il constatare la sua ambientazione o meglio, la sua collocazione temporale. Il film, a differenza di tutta una sfilza di genesi di Godzilla, è ambientato del tutto fra il 1944 (le fasi finali della Guerra del Pacifico) e poco prima dell’inizio degli anni ’50 (per capirci Stalin è ancora in vita e non c’è ancora stata la guerra di Corea). Chi ha fatto le sue ricerche in merito capirà perfettamente perché abbiamo voluto tirare in ballo questo fattore. Infatti il primissimo film di Godzilla, l’adattamento cinematografico diretto da Ishiro Honda, veniva fatto ambientare lo stesso anno della sua uscita, il 1954. Questa scelta rendeva il film ambientato dopo il 28 aprile 1952, ossia l’anno della ratifica del Trattato di San Francisco. Tramite questo trattato il Giappone riacquistava la sua indipendenza effettiva, ponendo fine all’occupazione militare delle forze alleate e nella pratica permetteva al paese di dotarsi nuovamente di forze armate (con limiti, la storia dell’articolo 9 della Costituzione Giapponese ormai la sappiamo tutti). Effettuando questa scelta a monte, poi via via confermata nel corso della trama Yamazaki già inizia a mettere la pulce nell’orecchio allo spettatore, questo non sarà il vostro consueto film di Godzilla. La storia si apre con Koichi Shikishima, interpretato da un Ryunosuke Kamiki in stato di grazia. Probablmente lo ricorderete per la sua interpretazione di Seta nella pentalogia cinematografica di Rurouni Kenshin, o come un altro Koichi, quello dell’adattamento di Miike di Diamond is Unbreakable. Shikishima è un Tokkou cioè il termine vero e proprio con cui in Giappone chiamavano quelli che noi chiamiamo Kamikaze e il suo primo approccio con l’anatema della distruzione sotto scaglie avviene proprio durante la distruzione di una base aerea su isola dove si effettuavano riparazioni per i piloti suicidi.
Cicatrici sulla pelle e sulla Terra
Vedersi catapultati di fronte agli effetti della guerra sul corpo delle persone, non in maniera agiografica filo-nostalgica come ci si poteva aspettare ma facendo effettivamente vedere dettagli come la distruzione di Ginza ad opera dei bombardamenti aerei alleati come modo per trattare il tema del disturbo da stress post traumatico e di fatto il lato prettamente umano di chi era obbligato, sia gerarchicamente che moralmente da tutta la società, a dover fare la cosa giusta, morire per l’Idea mettendo sul piatto il fatto che alla fine tu non contavi assolutamente nulla. L’intero film analizza questa e altre tematiche in una maniera così organica e sorprendentemente attuale. Koichi si ritrova nel momento del “Giappone Anno Zero”, quasi tutti quelli che conosceva sono morti e così pure Noriko — interpretata anche lei magistralmente da Minabi Hanabe, che ricorderete per una sfilza non da poco di ruoli in trasposizione cinematografiche di manga, ma principalmente con quella del 2019, The Great War of Archimedes diretto sempre da Yamazaki. I due si incontrano sulle macerie di quello che era il loro mondo, soli, nelle condizioni di doversi prendere cura di un’altra orfana, Akiko, rimasta anche lei senza più nessuno al mondo. Conviveranno per anni in quello che è a tutti gli effetti un nucleo famigliare. I fantasmi del passato e il PTSD di Koichi sarà il vero mostro permanente di tutto il film, di cui Godzilla può essere considerato quasi un avatar e questa cosa gli impedirà di fare le scelte giuste se non nel momento più topico.
Ritorniamo quindi sull’importanza della collocazione temporale. Poco tempo dopo, verso metà del 1946, gli americani danno il via all’Operazione Crossroads (qui fra l’altro citata esplicitamente). Altri test nucleari nel pacifico, di fatto la vera genesi del Godzilla di Yamazaki che da quel momento inizierà la sua scia di distruzione. Inizierà così una corsa contro il tempo per cercare di fronteggiare la minaccia imminente, caratterizzata qui da un fattore importantissimo.
“Nessuno si assumerà la responsabilità.”
Il Giappone presentato nel film è esattamente come la controparte vera nello stesso periodo, ufficialmente non possiede forze armate vere e proprie, ovunque aleggiano rottami e residuati del vecchio Esercito Imperiale e a dover tenere il bandolo della matassa sono sempre le forze di occupazione alleate e l’ONU. Il film ti svela che a fronteggiare la minaccia di questo Godzilla è tutto personale civile (anche se ex-militare). Il punto è anche questo, Godzilla Minus One riesce a catapultarti costantemente in una perenne sensazione di impotenza nei confronti dell’inevitabile (il tutto accompagnato dalla colonna sonora di Naoki Sato) per una volta ponendola non nei termini di “umani quindi Stato” contro Godzilla bensì “umani quindi persone”. Per esplicità ammissione di Yamazaki lo sviluppo del film è stato profondamente influenzato dal periodo di lockdown globale e nello specifico dalla gestione della pandemia ad opera delle autorità giapponesi. L’intero film può essere interpretato anche come una pesantissima critica nei confronti di quelle autorità, critica che non risparmia nessuno seppur limitata nei limiti dei parallelismi metaforici.
È anche una scelta del regista il far sì che tutto il personale di questa operazione disperata (nome in codice Wadatsumi, niente da dire) sia composta da ex-membri della marina e non dell’esercito. Tolte analisi socio-politiche troppo lunghe da sintetizzare è principalmente un modo del regista per auto-omaggiarsi visti i suoi precedenti lavori (la sua trasposizione cinematografica del 2010 della Corazzata Yamato come appunto li altri due già citati Eternal Zero e The Great War of Archimedes). Questo è anche il motivo per mostrare costantemente mezzi militari facendone i veri co-protagonisti della pellicola. Navi e aerei mostrati non per esaltarli come armi da guerra ma come qualcosa da sfruttare fino all’ultimo pezzo per costruire un domani.
Gli inutili alla riscossa!
Il finale del film (con consueta scena post-titoli di Schroedinger) è una vera lettera d’amore alla vita. Per tutta la durata di Godzilla Minus One ci si chiede costantemente se lo spirito di sacrificio delle persone sia rimasto in fondo lo stesso quando invece nella parte finale si assiste allo stravolgimento completo e alla sua condanna più esplicita a quella mentalità. Il profondo messaggio antimilitarista e guerrafondaio costituisce il vero cuore di tutta questa storia, ciò che spinge il singolo a dare tutto se stesso per il bene di tutti e per un futuro migliore. La vera battaglia è quella che si combatte per vivere nel futuro, la tua guerra finisce solo nel momento in cui scegli di vivere. La frase con cui si conclude il film è forse uno dei momenti più emozionanti di tutto il 2023 cinematografico: “La tua guerra è finalmente finita?
A chi consigliamo Godzilla Minus One?
Se siete arrivati in fondo penso avrete capito l’antifona. Volevate un Monster Battle Movie? Monarch è su Apple+. Vi è piaciuto The Legend of Galactic Heroes per le uniformi e Harlock perché ha un teschio su una bandiera nera? Sapete già la risposta. Vi sono piaciuti film dove il messaggio era molto più importante della violenza fine a se stessa? Film come Big Man Japan, Gehara (2009) ma anche gli stessi Shin Godzilla e Shin Kamen Rider o, per dire, Novecento di Bertolucci, Porco Rosso o la filmografia completa di Shinya Tsukamoto? L’attesa è finita, il miglior film di Godzilla che speravate di vedere è qui, dall’ 1 al 6 dicembre in tutte le sale aderenti all’iniziativa.
- Ritmo, carica emotiva, cura nell’accuratezza storica eccezionale
- Godzilla rimane il monito vivente contro i crimini dell’umanità
- Non è un film di mazzate fra Kaiju
- La CGI a volte non è il massimo
- Non è un film di mazzate fra Kaiju
Godzilla Minus One
Il vero Re dei Mostri è la volonta di potenza
Oltre che essere stata una delle migliori storie antimilitariste degli ultimi dieci anni, Godzilla Minus One è l’ennesima dimostrazione che una IP può essere usata in tutti i modi possibili purchè l’esecuzione sia ineccepibile. Yamazaki scrivendo, dirigendo e curando direttamente gli effetti speciali del film ha fatto centro, regalando al mondo uno dei migliori film tokusatsu dell’anno e mandando un messaggio chiaro di rottura nei confronti della società, della storia e di chi sostanzialmente vorrebbe sempre e solo la stessa minestra riscaldata (atomicamente) ogni singola volta.