Cosa potrebbe rallegrare il rientro da queste ferie estive? Ma un film d’animazione ovvio! E tra l’11 e il 13 settembre arriva nei cinema italiani, con un evento speciale, proprio il titolo che potrebbe fare per voi: Il Castello Invisibile. Grazie a PLAION Pictures e Anime Factory abbiamo avuto infatti la possibilità di recensire in anteprima questa toccante storia contemporanea tratta dal bestseller di Mizuki Tsujimura (premio Naoki nel 2012), titolo che ha già visto un suo adattamento manga (da noi targato Dynit) e che ora, con il marchio A-1 Pictures, irrompe nel mondo dell’animazione. Sarà l’ennesimo successo? Scopritelo con la nostra recensione!
- Titolo originale: かがみの孤城 (Kagami no Kojou)
- Titolo inglese: Il Castello Invisibile
- Uscita giapponese: dicembre 2022
- Uscita italiana: 11 settembre 2023
- Genere: Slice of life, fantasy, psicologico, mistero
- Durata: 116 minuti circa
- Produzione: A-1 Pictures (Giappone)
- Sceneggiatura: Keiichi Hara, Takakazu Nagatomo
- Adattato da: libro di Mizuki Tsujimura
Abbiamo recensito Il Castello Invisibile grazie all’anteprima fornitaci da Anime Factory e PLAION.
Non è semplice andare a scuola
Dopo i minuti iniziali, che lasciano spazio all’immaginazione, lo spettatore viene subito accompagnato dalla regia verso il punto focale del plot, il delicato problema che affligge la protagonista e che sarà il filo conduttore di tutta la trama: il terrore di andare a scuola. Kokoro d’altronde è una ragazza che frequenta la prima media e che fatica a socializzare con i compagni di classe. Maltrattata ed emarginata da coloro che credeva amici, viene scossa a tal punto che inizia a saltare le lezioni, rintanandosi in casa. Ecco però la svolta: nello specchio della sua cameretta appare un passaggio che la collega a un mondo sconosciuto, dove si erge un castello solitario (“kagami no kojou” sarebbe letteralmente “vecchio castello dello specchio”) custodito da un guardiano con una maschera di un lupo. Ma la giovane non è la sola a essere stata invitata in questa fortezza. Kokoro incontra infatti altri sei ragazzi suoi coetanei, tutti con una storia difficile alle spalle, con i quali dovrà compiere una ricerca: trovare, entro una certa data, una chiave nascosta tra le ali dell’edificio, che permetterebbe a uno, e solamente a uno di questi sette studenti, di vedere realizzato un proprio desiderio… a discapito però di qualcos’altro. Tra regole speciali, limitazioni, pericoli, paure e preziosi attimi di convivialità, che permetteranno a questi ragazzi di conoscersi meglio, inizia così una paziente, ma sempre più accesa, ricerca del “tesoro”, una sfida maggiormente profonda e contorta di quanto possa inizialmente sembrare. Riusciranno questi studenti ad affrontare i loro problemi? E chi risolverà gli indizi che portano alla chiave? Potrete scoprirlo solamente seguendo fino in fondo questa toccante fiaba moderna.
Tra favola e realtà
La prima cosa che salta all’occhio di questo film sono sicuramente i riferimenti alle varie favole che hanno fatto impalcatura alla costruzione del castello “invisibile”. Come tante opere del genere basa infatti molta della sua attrattività su un mix di atmosfere magiche e di avvenimenti che nascono dalla vita comune. Tanto per citare degli esempi famosi, gli stessi classici dello Studio Ghibli (come La città incantata, Il castello errante di Howl o I sospiri del mio cuore) sono ispirati o tratti da libri/manga similari, che incantano con della sana fantasia e attingono da miti e favole più o meno tradizionali ciò che gli serve. In questo specifico caso, oltre ai riferimenti a Cappuccetto rosso e ad Alice nel paese delle meraviglie, la struttura ossea della creatura di Keiichi Hara viene creata da una fiaba dei fratelli Grimm: Il lupo e i sette caprettini. Un racconto che non è tra i più noti (anche se forse conoscerete il finale) e che per tale motivo non influisce sull’effetto sorpresa dato dal susseguirsi degli eventi. Questa breve fiaba fornisce infatti parecchi indizi relativi all’ambientazione, a partire dal mistero delle X fino a ciò che potrebbe capitare ai personaggi che ci sono stati presentati.
Un intreccio davvero piacevole, reinterpretato con diversi collegamenti che rendono il passaggio tra la realtà e questo mondo fatato ancor più affascinante: tutto sembra amalgamarsi con la naturalezza con la quale si mischia il latte nel caffè. Si percepisce però come questo possa accadere solamente nel rifugio e unicamente per la tipologia degli attori presenti, a partire dall’inquetante (e al contempo delicato) “lupacchiotto rosso” che istruisce i nuovi arrivati. La reazione di Kokoro al primo arrivo su quest’isola, distante da quelle degli ormai abusati isekai (nei quali non ci si pone alcun problema in termini di assurdità), la dice lunga su quanto reali siano le emozioni trattate.
Non ci si può nascondere davanti a uno specchio
Tra amicizie e confidenze ecco quindi l’incalzante pressione esercitata dalla problematica del bullismo, fenomeno particolarmente complesso, ma piuttosto comune in Giappone. Così come ciascuno degli ospiti del castello attraversa uno specchio di forma diversa, che solo lui può “ingaggiare”, anche le difficoltà scolastiche assumono differenti sfaccettature: chi per amore, chi per il carattere, chi per un lutto, chi ancora per il modo di parlare o per le abitudini, ciascuno di loro finisce per isolarsi, con un trauma che non riesce ad affrontare da solo. Davvero pregevole in tal senso è l’importanza che viene data al lavoro degli insegnanti e alla comprensione dei genitori, nonché all’aiuto da parte dei coetanei: nonostante l’opera viva di fantasia, vediamo finalmente una serie di provvedimenti fatti umanamente, nel modo corretto, e non i soliti siparietti tragici frutto di fraintendimenti, incomprensioni o situazioni assurde (come una madre che non pensa al bene di sua figlia).
Di certo non è l’unico titolo che affronta questo tema delicato (Wonder Egg Priority e A Silent Voice lo hanno già fatto, a tratti anche in modo migliore), ma la semplicità con cui la narrazione mostra “cos’è il bullismo e come difendersi” all’interno di una favola, rende tutto più comprensibile e certamente apprezzabile da un ampio pubblico. Dulcis in fundo troviamo un’importante lezione di fondo, che non rimane ancorata esclusivamente al contesto scolastico: i desideri non si avverano dal nulla, per magia, ma grazie all’aiuto degli altri e all’impegno personale; non a caso è proprio Kokoro (che in giapponese significa appunto “cuore” o “sentimento”) il personaggio trainante, quello che riesce a capire cosa hanno passato i compagni d’avventura e che lotta per dare una svolta alla sua stessa vita chiedendo una mano. Non sarà nulla di facile, perché cattiveria e male ostacolano sempre il cammino dell’eroe, ma è proprio grazie a questa lenta consapevolezza del mondo reale, fatto anche di cadute, che questa pellicola riesce a trasmettere un messaggio tanto potente.
Il tempo non torna indietro
La gestione temporale della sceneggiatura è al contempo uno dei punti forti e di quelli deboli dell’opera. Che serva tempo per connettere gli ingranaggi di questi orologio è chiaro sin dai primi minuti: un assaggio della vita di Kokoro, con la ragazza che le imbuca i compiti ogni giorno; il ritrovo pomeridiano al castello (sempre nella stessa fascia oraria) tra i giochi organizzati alla luce del caminetto; le conversazioni su quello che accade a scuola davanti a una tazza di buon tè; il lupo che passa ogni tanto a ricordargli che c’è una ricerca da fare, che quasi appare poco importante in quegli attimi; ogni cosa sembra sussurrare la necessità di assaporare quei momenti. Le stesse supposizioni sulla causa di quel fenomeno sono assaggi di una quotidianità dalla quale questi studenti si sono allontanati, ma che ricercano ancora.
Se l’inizio va a rilento (la prima mezz’ora sembra un’eternità), come in molte opere introspettive e ricche di collegamenti temporali (vedasi Fireworks o La ragazza che saltava nel tempo) tutto diventa più incessante ed emotivo man mano che la storia si avvicina alla sua conclusione, con il tempo scandito da mesi che passano sempre più velocemente e le regole di orario (come a lezione, potremmo dire) che si fanno più importanti. Le scene finali, che molto mi hanno ricordato l’intrinseca violenza del Nulla di La Storia Fantastica, accescono ulteriormente la forza del messaggio inserito tra le righe, aggiungendo consapevolezza nello spettatore: il tempo non è infinito e non si può riavere indietro, per questo è importante costruire solide esperienze, e ciò vale in particolar modo nel periodo scolastico.
Note in Crescendo
Keiichi Hara, regista di anime del calibro di Colorful o del meno apprezzato The Wanderland, ha dimostrato di saper gestire situazioni con mondi fantastici e intrise di mistero. Fascino e curiosità non mancano, gli avvenimenti sono ben bilanciati, e la trama scorre piacevolmente verso il climax. Sembra però che manchi una vero spartito per le note di questi carillon: forse le troppe informazioni faticano a stare assieme, ma il fatto che non ci sia un vero protagonista, e che tutti abbiano un loro ruolo da Cappuccetto Rosso da recitare, collide con i tempi narrativi: Kokoro non sarà l’unica a giocare una parte fondamentale (anzi, non è nemmeno la più incisiva) e questo aspetto non completamente sfruttato rimane un pregio solo a metà. Se la regia è stata mediamente buona, una nota di merito va anche allo studio A-1 Pictures. Già in altre opere recenti, come Lycoris Recoil o Kaguya-sama, abbiamo potuto constatare la cura della casa d’animazione per le ambientazioni, i personaggi, e le sensazioni trasmesse.
Anche qua troviamo ammirevoli sfondi (si dice per merito di Takashi Nakamura), volti delicati, figure essenziali, ma curate, contrasti onirici di luci e colori, e una CGI a supporto nella maggior parte dei casi leggera e per niente fastidiosa, eccezion fatta per alcuni problemi di prospettiva e scene in stile videogioco. Questione a parte per la colonna sonora, uno degli elementi più piacevoli del film. Nei minuti iniziali, dove abbondano le scene riflessive e tanti vuoti musicali tra i dialoghi, questi sono sempre accompagnati da un qualche suono, che siano passi, respiri o il cinguettio degli uccellini. Quando poi la fantasia irrompe sullo schermo, anche la musica prende il sopravvento, tra violini, pianoforte e orchestra in generale, che esaltano ogni azione, finale compreso. Un’accompagnamento ottimo per i tranquilli momenti conviviali, ma ancor meglio per quelle scene di cattiveria pura, ansia e disagio, che colpiscono dritte al cuore.
A chi consigliamo Il Castello Invisibile?
Il Castello Invisibile è un’opera che per i temi trattati potrebbe non essere per tutti, ma invece, proprio per le modalità con le quali li affronta, sa rivolgersi ad un pubblico più ampio possibile, non solo scolastico, ma anche adulto. D’altronde la domanda che viene posta all’inizio “Voi non avete nessun desiderio?” potrebbe rivolgersi a ciascuno di noi. Lo consigliamo a chi sa apprezzare i titoli riflessivi, delicati, misteriosi, che sanno colpire i sentimenti un pezzo del puzzle dopo l’altro, sino al grande disegno finale; potrebbe quindi essere un buon intrattenimento per chi apprezza gli slice of life e per chi è già allenato ad affrontare anime psicologici con molti momenti introspettivi. Se invece cercate un titolo dinamico e di azione, probabilmente quest’anime non fa per voi.
- Sviluppo narrativo entusiasmante
- Il messaggio di fondo viene trasmesso in modo incantevole
- Cura per i dettagli grafici e musicali
- Inizio a rilento
- Una CGI a tratti fastidiosa
Il Castello Invisibile
Socializzare con la fantasia
Il Castello Invisibile dimostra di essere l’ennesimo buon film targato Keiichi Hara. Non perfetto, ma comunque uno di quei titoli che sanno sorprendere dopo un inizio non molto brillante. Questa caccia al tesoro a cavallo tra fiaba e psicologia ha in verità alcuni cliché tipici del genere, e fatica a ingranare, ma proseguendo raccoglie gli abbondanti frutti di ciò che ha seminato oculatamente, e lo fa con intrecci inaspettati: oscillando tra tematiche classiche (lo specchio) e moderne (il bullismo) il film di A-1 Pictures vi mostrerà un interessante spaccato della società, che profuma di ricordi, quando i problemi erano altri, più semplici, ma non per questo di facile soluzione. La difficoltà di trasporre un libro simile, fatto di misteri, indagini, discussioni e pensieri, si percepisce, ma la regia (con il supporto di ambientazioni e colonna sonora) riesce a incuriosire quanto basta: un fiume di sentimenti contrastanti, inizialmente placido, riflessivo, che poi si agita verso valle, sino a rompere gli argini con un’ondata di emozioni nella scena finale, trascinata dai ricordi di tutto il gruppo. Tra tristezza, speranza, gioia e risposte agrodolci ai propri desideri, rimane encomiabile il messaggio di fondo: un invito alla vita scolastica nelle sue varie sfaccettature, trasmesso con la piacevolezza di una favola dei giorni nostri.