Non avevo ancora detto la mia sul ritorno di PSM

Il prossimo ottobre tornerà nelle edicole PSM, una nuova edizione con la redazione storica di 25 anni fa. Ecco cosa ne penso.

PSM

Forse molti non lo sanno, ma Akiba Gamers (e prima ancora Gundam Wing Zero / Gundam Core) è nato proprio perché ero un assiduo consumatore di riviste cartacee principalmente a tema videoludico, su tutti PSM e PSMania 2.0, che ho seguito fino alla generazione PS2 — ovvero fino a quando non ho messo piede su internet e ho coltivato la possibilità di passare dall’altro lato della barricata.

All’epoca i siti sui videogiochi erano pochi e le riviste andavano ancora per la maggiore, e ho avuto modo di cominciare a “lavorare” dedicandomi ad anime e manga, con la creazione di siti tematici, contenuti testuali ed extra per diversi siti devoti alle serie più disparate (da Berserk a Gundam, da Saint Seiya a Ranma, da Lei, l’arma finale a Keroro Gunso). In cuor mio tutto ciò che ho realizzato l’ho fatto ispirandomi proprio a PSM, all’esperienza e all’ironia dei redattori, al modo in cui recensivano i giochi (ci tenevo ad avere il voto in base 5 proprio per omaggiarli), dall’idea della mascotte (che adottai per Gundam Core) a quella delle “smart bomb”, antenate di quelli divenuti noti in rete come meme.

E non penso di essere il solo: la mia generazione è figlia di PSM e del suo splendido operato nell’epoca PSX, e non ho potuto che gioire alla notizia che parte della redazione originale sarà protagonista di questa rinnovata edizione, di avere la consapevolezza che ci sarà ancora qualcuno che batterà duro sulla carbonara e prenderà in giro Luca Carta.

Tuttavia, l’idea di “riprendersi il territorio” ormai in mano alle nuove generazioni che loro stessi hanno ispirato e plasmato più di vent’anni fa suona quasi come una pugnalata alle spalle, specie con quella provocazione delle “recensioni oneste” che arrivano a mesi dall’uscita dei giochi quando ormai chiunque ha già digerito e metabolizzato il titolo in questione e l’opinione pubblica si è consolidata. “Oneste” perché, poi, cosa c’è da insinuare? I publisher non pagano le recensioni, a stento ti mandano un codice review in tempi utili per parlarne in prossimità o subito dopo l’uscita. Ma lo so, è stato scritto solo per attirare l’attenzione, per provocare e far parlare di sé. E l’obiettivo è stato centrato in pieno. Li perdono.

Personalmente mi piace sperare che questo nuovo PSM ruoti principalmente attorno alla nostalgia e all’autoreferenzialità, che parli di vecchi titoli dimenticati o che metta a confronto, ad esempio, i Resident Evil della prima PlayStation con i rispettivi remake, per capire se sono riusciti a trasmettere le stesse sensazioni di allora, incentrando sul confronto e su aneddoti più ricercati la già annunciata retrospettiva, nel modo in cui solo chi ha lavorato nel settore tanti anni fa potrebbe raccontare. O che parli invece di quali titoli delle passate generazioni di PlayStation siano invecchiati meglio di altri, di quali invece meriterebbero un rifacimento o di tutte le operazioni revival finite male, per un motivo o per un altro. Magari con una rubrica dedicata al mercato del collezionismo con una classifica dei classici PSX più costosi e difficili da reperire, o di tutte quelle cose che all’epoca del vecchio PSM si potevano solo sognare e che col tempo sono diventate realtà: dalla grafica che non si distingue più dalla CGI alle due console portatili di Sony, dalla possibilità di giocare con gente di tutto il mondo da casa propria, all’ancora acerba realtà virtuale. Discutere di tutto ciò che PSM aveva previsto vent’anni fa e che con gli anni è divenuto storia: ricordo ancora il fumetto di Chibi-chan che giocava con un controller wireless simile al DualShock 4, che per allora era qualcosa di impensabile e avveniristico.

Perché, poi, non coinvolgere la generazione cresciuta con PSM, secondo me il target principale di questa nuova edizione? Ogni numero potrebbe ospitare una penna proveniente dalle testate digitali, che possa dire la sua riguardo un argomento su cui è particolarmente ferrato. Oppure la redazione potrebbe instaurare un dibattito con colleghi di un media differente dal proprio (redattori web, content creator, streamer), che possa mettere a confronto il passato e il futuro dell’editoria e del gaming. Perché non pescare dalla storia di PSM per raccontare ai lettori come funzionavano allora le cose e come sono cambiate al giorno d’oggi? Di com’erano una volta eventi come E3 e Tokyo Game Show rispetto a oggi, di com’è cambiata PlayStation rispetto a venticinque anni fa, di quali cose sentiamo la mancanza e di quali invece siamo estremamente contenti?

Non vorrei che PSM si ponesse anacronisticamente come un’alternativa all’informazione sul web, piuttosto come un omaggio a tutti quelli che con questa rivista ci sono cresciuti, che hanno creduto davvero che il lavoro di redattore per una rivista di videogiochi fosse il più bello del mondo, a costo di portarlo avanti come un hobby più che come un lavoro vero e proprio. Se la “vecchia guardia” ha ancora qualcosa da insegnare alle “nuove leve” può ancora dimostrarlo senza fargli la guerra, ma regalandogli volumi senza tempo da custodire in libreria accanto alle care vecchie Bibbie dei Codici.

Sono queste le mie speranze per il ritorno del magazine sulla benedetta carta stampata, un media che contenutisticamente dovrebbe prendere ispirazione più da libri e saggi che dalle moderne e “istantanee” controparti sul web. Poi va bene, spendiamo ‘sti dieci euro, basta che ci siano gli adesivi e il poster, come i bei vecchi tempi. Chissà che il ritorno di PSM non ci riservi davvero qualche bella sorpresa. Se volete saperne di più, vi rimando al sito di Sprea.

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.

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