Cullata dalle note synthwave del compositore Ujico, TASOMACHI: Behind the Twilight è una piccola avventura creata da nocras, pseudonimo usato da uno dei designer originali di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Sarà riuscito questo contenuto titolo indipendente a farci rivivere alcune delle suggestioni del capolavoro Nintendo? Andiamo a vederlo in questa recensione per la versione PlayStation 4, uscita circa un anno dopo la versione originaria arrivata su PC, perdendo per la strada la versione Xbox One.
- Titolo: TASOMACHI: Behind the Twilight
- Piattaforma: Nintendo Switch, PlayStation 4, PC / Steam, GOG
- Versione analizzata: PlayStation 4 (EU)
- Genere: Avventura, platformer
- Giocatori: 1
- Publisher: PLAYISM
- Sviluppatore: Orbital Express
- Lingua: Inglese (testi), Giapponese (doppiaggio)
- Data di uscita: 28 aprile 2022
- Disponibilità: digital delivery
- DLC: colonna sonora digitale
- Note: il gioco è uscito su PC ad aprile 2021
Abbiamo recensito TASOMACHI: Behind the Twilight con un codice Playstation 4 fornitoci gratuitamente da PLAYISM.
Il viaggio in Oriente
Nel corso del suo viaggio verso To-en, Yukumo, protagonista silente del gioco, rimane invischiata con la propria aeronave in una fitta nebbia maligna. L’imbarcazione subisce dei danni, costringendo la ragazza a fermarsi presso una misteriosa città dell’Estremo Oriente. Qua apprenderà da Kogara, della tribù Nezu (creature simili a dei roditori antropomorfi), che l’unico modo per dissipare la nebbia che tiene nella sua morsa l’intera città è fare visita ai santuari degli alberi sacri e recuperare le numerose “Sources of Earth” sparse per il mondo di gioco.
TASOMACHI: Behind the Twilight è costruito infatti intorno a due meccaniche principali: la raccolta di collezionabili nascosti nelle mappe che compongono la città e il superamento delle fasi platform racchiuse nei santuari. Pur senza presentare particolari guizzi di originalità, queste due componenti funzionano quanto basta, ma, se dovessimo eleggere fra le due quella che ha saputo intrattenerci di più, complice una sgradevole sensazione di scivolosità dei movimenti nelle fasi platform, punteremmo indubbiamente il dito sulla raccolta dei collezionabili, sicuramente più riuscita.
Collect-a-thon
Esplorare la città senza nome dell’Estremo Oriente è infatti, nonostante il tasso di sfida inesistente, tutto sommato piacevole. È proprio nel level design delle mappe che si nota l’impronta stilistica di un grande professionista, che è riuscito ad assemblare un mondo enigmatico, impreziosito da meravigliosi panorami, effetti di luce, e architetture da sogno. Ogni vicolo stuzzica la curiosità del giocatore, spronandolo a crearsi la propria storia, nel tentativo di conoscere un mondo sfuggente, tanto affascinante quanto flebile ed incoerente.
La raccolta delle Sources of Earth, salvo per qualche enigma più stratificato (questi saranno presenti soprattutto nell’ultima fase dell’avventura, quando avremmo ‘sanificato’ la città), non offre da sola un passatempo particolarmente stimolante, ma la bellezza delle mappe, unita alla necessità di memorizzarne i layout per orientarsi, rende il titolo sufficientemente coinvolgente per tutte le quattro o cinque ore necessarie per completarlo.
Nel corso dell’avventura sbloccheremo inoltre nuove abilità che ci permetteranno di raggiungere aree e collezionabili prima inaccessibili, facendoci tollerare maggiormente le dimensioni contenute dei livelli: non si tratta certamente di aggiunte rivoluzionarie, ma riescono perlomeno a dare all’esperienza un senso di progressione. Tali abilità verranno inoltre messe alle prova nelle sfide dei santuari, sezioni platform piuttosto grezze e dalla difficoltà altalenante, che occasionalmente richiederanno più di un tentativo per essere completate.
Tra Romanticismo e Cubismo
Dal punto di vista tecnico, il gioco ci ha stupiti per la sua fluidità nelle fasi esplorative, rimanendo sopra i 30 FPS anche negli ambienti più aperti e “impegnativi” per la console Sony, anche sul modello non Pro.
Nonostante una direzione artistica ispirata e un’illuminazione suggestiva, la resa complessiva è però sporcata da modelli poligonali spigolosi e texture prive di dettagli. In questo senso, il mondo di TASOMACHI funziona molto meglio se osservato con una certa dose di ‘presbiopia’, trascurando il ‘micro’ in favore del ‘macro’, che meglio si presta ad essere celebrato nella modalità foto, disponibile immediatamente tramite la pressione di un pulsante e che ci permetterà di realizzare suggestivi screenshot nel mondo di gioco.
Un sogno non realizzato appieno
Purtroppo, al di là dei difetti del gameplay e della realizzazione tecnica, i problemi di TASOMACHI sono da cercarsi anche altrove, nei menu appena abbozzati, nelle interazioni fini a sé stesse, nelle semplici schermate nere che sostituiscono le scene d’intermezzo, e in una cornice narrativa appena abbozzata, non priva di lacune persino nella sua estrema semplicità.
La sensazione che abbiamo provato lungo il corso di tutta l’avventura è stata quella di trovarci davanti a un prodotto incompleto che, in una certa fase del suo sviluppo, avrebbe ambito ad essere molto di più di ciò che ci siamo ritrovati per le mani. La quiete di alcune aree è veramente assordante e neanche la bellissima (ma forse un po’ sprecata) colonna sonora di Ujico riesce a rimediare. Lo sforzo immaginifico richiesto al giocatore è davvero eccessivo, soprattutto quando il gioco ripaga tale sforzo con un pugno di mosche, pezzi di lore raffazzonati, enigmi troppo semplici, e troppa ripetitività per un titolo così limitato e breve.
A chi consigliamo TASOMACHI: Behind the Twilight?
Nonostante abbia alle spalle un nome importante, allo stato dei fatti ci risulta difficile consigliare l’acquisto di TASOMACHI: Behind the Twilight. L’opera di nocras si presenta infatti come un’esperienza incompleta, sospesa tra il gameplay sbarazzino di Gravity Rush e l’introspezione delle opere di Fumito Ueda, senza però riuscire a replicare né il carattere dell’uno né la grandezza degli altri.
- Un mondo misterioso e ben costruito
- Ottima colonna sonora
- Pochi contenuti
- La sensazione di trovarsi di fronte a un titolo non finito
TASOMACHI: Behind the Twilight
Un viaggio incompleto
Quasi più una demo che un gioco finito, TASOMACHI: Behind the Twilight si fa latore del grande talento del suo autore, il cui spessore artistico non osiamo assolutamente mettere in discussione. Tolta la ripetitività dei santuari, la bellezza di alcuni scorci lascia a bocca aperta, specialmente quando, una volta riparata l’aeronave, si torna finalmente a solcare i cieli. Il potenziale c’è e si intravede in ogni passaggio, in ogni riflesso, e nell’inusuale ma stupefacente accompagnamento musicale. Purtroppo però la caccia al collezionabile sembra più un ripiego che una scelta di game design motivata da ragioni creative. Appoggiamo il pad con la triste sensazione che il gioco di nocras avrebbe potuto essere molto di più, ma che sia stato compromesso da tempistiche troppo strette o da un budget troppo risicato. È con dispiacere quindi che assegnamo a TASOMACHI un voto basso, nella speranza però che il suo autore continui il percorso intrapreso, portandoci in futuro in altri luoghi misteriosi, possibilmente più degni di essere scoperti.