È una domanda che ci siamo posti tutti nella vita, probabilmente senza trovare alcuna risposta: “Perché viviamo?”. Un interrogativo che ci lascia attoniti, sbigottiti: nulla sembra avere davvero un significato. Ed è proprio a partire da questo spunto che il fumettista giapponese Haro Aso ha elaborato e sviluppato la trama di Alice in Borderland, manga con il quale intende “provare a riflettere in modo sincero” in merito al senso della vita, come da lui stesso affermato. Una storia cruda, spietata, distopica, che riesce però a incarnare paure tangibili, per evadere dalla realtà, forse immergendosi in essa.
Volare lontano verso un luogo sconosciuto, quante volte avete sognato di poterlo fare? C’è chi la chiama sindrome di Peter Pan, chi la definirebbe liberazione da una quotidianità insignificante e deleteria, che altro non fa se non opprimere i più deboli, gli sconfitti. Il liceale Ryohei Arisu, lo sa bene, è uno di quelli che la società chiama “falliti”, uno di coloro che non ce l’hanno fatta. Gli esami, i falsi sorrisi, un mondo frenetico che avanza imperturbabile, poi quel senso di vaga ansia che permea il futuro; sono tutti problemi enormi, se non altro per i più giovani. Così, una notte, Arisu, dopo aver bevuto con i suoi amici Chota e Karube, si incammina con loro tra le rotaie di Tokyo, dalle quali assistono ai fuochi d’artificio. Un’esplosione è però più forte e luminosa delle altre, ed ecco che i tre perdono i sensi: si risvegliano in una città ricoperta di polvere, molto tempo potrebbe essere passato, un mondo pericoloso, nel quale è permesso restare solo a costo di rischiare la vita, pena la morte.
- Titolo originale: Imawa no kuni no Arisu
- Titolo italiano: Alice in Borderland
- Uscita giapponese: 2010
- Uscita italiana: 2 marzo 2022
- Numero di volumi: 9
- Casa editrice: J-POP
- Genere: azione, drammatico, psicologico, fantastico, survival horror
- Disegni: Haro Aso
- Storia: Haro Aso
- Formato: 12.5 x 18, b/n, sovraccoperta
- Numero di pagine: 348
Abbiamo recensito Alice in Borderland tramite volume stampa fornitoci da J-POP Manga.
“Falliti” a chi?
Varcate agilmente le soglie di una Tokyo polverosa e deserta, la narrazione di Alice in Borderland assume una fisionomia semplice e ben delineata: quella dei death game. Per poter continuare a vivere, i giocatori di “Borderland” saranno quindi costretti a gareggiare in sfide potenzialmente fatali, insidiose e le cui soluzioni sono tutto fuorché scontate. I vantaggi di questa struttura, certamente congeniale al genere, sono evidenti, poiché i game permettono di mostrare molteplici sfaccettature del carattere dei personaggi, sebbene, qualora tale espediente si protraesse troppo a lungo o con sfide poco brillanti, l’atmosfera correrebbe il rischio di appiattirsi, perdendo tensione e pathos.
Colonne portanti di questi giochi sul filo tra la vita e la morte sono, ovviamente, i tre protagonisti e amici Arisu, Karube e Chota, la cui caratterizzazione si sviluppa a partire da tre modelli completamente differenti. Ryohei Arisu, voce narrante e cuore pulsante dell’opera, è uno studente non brillante e che gode di scarsa autostima, condizione aggravata dall’eccellente andamento scolastico del fratello e dal relativo atteggiamento di superiorità. Arisu ha però un asso nella manica: uno spirito di osservazione fuori dal comune, grazie al quale riuscirà più volte insperatamente a salvarsi. Cavallo di battaglia diametralmente opposto è invece quello di Daikichi Karube, il quale gode di un’ottima forza fisica, nonché di una grande determinazione, che gli permettono di apparire come un faro per uno sconsolato Arisu. Karube, non certo esente da debolezza, è indipendente e coraggioso, qualità che purtroppo non si possono attribuire a Chota Segawa. Quest’ultimo è infatti senza dubbio il più infantile, e letterariamente meno riuscito, del gruppo, una banda che risulta comunque bilanciata e che non tarderà ad accogliere nuovi elementi.
Stile diretto, parole sincere
Alice in Borderland è un manga chiaro e diretto, forte di un tratto tagliente, volti espressivi e un’azione imperante. Per quanto il titolo sembri suggerire delle analogie con il celeberrimo romanzo di Lewis Carrol, i parallelismi che intercorrono tra le due opere non sono profondi e si limitano a somiglianze in nomi, Arisu ad esempio è la trasposizione giapponese del nome Alice, eventi, come l’arrivo in un nuovo mondo, e nel world-building dei due universi fantastici, all’interno dei quali ricoprono un ruolo di prim’ordine le carte da gioco a semi francesi.
Come Alice, caduta vertiginosamente nella tana del Bianconiglio, con forte slancio Arisu e compagni giungono a “Borderland”. Alla speranza iniziale segue una cocente delusione, eppure mai si percepisce la presenza di tempi morti. Ogni azione, ogni riflessione, risulta frutto di uno studio ben calcolato, palesato da un ritmo frenetico e movimentato; non è forse un caso che proprio nelle scene d’azione l’autore dia il meglio di sé, conferendo dinamismo e non dimenticando la sfera sonora, valorizzata per mezzo di un utilizzo magistrale delle onomatopee. Il suono di una raffica di frecce diviene così parte stessa della rappresentazione e accompagna i dardi anche a livello visivo, trasferendo alle tavole anche un valore sinestetico. La qualità del disegno è ottima, con particolare attenzione mostrata verso le espressioni umane, spesso quasi caricaturali, che hanno il merito di enfatizzare le emozioni provate dai personaggi e ricordare al lettore che, almeno lui, può tirare un sospiro di amaro sollievo: se i game mortali sono infatti frutto di finzione, altrettanto non si può dire in merito ai disagi giovanili, al senso di angoscia e allo smarrimento che permeano le psiche dei protagonisti, situazioni nelle quali non è difficile immedesimarsi.
Da Flashbook a J-POP
Correva infatti l’anno 2012 quando l’editore bolognese Flashbook Edizioni portò in Italia per la prima volta la disavventura di Arisu, avvalendosi di un’edizione snella e fedele al formato originale per un totale di 18 volumi, ma fu solo nel 2020 che l’opera riuscì a farsi definitivamente notare dal grande pubblico, merito dell’apprezzatissimo adattamento come serie TV in live action distribuito da Netflix (per cui è stata da poco ufficializzata una seconda stagione).
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La riedizione di J-POP riduce i volumi a 9, corposi e solidi, dal prezzo di 12 euro ciascuno, a cui ne seguirà un decimo inedito nel Bel Paese, il sequel Alice in Borderland Retry. La qualità della carta è notevole, così come quella della rilegatura, che permette di sfogliare le pagine senza temere di rovinarle. Graditissima risulta la scelta di stampare in seconda e terza di copertina due commenti dell’autore, pubblicati rispettivamente nel secondo e primo volume dell’edizione giapponese, che forniscono una fondamentale chiave interpretativa fondamentale per la comprensione dell’opera stessa. Uno shonen cupo e maturo, non di facile lettura, capace di appassionare e sconcertare il lettore. Se cercate una storia per riflettere e siete amanti del pericolo, tra morti sanguinose e vittorie sul filo di lana, questo è il manga che fa per voi.
Tinte fosche, sangue e disillusioni
Alice in Borderland è una storia cruda, un mosaico di immagini violente e senza censure, attraverso il quale gridano di dolore le voci degli sconfitti, dei “falliti”. Il tratto dell’autore è chiaro e distintivo, per nulla realistico ed anzi apertamente caricaturale, perché ad essere reali non sono le vicende narrate, bensì le riflessioni suggerite ed i temi trattati. Il manga di Haro Aso è quindi un’opera di denuncia, specie se contestualizzata in una società iper-competitiva quale quella giapponese, che non per questo sacrifica una narrazione avvincente. Dopo il primo capitolo introduttivo si aprirà dinnanzi ai nostri occhi una vera e propria “Borderland”, una terra di confine tra la vita e la morte, certamente non adatta ai deboli di cuore, ricolma di giochi mai banali e sadicamente intriganti.
Un survival horror acuto e profondo