Back Street Girls: Gokudolls – Recensione della serie animata

Tre temibili yakuza si trasformano in adorabili idol in Back Street Girls: Gokudolls, la serie animata tratta dal manga di Jasmine Gyuh. La nostra recensione!

Back Street Girls: Gokudolls

È risaputo, far ridere non è un mestiere semplice e non è nemmeno una cosa da tutti. Non è solo l’arte del saper rubare un sorriso all’interlocutore con barzellette o aneddoti divertenti, è l’abilità di creare un contesto preciso in cui si è in grado, attraverso carisma e una sorta di involontaria astuzia, di far leva su emozioni e pensieri di una persona di cui non si sa assolutamente nulla, con lo scopo di farla divertire. E il problema del saper far ridere è proprio questo. Quando ci si trova davanti a persone di cui non si sa nulla, una totalmente diversa dall’altra, con caratteri differenti e sense of humour più o meno presenti, non è affatto semplice catturare l’interesse di tutti.

Di fronte ad un muro del genere, nel mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, nel corso degli anni se ne son viste di tutti i colori, ma chissà perché lo stratagemma più gettonato è sempre quello di attingere ad una faretra di infinite banalità e volgarità che al grande pubblico sembrano piacere tanto; e questo noi lo sappiamo molto bene, perché che ci piaccia o no veniamo dal Paese che ha dato i natali alla nefasta progenie dei cinepanettoni. Ed è proprio nella comicità da film di Natale che avevo paura di incappare quando ho iniziato a guardare Back Street Girls – Gokudolls.

L’anime, tratto dal seinen manga scritto e disegnato da Jasmine Gyuh, è l’ennesimo prodotto dell’ormai instancabile fucina Netflix che negli ultimi tempi sembra più attiva che mai sul fronte animazione nipponica; e anche se in diversi casi quantità e qualità non si sono sempre dimostrate le due facce della stessa medaglia, bisogna dire che con questo Back Street Girls, questa volta Netflix ha avuto complessivamente buon occhio. Questa serie tratta delle disavventure di tre yakuza che, dopo aver deluso il loro capofamiglia, si vedono costretti a scegliere tra pagare l’errore con la propria vita oppure cambiare sesso e diventare un gruppo di idol.

Ovviamente, basta leggere il titolo della serie per capire quale sia stata la loro scelta. Al contrario di quello che sembra suggerire Netflix con il suo trailer, cioè che i tre dovranno recarsi in Thailandia per intraprendere la propria carriera, la serie è interamente ambientata in Giappone, dove la cultura idol fa da padrona, e la Thailandia invece verrà citata solamente quando si parlerà di operazioni di chirurgia estetica. Ed è con l’operazione di cambio del sesso che ha inizio l’anime; al contrario di quanto lo spettatore si potrebbe aspettare, il tema del radicale cambio di aspetto fisico dei protagonisti viene raramente affrontato in maniera esaustiva. Al contrario, ci si concentra quasi esclusivamente sull’incapacità dei tre di abbandonare il loro vecchio stile di vita, e sarà quasi sempre questo punto la causa delle loro disavventure e l’input comico della serie. Stile di vita, quello dello yakuza, che è totalmente opposto a quello delle idol: i pestaggi lasciano posto ai meet & greet, e goffe interviste alla radio e show promozionali rimpiazzano estorsioni e ricatti. Ed è proprio il come vengono affrontate queste vicende che rende questo Back Street Girls tutto sommato una serie godibile, al contrario di quelle che erano le premesse.

Back Street Girls: Gokudolls

L’idea di fondo infatti è abbastanza originale in sé e per sé, ma il sopracitato fantasma dei cinepanettone incombe minaccioso sui primissimi episodi, dove la serie infatti si fa strada goffamente, con un comicità debole e scontata nella parte in cui viene impostata la trama principale. Fortunatamente il tutto diventa più convincente a mano a mano che si prosegue, dato che l’assurdità delle vicissitudini e di come vengono affrontate va a pari passo con uno humour più elaborato, sempre volgare (molto volgare), ma meno prevedibile e con splashate di quel sano non-sense capace di spiazzare e confondere piacevolmente se usato saggiamente e con moderazione, cosa che in fin dei conti viene fatta.

Per quanto riguarda i disegni, non sono il punto forte della serie ma, nonostante il tratto appaia spesso sbrigativo e non troppo curato, non risulterà fastidioso all’occhio delle spettatore, ad eccezione di alcuni dettagli come le orecchie dei personaggi, che a volte vengono frettolosamente rappresentate con una manciata di linee distratte. Se i disegni a volte possono sembrare non così curati, non si può di certo dire lo stesso delle musiche, e in particolare di tutti i brani che i tre malcapitati si ritrovano a cantare; le canzoni delle tre neo-idol, oltre che suonare orecchiabili, sono spesso in grado di strappare un sorriso, dato che i testi che si trovano ad interpretare, scritti dal loro Padrino/Manager, sono un mix bizzarro di amore pop, caratteristica propriamente idol, e espressioni violente e minacciose tipiche del burbero capofamiglia.

Infine, quello che invece potrebbe essere un difetto per qualsiasi altro anime, per Back Street Girls si presenta come un punto di forza: il fatto che la serie non sviluppa più di tanto una trama; la suddivisione in sotto-capitoli di ogni puntata, cioè, fa sì che si comprenda il susseguirsi degli eventi come dei micro-episodi senza troppe pretese, che hanno il solo scopo di divertire, senza andare ad imbastire una storia intricata che a conti fatti risulterebbe non necessaria. L’anime infatti non presenta spunti di riflessione, antagonisti in grado realmente di capovolgere il corso degli eventi o forti colpi di scena, ma perché nel contesto generale andrebbero a rendere inutilmente impegnata una storia che di impegnato non ha e non deve avere nulla, dato che la sua missione principale si presenta ancora una volta come quella di divertire e far ridere e in fin dei conti, anche se un po’ zoppicando, ci riesce.

Lo yakuza perde il pelo ma non il vizio

Back Street Girls – Gokudolls tutto sommato è in grado di fare il suo sporco lavoro, fa passare del tempo in maniera complessivamente piacevole e divertente senza affaticare lo spettatore. Per quanto riguarda i disegni non sono assolutamente un punto di forza della serie ma la cosa passa in secondo piano dato che ci troviamo di fronte ad un lavoro che non punta più di tanto su quello, anche se delle orecchie così brutte non le ho mai viste neanche negli incontri di MMA. Nel complesso è una serie che consiglio caldamente a chi abbia voglia di rilassarsi, magari per staccare dallo studio o da una giornata di lavoro pesante, dato che è in grado di fare compagnia senza richiedere troppa attenzione.

Per chi cerca qualcosa di leggero

Estimatore di tutto ciò che è strano e bizzarro, trova profonda soddisfazione nel guardare compilation di pubblicità giapponesi. Passa il tempo libero tra libri che non finirà mai e giochi FromSoftware che sarebbe ora appendesse al chiodo.

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