A volte un “Sumimasen” non basta

Con questo episodio si chiude il viaggio in Giappone di questo 2024, senza non poche disavventure e figure di merda. Arrivederci, Tokyo!

Odio il sistema postale giapponese, ma mai quanto quello italiano

È passato un bel po’ di tempo dall’ultima puntata del Diario di viaggio, per questo voglio scusarmi. Le cose da fare sono tante e il tempo a disposizione è sempre meno, dannata età adulta. Ma torniamo a noi: eravamo rimasti all’ultimo giorno “utile” del nostro soggiorno a Tokyo, dato che l’indomani saremmo dovuti partire alla volta di Haneda per prendere il volo che ci avrebbe portati a casa.

Per l’ultima giornata in Giappone abbiamo deciso di dividere il gruppo, in modo che ognuno passasse le ultime ventiquattro ore nel posto che più gli aggradava, e in questo caso avere più di un Ninja WiFi a nostra disposizione è stato decisamente indispensabile. C’è Luca che ha deciso di dirigersi da solo verso Kamakura, Mastro è rimasto a Ikebukuro assieme a Kurama, ma quest’ultimo non stava molto bene e ha deciso di riposare in appartamento. Personalmente, avrei voluto fare un giro a Odaiba e Akihabara per gli ultimi acquisti e Sciascillo era propenso a venire con me. Tuttavia, c’era un grosso, grossissimo problema da risolvere prima di uscire di casa.

Ninja WiFi

Dalla sera prima e per mezza mattinata ho sistemato quanto più possibile gli acquisti all’interno delle valigie e dopo che il PG Unicorn ne ha riempita mezza da solo erano davvero troppi i GUNPLA rimasti ancora senza una dimora sicura che li avrebbe custoditi fino in Italia: più di una dozzina di scatole. Le alternative erano due: acquistare una valigia come avevano fatto Kurama e Mastro il giorno prima, oppure spedire tutto quanto e levarsi il pensiero. Tuttavia, di fronte al costo imposto da ITA per imbarcare una valigia il giorno della partenza, non mi restavano scelte: trecento euro erano davvero troppi.

Io e Sciasci abbiamo quindi cercato l’ufficio postale più vicino e lì, purtroppo, ci abbiamo passato tutto il resto della mattinata, fino all’ora di pranzo.

Alcuni dei GUNPLA da spedire.

Alcuni dei GUNPLA da spedire.

Credetemi, è stato abbastanza traumatico e dispendioso. Rispetto a dieci anni fa il sistema postale è diventato ancora più complicato e ho dovuto seguire una procedura abbastanza fastidiosa perché ho dovuto dichiarare ogni singolo kit all’interno del pacco, per poi sentirmi dire dall’impiegata che avrei dovuto rifare tutto da capo per dividere il contenuto in due scatole diverse, non ce ne erano di abbastanza grandi da contenere tutti i kit. Come se non bastasse ho dovuto poi ripetere il processo più e più volte perché la gentile signora (che ovviamente parlava solo giapponese) si dimenticava ogni volta di dirmi cosa dovevo fare: inserire il nome di ciascun prodotto sul tablet, poi anche il relativo valore. Per questo motivo abbiamo perso così tanto tempo, e più di una volta ho pensato di gettare la spugna e cercare un’altra soluzione.

Morale della favola: ho speso una vagonata di soldi e ho perso una mattinata, probabilmente più di spedizioni che di kit in sé. Cercate di non ritrovarvi mai a dover spedire i vostri acquisti in Italia.

Anche perché una volta arrivati — mentre già mi ritrovavo in una situazione tutt’altro che piacevole — BaSS ha dovuto ritirare i pacchi e pagare ben 75 euro di dogana. Come se non bastasse, una volta tornato a casa ho tristemente scoperto che quasi tutti i kit erano irrimediabilmente rovinati dall’acqua, che in qualche modo era entrata all’interno delle scatole dall’apertura che i gentili signori della dogana italiana avevano procurato ai pacchi.

Ma mettiamo da parte lo sconfinato odio per poste e dogana italiane e torniamo con la mente al nostro viaggio in Giappone. Sciasci ha continuato a percularmi per tutto il tempo e dopo aver lasciato l’ufficio postale abbiamo deciso di farci un giro al benedetto Sunshine City di Ikebukuro per fare una visita al Pokémon Center con annessa pasticceria e a vari altri negozi del centro commerciale, per poi pranzare con un curry non eccessivamente buono, peggiore di quello mangiato nei giorni precedenti e persino di quello che è possibile cucinare in Italia con gli appositi dadi.

Katsu curry

Abbiamo preso per la prima e ultima volta l’Ikebus per la stazione — un autobus piccolo piccolo e tutto rosso con gli effetti sonori di Super Mario quando inserisci le monete per fare il biglietto — e abbiamo deciso di passare il resto della giornata ad Akihabara. Dopo che Sciasci ha perso circa una mezz’ora a cercare di capire perché la Suica fosse rimasta bloccata nel distributore* ho fatto un giro rapidissimo allo store di Tamashii Nations per recuperare qualcosa che mi ero lasciato indietro il primo giorno, per poi proseguire nell’esplorazione delle vie del quartiere che non avevamo ancora visto quest’anno.

*In sostanza, Sciasci ha lanciato dentro la macchinetta tutti gli spiccioli che aveva per liberarsene prima del ritorno in Italia, compresa una moneta commemorativa del Pokémon Center che ha bloccato l’intero sistema ferroviario giapponese, e che ha costretto un impiegato umano a uscire da un buco grande trenta centimetri per scusarsi di qualcosa che non aveva di certo fatto lui e restituirgli tutte le monete inserite, compresa quella di Pokémon.

Akihabara

Dato che ormai i soldi a mia disposizione erano quasi terminati, ho dato un ultimo sguardo al Gundam Shop non ufficiale per imprimerlo nella mia memoria e ho accompagnato Sciasci nella sua “retro hunt”, alla ricerca di console e giochi d’altri tempi.

Il resto della giornata ad Akiba l’abbiamo passata facendo un nuovo giro al Radio Kaikan, dove ho comprato un paio nuovo di zecca di tronchesine GodHand e dove Sciasci ha recuperato una bellissima PSP Go bianca. Abbiamo proseguito l’esplorazione trovando un benedetto Hard Off e un Surugaya dove ha potuto recuperare un po’ di tecnologia junk e dove ho dato un’occhiata (e basta) a qualche altro GUNPLA, e finito il giro di negozi ci siamo diretti verso casa a depositare tutto e riposarci un attimo.

Tornando a Ikebukuro, però, abbiamo preso la triste decisione di entrare nel Donki vicino alla stazione per prendere qualche souvenir da portare in Italia ma soprattutto una vagonata di snack da portare a BaSS per il consueto video sul canale YouTube. C’era tanta, tantissima gente, così tanta che i sumimasen volavano come shuriken. E in questo preciso istante si è consumato uno dei momenti più tragicomici dell’intera vacanza. Mi separo da Sciascillo per un istante e lui, per raggiungermi, cerca attraversare un corridoio, bloccato da una ragazza intenta a scegliere non si sa cosa dagli scaffali. “Sumimasen…” — esordisce Sciasci. “Sumimasen.” ripete. Ma niente, la ragazza non si spostava. “Sumimasen!” per la terza e ultima volta, invano. “E LEVATI, CAZZO!!” esclama spazientito. Al che la ragazza, nonostante i tratti asiatici, si gira verso Sciascillo e gli fa dispiaciuta: “SCUSA, SCUSA!” in perfetto italiano. Inutile dire che ho riso e l’ho preso per il culo fino a ieri per questa gigantesca figura di merda, ma è stato uno dei momenti più divertenti dell’intero viaggio.

L’ultima serata tutti insieme abbiamo deciso di andare a mangiare nel locale più lercio e losco che ci sarebbe capitato a tiro, trovando un posto dall’aspetto che più trasandato non si poteva, dove facevano un’ottima okonomiyaki. Abbiamo salito delle scale per entrare, per poi scendere nuovamente in una sorta di piano interrato, con le pareti che avevano un colore poco rassicurante e dove i presenti (tutti molto ubriachi) potevano fumare liberamente, per la gioia di alcuni di noi. Non sapendo come preparare l’onokomiyaki, uno dei camerieri si è offerto di mostrarcelo preparando uno dei nostri piatti. Il nostro ricordo più atroce di questo viaggio risale proprio a questo momento: mentre impastava le verdure nella ciotola, un pezzo di insalata e salse non meglio identificato è volato sul pavimento in tatami. Il cameriere ci ha guardati per un istante, per poi raccoglierlo e rimetterlo nella ciotola e proseguire come se nulla fosse, sorridendo pure. A nulla è servito il nostro coro di “NOOOO!!!” nel bieco tentativo di impedirglielo.

Persona 3 Reload da Wendy's

Dato che per alcuni di noi (Mastro) l’okonomiyaki era “troppo salutare” abbiamo cercato un posto dove servivano cibo adatto anche ai bambini, e la catena di hamburger Wendy’s faceva proprio al caso nostro, vista anche la collaborazione con Persona 3 Reload e relativi gadget. Il trauma causato da Koromaru alla Tokyo Tower però era ancora tremendamente fresco e non tutti ce la siamo sentiti di ordinare qualcosa.

L’indomani, il giorno della partenza, ci siamo diretti pieni di valigie verso la stazione per arrivare in aeroporto. Anche qui ho avuto modo di proseguire con gli acquisti, dato che ormai non avrei dovuto schiaffarli nei bagagli: per questo motivo mi sono portato a casa altri due model kit di Gundam pagati ancora meno per via del duty free aeroportuale, nonché i peluche esclusivi di Pikachu al dannato distributore che si trova solo a Haneda, che abbiamo beccato per il rotto della cuffia prima che l’aereo partisse.

Negozio di GUNPLA all'aeroporto di Haneda

Un uomo che sa sempre dove trovare nuovi GUNPLA.

Con un doppio velo di tristezza e con una stanchezza indicibile siamo tornati in Italia. Anche per quest’anno la magia è finita, ma stiamo già pensando al prossimo viaggio, che potrebbe avvenire ancora prima di quanto possiate immaginare.

Ringrazio tutti quelli che hanno seguito le nostre disavventure e hanno aspettato fino a questo momento per leggerne la conclusione. Sappiate che abbiamo in programma anche la pubblicazione di una serie di video sul nostro canale, non appena qualcuno di mia conoscenza si ricorderà di finire di montare gli episodi. Ma prima o poi arriveranno e saranno molto divertenti.

TCL Tab 11

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.

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