Party Panty è un gioco che parla di ragazze e mutandine. Nei panni della giovane Yurika, vedrete la vostra vita cambiare di punto in bianco quando un paio di mutande parlanti entrerà in contatto con voi.
La ragazza, messo da parte lo stupore iniziale, scoprirà di essere stata scelta da Baka Panty perché in lei ha riconosciuto le potenzialità del Guerriero dell’Amore, un eroe in grado di trasformarsi in un paio di slip e combattere il male. Un po’ controvoglia e senza farsi troppe domande, Yurika decide di votarsi alla causa, così da fermare l’avanzata del malefico Panzi, che sta plagiando la razza umana trasformandola a sua volta in soffice biancheria.
Un potenziale gioco da falegname penserete voi. In realtà no, e i vostri sogni si infrangeranno non appena leggerete il vistoso avviso nella pagina dell’eShop di Nintendo Switch, che vi avverte che non sono presenti contenuti hentai ma solamente tanto divertimento e stupide mutandine. Purtroppo però Party Panty mente, ma su questo ci arriveremo tra poco.
- Titolo: Panty Party
- Piattaforma: Nintendo Switch
- Versione analizzata: Nintendo Switch (EU)
- Genere: Brawler, Third-Person Shooter
- Giocatori: 1-4 (locale)
- Software house: COSEN
- Sviluppatore: HorngYeuan Digital
- Lingua: Inglese (testi), Giapponese (doppiaggio)
- Data di uscita: 26 aprile 2018
- Disponibilità: retail, digital delivery
- DLC: nessuno
- Note: versione retail disponibile in quantità limitata
Libera e felice come una farfalla
La storia di Panty Party è semplice e ironica, e si articola nel corso di venti brevi capitoli che vi vedranno fronteggiare letali “orde” di mutande e conoscere singolari personaggi che si uniranno alla vostra causa. L’eliminazione dell’elemento hentai da un prodotto così particolare presuppone che gli sviluppatori abbiano deciso di puntare tutto sulla comicità, così come promesso nell’avviso dell’eShop. Certo non ci aspettavamo chissà quale intreccio da Oscar, ma nemmeno un piattume così diffuso, che fatica ad intrattenere e soprattutto divertire. Se la modalità Storia (completabile nel giro di qualche ora) non vi soddisfa, potremo dedicarci a quella Arcade, che rivede gli eventi della campagna principale riproponendoli con uno sviluppo a scelta multipla, scremandone però dalla struttura ogni riferimento narrativo e allungando di poco la minestra.
Intimissimi: The Game
Ma non è questo aspetto a pesare sull’economia di gioco e, come vedremo, molte delle criticità di Panty Party le troviamo nel suo gameplay, che si propone come un action in terza persona, un miscuglio a metà strada fra un beat’em up 3D e uno shooter. In ogni capitolo della storia dovremo prima affrontare l’esercito di mutande di Panzi che tenteranno il tutto per tutto per fermarci, per poi dedicarci al boss dello stage. Dalla nostra però avremo diverse abilità, una volta preso il controllo del personaggio scelto, che ci consentiranno di decimare le file nemiche. A partire proprio da Yurika, uno dei più bilanciati all’interno del titolo.
Yurika potrà fare affidamento su una mossa corpo a corpo capace di proiettarsi contro l’avversario e sferrare una semplice combo in grado di stordirlo. Sempre attingendo alle nostre abilità sarà possibile sparare dei raggi laser, oppure attaccare dalla distanza e persino ricorrere a un boomerang. Comuni a tutto il roster di personaggi invece troveremo alcune skill condivise, come un’utile schivata laterale o un salto che ci permetterà di fluttuare e volteggiare per qualche secondo nell’area di gioco. Ci sarà poi una barra da caricare chiamata Passion che, se attivata, potenzierà il nostro combattente per alcuni istanti migliorandone la difesa e amplificando l’effetto di alcune mosse. Le tecniche cambiano da personaggio a personaggio: alcuni sono incentrati più sul combattimento ravvicinato mentre altri su quello a distanza, e potranno essere sbloccati portando a termine alcune condizioni durante le missioni.
Per come è imbastito il gameplay però sarà proprio la prima tipologia a mostrare un bilanciamento del tutto sbagliato proprio sugli scontri corpo a corpo, facendoci preferire un approccio a distanza su tutta la linea. Come dicevamo prima è questo aspetto che mostra tutti i limiti e i difetti di un progetto decisamente low cost. Le battaglie non hanno una logica vera e propria, e ci troveremo a combattere senza una minima strategia, semplicemente cercando di tenerci lontani dai nemici, scagliandoli addosso tutto il nostro arsenale. A sostegno della nostra “accusa” troviamo una IA incapace di offrire una reale sfida, sebbene di tanto in tanto, specie nelle fasi finali, ci siano degli improvvisi picchi di difficoltà dettati più dal caos e dalla casualità dello scontro che da altro. Anche la risposta dei controlli è approssimativa, con un sistema di mira (affiancato da un lock-on non sempre utile e reattivo) che necessiterebbe di una revisione totale per la scarsa precisione offerta.
La festa delle feste
Ed è un peccato perché sarebbe bastato veramente poco, e una maggior cura del gameplay, per offrire un titolo tutto sommato godibile nonostante gli evidenti difetti di fondo. Sono infatti troppi i problemi che affliggono Panty Party, tra cui un comparto tecnico che sembra un revival upscalato dell’era PlayStation. Le ambientazioni, una decina, sono piccole arene che ritraggono alcuni scorci tipicamente giapponesi: un campo sportivo di una scuola, l’incrocio pedonale di un centro commerciale, una stazione ferroviaria e così via. Sorvolando sulle dimensioni, che possiamo attribuire alla natura “arcade” del titolo, quello che lascia interdetti è l’aspetto tecnico. Ogni area è anonima, con una modellazione poligonale che ricalca proprio quella dell’era 32 bit, così come texture e animazioni soffrono per la poca cura ricevuta nella loro realizzazione.
Aggiungeteci poi che, nonostante il modesto comparto tecnico, il gioco fatica pure a girare decentemente, con un motore grafico che collassa su se stesso in più di un’occasione anche nei momenti meno affollati, facendo calare drasticamente il frame rate. Insomma, da questo punto di vista, ci troviamo di fronte ad un titolo completamente inadeguato. È presente l’audio in lingua giapponese, mentre i testi a video sono tradotti in diverse lingue, ad esclusione dell’italiano. Ma non fatevene un problema, dato che i dialoghi che affronterete sono proposti in un inglese scolastico veramente basilare. Un po’ meglio sul fronte delle musiche che nel complesso, pur non lasciando il segno come il resto del gioco, risultano quantomeno orecchiabili.
L’unica nota positiva, che potrebbe convincervi a concedervi un’occasione per provare Panty Party nel caso siate otaku incalliti e le mutandine siano la vostra unica ragione di vita, risiede nel prezzo di lancio. Poco meno di 15 euro sullo store digitale di Nintendo Switch, un prezzo destinato sicuramente a calare durante uno dei numerosi sconti proposti sulla console Nintendo nel tempo. Nonostante non brilli, come sicuramente avrete capito leggendo fin qua, Panty Party offre anche un multiplayer locale fino a quattro giocatori. Una modalità che non passa sopra ai suoi limiti e difetti, ma che se presa con cognizione di causa potrà riuscire a divertire per qualche partita. Ovviamente non regge il confronto con party game nati con quello scopo, ma visti gli argomenti trattati all’interno del titolo, trovarsi a battagliare con quattro mutande armate fino ai denti può avere il suo perché.
A chi consigliamo Panty Party?
Viste le tematiche che ruotano intorno all’intimo femminile consigliamo Panty Party a tutti gli otaku irriducibili che non possono fare a meno di provare tutte le esperienze giapponesi, anche quelle meno affascinanti. Visti i numerosi difetti evidenziati in recensione il nostro consiglio spassionato è quello di andarci con i piedi di piombo per non rimanerne scottati, magari rimandando l’acquisto al primo calo di prezzo.
- Il multiplayer è l’attività più divertente
- Il prezzo di lancio
- Si parla di mutandine…
- …Ma non è così divertente come sembra
- Tecnicamente datato
- Controlli non sempre precisi
Panty Party
Era meglio darsi all’hentai
Sapevamo che Panty Party non sarebbe stato un capolavoro dell’industria videoludica, ma speravamo di trovare un titolo che, nonostante tutti i limiti di una produzione low budget, riuscisse ad intrattenere, quantomeno sotto il profilo narrativo. Non solo ci troviamo di fronte a un gioco dagli evidenti problemi tecnici e da un gameplay che nel 2019 è più datato che mai, ma anche la storia non diverte come avrebbe dovuto fare. E visto l’argomento di fondo le possibilità c’erano tutte, nonostante la scelta precisa degli sviluppatori di non invadere il terreno “sacro” dell’hentai. Gli unici punti a favore di PAN PAN sono il prezzo, pronto a calare drasticamente nei prossimi saldi e una modalità multigiocatore, l’ancora di salvezza in un mare pieno di problemi.