La maschera di Innsmouth – Recensione

Abbiamo recensito il cofanetto de La Maschera di Innsmouth, opera di H.P. Lovecraft adattata in manga da Gou Tanabe ed edita da J-POP

La maschera di Innsmouth – Recensione

Chi scrive è un grande affezionato dell’H.P. Lovecraft letterario. La penna che, attraverso un orrore fatto di sensazioni, follie e folklore è riuscito a dipingere un’intera mitologia dell’indefinito. Un pantheon di misteriosi esseri inconcepibili, di masse senzienti provenienti da spazi lontanissimi, di realtà che anche solo se sfiorate potrebbero fare impazzire l’uomo più retto della terra. La grande capacità di Lovecraft sta nel contrasto tra il dettaglio delle descrizioni, dei luoghi e del folklore che aleggia intorno a culti esoterici e una letterale incapacità di descrivere l’oggetto di quei culti stessi, le entità che si muovono nel buio da secoli. Perché Lovecraft aveva capito meglio di tutti (forse solo Edgar Allan Poe prima di lui) quanto la mente sia spaventata da quella zona d’ombra del vedo/non vedo, in cui le forme si confondono col buio, i suoni ovattati e sembrano provenire da altri spazi e il grottesco diventa un canone per la rapprsetazione delle forme e delle anatomie.

Questo i giapponesi lo hanno compreso benissimo, molti mangaka prima di Gou Tanabe (come Umezz e Junji Ito) avevano già dato prova di avere compreso a pieno la lezione lovecraftiana: le loro storie giocano con elementi corporali disgustosi associati a un elemento aggiuntivo che resta sempre indefinito e mobile, spesso legato alla follia, a qualcosa che non può essere raccontato. E così si comprende come il narrare d’orrore sia un narrare pieno di buchi e di mancanze. Mancanze volute e ben architettate. Con La Maschera di Innsmouth (ultimo di una serie ormai iconica di adattamenti lovecraftiani) ci troviamo davanti ad un perfetto ritratto moderno del racconto di Lovecraft, fedele nella narrazione e ottimamente adattato da un punto di vista grafico. Gou Tanabe, maestro dei contrasti e dei chiaroscuri, riesce davvero a dare vita a quelle forme indefinite e a quegli orrori che popolano l’immaginario orrorifico mondiale. La sua operazione di adattamento è prova di un grande studio e dedizione, un progetto ambizioso che ha tentato di portare i racconti classici del maestro di Providence sulle pagine di un fumetto. Un’operazione non tanto originale (di Lovecraft sui fumetti se ne è parlato e anche troppo) quanto ben realizzata, evocativa e incredibilmente spaventosa.

La maschera di Innsmouth - Recensione

  • Titolo originale: Inusumausu no Kage インスマウスの影
  • Titolo italiano: La Maschera di Innsmouth
  • Uscita giapponese: 1 settembre 2010
  • Uscita italiana: 14 settembre 2022
  • Numero di volumi: 2
  • Casa editrice: J-POP Manga
  • Genere: horror folkloristico, horror cosmico
  • Disegni: Gou Tanabe
  • Storia: Howard Philip Lovecraft
  • Formato: Brossurato con sovraccoperta
  • Numero di pagine: 430

Abbiamo recensito La maschera di Innsmouth tramite PDF stampa fornitoci da J-POP Manga.

Innsmouth, la città proibita

La storia narra di un giovane che sta compiendo un viaggio nella Providence corrotta e oscura. Il suo intento è quello di raggiungere Arkham per studiare il suo albero genealogico, comprendere le sue origini, un viaggio alla scoperta delle proprie radici. Prima di arrivare ad Arkham dovrà infatti fare tappa a Innsmouth, una misteriosa città portuale in rovina che conobbe grande ricchezza decenni prima e il cui crollo inesorabile avvenne nella più totale ombra.

La cittadina è famosa per la peculiare fisionomia dei suoi abitanti, la maschera di Innsmouth per l’appunto, una malattia degenerativa che rende la pelle degli uomini e i tratti simili a quelle dei pesci. A Innsmouth inoltre aleggia un misterioso culto esoterico di cui tutti sembrano avere paura, un culto che sembra avere come oggetto di culto uno scoglio posto al largo della cittadina portuale: lo scoglio del diavolo, un luogo misterioso che nasconde qualcosa di estremamente diabolico.

La maschera di Innsmouth - Recensione

La curiosità del nostro protagonista lo porterà ben presto a ficcare il naso nei segreti della cittadina. Fin dai primi momenti fa il suo incontro con Zadok Allen, un vecchio ubriacone che si aggira per la città e racconta infatti particolari aberranti su quel culto, tra i deliri dell’alcool farfuglia cose terrificanti a proposito degli abitanti mostruosi di quella città e sostiene che lo scoglio del diavolo sia una porta che conduce agli inferi.

Le dicerie, i racconti incompleti, quello che si nasconde nei vicoli bui della città, tutti elementi che vanno ad avvelenare il raziocinio del protagonista, un bagno di follia che lo condurrà a scoprire segreti terribili e fatti terrificanti di cui un normale essere umano non dovrebbe essere testimone.

Un orrore aberrante, corporeo e indicibile

Tutto l’impianto orrorifico del racconto si basa sulle dicerie, sui racconti folkloristici e sull’indefinitezza dell’orale che muta di forma di bocca in bocca. Questo contribuisce ad alimentare il mistero, gli elementi disturbanti fuoriescono come fiumi in piena ma non ci sono mai le parole giuste per definirli, le stesse persone che sono state testimoni di quei fatti sono impazzite o sono totalmente all’oscuro. L’indefinito prende piede, diventa il protagonista del racconto, assieme a un orrore corporale legato al sangue, alla genetica e allo sviluppo ereditario di una malattia che sembra davvero trasformare gli uomini nel corpo e nella mente.

Altro tema fondamentale è rappresentato dalla follia, una follia intesa come ombra della ragione, una follia che è in realtà conoscenza, o meglio, è una naturale reazione alle verità insondabili dell’universo e delle leggi che governano il cosmo. Chi conosce di più non è avvantaggiato, ha solo compiuto qualche passo avanti nella strada che lo conduce alla scelleratezza. Per questo la verità resta celata nell’ombra, perché la verità è di chi solo sa cedere la propria ragione al caos.

L’orrore che ne emerge è un orrore corporeo, associato al disgusto, un orrore informe che fonda le sue radici nel buio, negli abissi marini, un orrore che contagia le sensazioni donando al fiuto, alla vista e all’udito la capacità di percepire altre presenze, altri colori, altri suoni.

Come rappresentare l’irrappresentabile

Arrivati a questo punto vi chiederete giustamente come Gou Tanabe sia stato capace di rappresentare questo indefinito che trasporta la narrazione? Il talento enorme di Tanabe ha trovato infatti delle soluzioni che, esattamente come la prosa di Lovecraft, alternano pagine dal dettaglio manieristico a tavole che giocano magistralmente con il nero, il buio e l’oscurità che instaura un gioco di vedo non vedo estremamente evocativo.

Le ambientazioni sono opprimenti, il lezzo e il marciume di Innsmouth emerge tramite splash page che raffigurano una cittadina che sembra essere stata consumata lentamente da un virus che intacca anche la materia inorganica. Le ambientazioni assumono un fascino immobile, antico e marcio nell’essenza.

La maschera di Innsmouth - Recensione

Gli stessi abitanti della città sembrano essere rappresentati privi di movimento, con una fisionomia semplice ma evocativa: sguardi fissi e spalancati diretti verso gli occhi dei lettori. Alcuni primi piani ti scavano dentro per poi lasciarti un vuoto incolmabile. Lo stesso vale per i gioielli di Innsmouth, uno degli elementi cardine dell’intera storia, il design di quei feticci è estremamente curato nel dettaglio, un barocco grottesco da fare accapponare la pelle.

La stessa narrazione visiva è iper efficace, il paneling regolare si apre e prende forza grazie a una quantità notevole di splash page e raffigurazioni opprimenti, ben sceneggiate e incalzanti. Una narrazione visiva totalmente in linea con uno degli scrittori meno dialogici di tutti i tempi. I racconti di Lovecraft sono infatti famosi per la quasi totale assenza di dialoghi.

L’adattamento italiano

Lovecraft è uno scrittore difficile, il suo vocabolario forbito preso dalla letteratura ottocentesca, la sua prosa estremamente dettagliata e la sua ossessione per i particolari sono un elemento che rende difficoltoso l’adattamento fumettistico. La storia però, piena di caption che ripercorre le vicende attraverso una narrazione esterna e la quasi totale assenza di dialoghi (specialmente nel secondo volume) non è affatto appesantita. La storia procede chiara e ben ritmata, le caption sono ben calibrate e non risultano quasi mai pesanti e il visivo accompagna dolcemente le parole del protagonista nel suo viaggio verso la follia più totale.

Ne emerge un prodotto ad alto livello di leggibilità, scorrevole e decisamente piacevole, senza però rinunciare a un registro linguistico di un certo livello, a una narrazione estremamente dettagliata e a una capacità introspettiva che permette una fortissima immedesimazione.

La maschera di Innsmouth - Recensione

A chi consigliamo La Maschera di Innsmouth?

Consigliamo il cofanetto de La Maschera di Innsmouth a tutti gli amanti del maestro di Providence, a chi ha voglia di rivivere gli orrori in una chiave, a mio avviso, decisamente fedele nei toni, nell’immaginario e nel percorso narrativo. A chi ama Lovecraft e i suoi orrori cosmici e perché no, anche ai fan del body horror in generale. Insomma, a chi ha voglia di passare due ore di lettura con gli occhi e la bocca spalancati nell’attesa di scorgere nel buio un qualcosa che lo faccia gridare a squarciagola.

  • Ambientazioni pazzesche
  • Narrazione estremamente avvincente
  • Un ottimo bagno di nostalgia per i fan di Lovecraft

  • Non avere neanche un difetto (si scherza ovviamente, ma qui si rasenta davvero la perfezione)
La Maschera di Innsmouth
5

L'indefinibile, l'indefinito, l'innominabile

La Maschera di Innsmouth è un viaggio nella Providence ormai consolidata di Gou Tanabe. Nel rispetto di uno dei più grandi scrittori di fantasia di tutti i tempi. Una storia che ti fa respirare la pesantezza del marciume esistenziale che fiorisce nella Providence di inizio ‘900. Una lettura che sembra scorrerti lungo la schiena come un brivido. Un must da avere se siete fan del terrore, dell’orrore e dell’innominabile pantheon degli dei senza mente.

Scrittore incallito, impugna la penna come fosse una katana e si allena prendendo a colpi di spada un povero taccuino che si porta sempre appresso. Appassionato di fumetti americani e nipponici, il suo più grande sogno è quello di imparare a lanciare sfere di energia dal palmo della mano. Ogni notte sogna l’uscita del nuovo capitolo di Hunter x Hunter, per poi svegliarsi in lacrime e scontrarsi con la dura realtà.

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