Kimi no suizô wo tabetai, approdato nelle sale del Sol Levante nel 2017, finalmente arriva nelle sale italiane per il 21, 22 e 23 Gennaio grazie all’adattamento di Dynit e alla distribuzione di Nexo Digital. Voglio mangiare il tuo Pancreas è un nome altisonante e fortemente d’impatto: è difficile non rimanerne inizialmente spiazzati, poiché di primo acchito potrebbe sembrare una minaccia, e non il titolo vero e proprio di una pellicola. Il fatto però, è che la stessa trama che lo riguarda suscita la medesima reazione.
Si tratta dell’esordio cinematografico di Shin’ichiro Ushijima, precedentemente interno della Madhouse e spostatosi poi nello studio VOLN (la cui collaborazione con lo studio MAPPA ha creato Ushio e Tora). Recentemente, Ushijima si è trovato all’opera sulla regia di alcuni episodi di serie come ONE-PUNCH MAN e Death Parade, mentre è stato storyboarder — oltre che del sopracitato OPM, di Ore Monogatari!!, ed è con Voglio mangiare il tuo Pancreas che ha svoltato, curandone regia nonché sceneggiatura.
L’opera in questione è molto ben conosciuta in Giappone, essendo un romanzo uscito ben quattro anni fa, che ha venduto oltre due milioni di copie: ne sono stati tratti peraltro un manga, dal 2016 al 2017, e, nello stesso anno, addirittura un live action. Sarà negli ultimi battiti del 2018, il primo di settembre, che giungerà infine l’adattamento animato in questione, distribuito da Aniplex, la cui divisione americana ne annunciò nel 2018, durante l’Anime Expo, la proiezione nel Nord America. La pellicola è stata inoltre distribuita in Nuova Zelanda per il Sydney Manga and Anime Show e infine acquistata per l’Italia appunto da Dynit.
Voglio mangiare il tuo Pancreas racconta dell’incontro di una ragazza delle superiori, Sakura Yamauchi e di un suo compagno di classe (il cui nome sarà tenuto nascosto ai fini della trama) nella sala d’aspetto di un ospedale: lui è un ragazzo incredibilmente riservato, insofferente a chi o cosa lo circonda, la cui unica ragione di vita sono i libri, mentre lei è una ragazza solare che si lascia trasportare dalla vita con allegria. Grazie a un diario lasciato per caso su una delle sedie della sala lui, a dir poco un topo di biblioteca, scoprirà il segreto di Sakura: è irrimediabilmente destinata a morire, causa la malattia al pancreas che l’affligge, dal cui malessere prende il nome l’opera stessa. Nessuno, a parte i familiari stretti della ragazza e i medici, sa della sua situazione e il suo desiderio, finché il suo corpo glielo permetterà, è di continuare a vivere senza preoccupazioni. Così facendo, Sakura è in grado di passare il tempo che le resta nella routine di tutti i giorni, proprio come vuole che sia affinché non ci siano apprensioni — seppur con le migliori delle intenzioni — soffocanti da parte dei suoi affetti. Il ragazzo però, scoperto il segreto della compagna, rimane totalmente impassibile e distaccato: questo atteggiamento renderà possibile, nonostante le più abissali differenze caratteriali, un fortissimo legame tra i due, che li porterà a trascorrere gioiosamente il tempo che rimane a Sakura.
Entrambi, pur essendo “agli antipodi”, incarnano degli espedienti narrativi triti e ritriti, ritratti in uno stile prettamente giapponese nel raccontare la realtà che contraddistingue quell’età. I due protagonisti sono, volendoli leggere in chiave simbolica, l’alfa e l’omega di quello che è l’approccio sociale al mondo della gioventù, dove una si getta completamente nella rete comunitaria che la vita ha da offrire, mentre l’altro vi si estrania completamente creando la propria zona di comfort, indipendente da ciò che appunto lo circonda. All’interno di questo ventaglio offerto dai due non è difficile riconoscersi negli atteggiamenti proposti dalla pellicola, il cui pathos, che nel crescendo narrativo aumenta di minuto in minuto, riesce a fare breccia nella sfera emotiva personale dello spettatore
Visivamente Voglio mangiare il tuo Pancreas è esteticamente appagante: la semplicità che permea le ambientazioni reali, il character design di Yūichi Oka e i movimenti ben curati si prestano splendidamente alla chiusura di una composizione mai banale. L’animazione, a cura di Keiji Mita (Hunter x Hunter, serie e film del 2013), si presta in maniera deliziosa allo stile di Sumino, capace di trovare la perfetta via di mezzo tra il realistico e l’animato, pur utilizzando i trucchi del mestiere (uno fra tutti i fermi immagine utilizzati come sequenze).
Una collaborazione artistica che ha visto impegnata anche l’art director Yukako Ogawa, conosciuta principalmente per la direzione di pellicole come ONE PIECE Gold, Detective Conan: L’undicesimo Attaccante e serie tra cui Bakuman ed Ero Manga Sensei. Una menzione speciale alle musiche, dove Hiroko Sebu ha sapientemente composto una colonna sonora che, dando prevalenza al piano, riesce a cogliere pienamente l’ambiente circostante e il morale di una sequenza.
Voglio mangiare il tuo Pancreas si discosta dalla solita tragedia romantica, sovvertendo l’ordine comune dei paradigmi caratteristici del filone narrativo, ponendo su un piano deliziosamente metaforico tutto ciò che concerne l’ideale nipponico di destino, applicandovi una spruzzata di citazionismo occidentale. Shin’ichiro Ushijima ha confezionato un lungometraggio che unisce due approcci alla vita agli antipodi quanto i caratteri dei protagonisti che la caratterizzano, tanto da ovviare all’apparente banalità del miglior scenario rappresentato dall’aver amato e perduto anziché non aver amato affatto. Volendo ricercare delle parole in cui riassumere l’intera pellicola, quelle del sacerdote Kenkō Hōshi sarebbero perfettamente calzanti: «Se fosse legge di natura per l’uomo durare in eterno come la rugiada su Adashino […] verrebbe meno anche la commossa malinconia delle cose. Il mondo è affascinante proprio perché effimero».
“Perché la parte più difficile di tutto ciò, è lasciarti”
Pur sapendo già di cosa trattasse e cosa riguardasse l’opera in sé, è stato comunque incredibilmente facile dimenticare tutto e seguire passo passo da zero le vicende della narrazione. Voglio mangiare il tuo Pancreas è un ciclo di vita che risiede anche in chi guarda: rimani spaesato dal titolo, provi curiosità, ti avvicini e infine, una volta vista la pellicola, finisci a cercare su Wikipedia informazioni sulle malattie del pancreas. Come lavoro d’esordio su regia e sceneggiatura, Shin’Ichiro Ushijima ha creato in me un’aspettativa enorme per i suoi progetti futuri, essendo questo lungometraggio di una tecnica, precisione e cura tale da rifarsi al concetto base di minuzia giapponese. Spostandosi su un piano emotivo invece, è praticamente impossibile non lasciarsi trasportare dalle vicende del film: s’impara a conoscere tutti i personaggi, comprendere nel bene e nel male le loro scelte, provare antipatia, porsi delle domande e sentire delle similitudini con se stessi… perché in fin dei conti, Voglio mangiare il tuo Pancreas è una storia reale. L’empatia che scorre a fiotti nell’aria come petali di ciliegio che cadono a cinque centimetri per secondo, è forse la punta di diamante di un prodotto stupendo, meritevole del successo che ha avuto. Si tratta di un prodotto dal livello incredibilmente alto, a cui ogni appassionato della cultura nipponica riguardante il filone slice-of-life dovrebbe avvicinarsi. Yoru Sumino ha creato un’opera che cela dietro l’apparenza del seinen dall’incipit banale, un concetto incredibilmente tangibile per quanto astratto, ma d’altronde si sa: l’essenziale è invisibile agli occhi.
Estremamente consigliato