BREAK ARTS II – Recensione

Break Arts II - Recensione

Visto che il periodo è quanto mai adatto e propizio, anche io voglio cimentarmi nella stesura di una piccola letterina per il caro, vecchio Babbo Natale, sperando di essere (almeno per una volta) ascoltato. “Caro Babbo Natale, per quest’anno ho poco da chiedere, e ad essere sinceri il mio desiderio, se esaudito, non renderà felice soltanto il sottoscritto, ma anche una buona fetta del popolo videoludico. So che sarai molto impegnato, visto che le festività sono oramai imminenti, ma non sarebbe male se, dopo millemila declinazioni dei soulslike, tu riuscissi a convincere il buon Hidetaka Miyazaki a rispolverare una sua vecchia creatura, così da fare la felicità di tutti i feticisti dei mech. Già, perché Armored Core manca davvero tanto a coloro che amano trascorrere le ore ad assemblare letali robot giganti, e di sicuro non basta quella delusione che risponde al nome di Gundam Breaker per lenire la mancanza. Vabbè, ci stai comunque provando anche per mezzo di BREAK ARTS II, ma diciamo che si può fare un po’ di più. Grazie e tante care cose.” BREAK ARTS II è arrivato su PlayStation 4 e PC tramite Steam.

BREAK ARTS II, recensione

  • Titolo: BREAK ARTS II
  • Piattaforma: PlayStation 4, PC / Steam
  • Versione analizzata: PlayStation 4 (EU)
  • Genere: Racing, Mecha
  • Giocatori: 1-6
  • Publisher: Active Gaming Media
  • Sviluppatore: MercuryStudio
  • Lingua: Inglese (testi), Inglese/Giapponese (doppiaggio)
  • Data di uscita: 2 dicembre 2021
  • Disponibilità: digital delivery
  • DLC: nessuno

Abbiamo recensito BREAK ARTS II con un codice PlayStation 4 fornitoci gratuitamente da MercuryStudio tramite Active Gaming Media.

Un pezzo alla volta

Un preambolo quanto mai prolisso questo che caratterizza la recensione di BREAK ARTS II, di sicuro in netto contrasto con i modi assai sbrigativi con cui il titolo MercuryStudio ci accoglie non appena avviato: a meno di non essere dei fan sfegatati della serie, difatti, l’unico modo per apprendere qualcosa della lore della produzione è legato a qualche breve descrizione, inframmezzata ai consigli che caratterizzano le fasi di caricamento. Tanto per essere in linea con le velleità narrative del gioco, vi basterà sapere, che in un non meglio precisato futuro, a dettare legge è un gioco virtuale, che per mezzo di una connessione neurale permette ai giocatori di sfrecciare lungo lisergici circuiti, a bordo di un mech completamente customizzabile. Ovviamente l’obiettivo ultimo sarà quello di tagliare per primi il traguardo, magari dopo aver fatto piazza pulita dei mezzi avversari. Pronti, via, tutto molto semplice e diretto, così come il gameplay alla base del tutto, che per essere ulteriormente sintetici si può assimilare ad una sorta di mix tra Wipeout, F-Zero e il già citato Armored Core. Inutile dire come la prima coppia emerga dall’esame della struttura dei tracciati e dagli schemi ludici, mentre la produzione FromSoftware fa prepotentemente capolino all’interno dell’officina di personalizzazione del mezzo.

BREAK ARTS II, recensione

Soppressore dell’ego

Ed è proprio quest’ultima porzione a rappresentare il vero cuore pulsante di BREAK ARTS II, visto il modo assai puntuale e complesso con cui ci permette di personalizzare il nostro mech, pur non rinunciando a qualche fisiologico limite, figlio comunque di un prezzo di vendita comunque davvero contenuto (€16,99). Per iniziare non dovremo fare altro che selezionare uno dei vari schemi preset (il cui numero aumenterà man mano che avanzeremo nella campagna), ovviamente caratterizzati da prestazioni ed estetica differenti. Questi, poi, potranno essere modificati in ogni loro singola parte, per mezzo del citato meccanismo di customizzazione, che ci consentirà di accedere ad uno corposo set di elementi con cui interagire. Combinarli tra loro, oltre a modificare l’aspetto del robot, andrà ad influire anche su tutti i parametri dello stesso, così da permetterci di trovare la quadra più adatta al nostro stile di guida.

Potremo, inoltre, intervenire direttamente anche sulle armi da fuoco, così da realizzare lo strumento offensivo dei nostri sogni, oltre a poter contare su dei moduli aggiuntivi in grado di fornire ulteriori bonus. Le combinazioni possibili, già dopo pochi minuti di gioco, si riveleranno davvero molteplici, e sebbene non possano rivaleggiare con la saga FromSoftware, stupisce in positivo il modo in cui il piccolo team nipponico sia riuscito a costruire la sua ludica officina. A voler essere pignoli si può rimproverare una certa macchinosità di questo tool, a volte davvero ingessato (e fiaccato da qualche caricamento non sempre fulmineo). Un ulteriore difetto, inoltre, si avvertirà una volta scesi in pista, e sebbene sia ininfluente ai fini del gameplay, potrebbe rappresentare un neo per gli esibizionisti: in gara, difatti, l’unico mech visibile sarà il nostro, con gli avversari sostituiti da degli anonimi prismi. Se è vero che in solitaria contro l’IA ce ne potremo tranquillamente fregare, spiace constatare come il frutto dei nostri sforzi venga meno in caso di sfide online, dove non potremo mettere in mostra (griglia di arrivo esclusa) la nostra maestria di progettisti. Vero è che nel corso della mia prova non sono praticamente mai riuscito ad incrociare il pad con anima viva, ma se la community dovesse crescere con il passare del tempo, questo fatto rappresenterebbe un vero peccato (per quanto assai veniale). Mi ha ricordato il lontano 13 a.C. (avanti Crysis), quando avevo un amico PCista smanettone, che si divertiva ad aggiornare l’hardware solo per vedere se Need for Speed riuscisse a girare senza intoppi: onanismo videoludico 2.0 insomma.

BREAK ARTS II, recensione

Velocità al potere!

Tolto questo, BREAK ARTS II scorre liscio sullo schermo, senza particolari sussulti creativi o ludici, con la campagna suddivisa in vari tornei, tutti praticamente identici tra loro in quanto ad obiettivi e schema, a cui si accompagnano prove a tempo e gare singole. Il sistema di guida, per forza di cose, è smaccatamente arcade, e nonostante sia sufficiente un pizzico di pratica per riuscire a destreggiarsi tra il movimento automatico del mezzo (in perfetto stile Temple Run, per essere quasi moderni), la rotazione dello stesso, le armi e i boost per aiutarci in fatto di sterzate e accelerazione, il gameplay è risultato molto ben confezionato. Anche sul fronte tecnico, sempre tenendo presente il rapporto qualità/prezzo, ci sono pochi motivi per lamentarsi (gestione visiva degli avversari esclusa, come già detto), in virtù di una fluidità davvero eccellente, così come di una buonissima resa visiva dei mech, soprattutto nell’officina. Acidi al punto giusto i vari tracciati, che sembrano nati dall’incontro proibito tra le psichedeliche tonalità delle corse dei Chocobo di Final Fantasy VII, e le futuristiche strutture di un F-Zero. Intrigante e martellante la soundtrack, mentre è piacevole il voice over giapponese/inglese della strumentazione di bordo.

A chi consigliamo BREAK ARTS II?

Se amate i mech alla follia, e il vostro passatempo preferito consiste nel trascorrere ore a modellare il robot dei vostri sogni, allora BREAK ARTS II (visto anche il prezzo aggressivo) potrebbe davvero fare al caso vostro, Se poi tra i desiderata abbiamo anche il vederlo sfrecciare in pista, allora l’esborso richiesto può trovare un’ulteriore giustificazione. Va comunque rimarcato come sia la fase di tuning a rappresentare il punto centrale dell’esperienza, visto il modo assai banale e prevedibile con cui le gare si presentano all’appello del pad. Piacevole, ma non certo indimenticabile sotto questo punto di vista, il titolo MercuryStudio riesce comunque a colpire nel segno, pur in assenza di particolari scossoni ludici.

BREAK ARTS II, recensione

  • Ottimo sistema di personalizzazione del mech
  • Gameplay fluido e frenetico

  • Il nostro mezzo non sarà visibile agli altri giocatori (e viceversa)
  • Multigiocatore online già deserto al lancio
BREAK ARTS II
3

Toccare ma non guardare

BREAK ARTS II è sicuramente un tiolo onesto e riuscito, capace di fare di necessità (leggi budget non certo stellare) virtù (proporre un buonissimo sistema di personalizzazione). La produzione nipponica, difatti, pur non potendo competere con i nomi più celebri legati al mondo dei mech, riesce a confezionare un’esperienza tutto sommato riuscita, in cui un intrigante sistema di costruzione del proprio gigante metallico, si accompagna ad un gameplay combat/racing tutto sommato molto esile e basilare. Di certo non adatto agli esibizionisti sfegatati, complice il modo in cui si è scelto di gestire la visualizzazione degli avversari, è innegabile come il titolo MercuryStudio possa vedere implementato il suo appeal in presenza di una community online degna di questo nome, situazione che (ahinoi) al momento risulta latitante.

Gamer cresciuto all’ombra del tubo catodico, sia in casa che in sala giochi, amante del Giappone in ogni sua forma, traduttore freelance e aspirante musicista non ancora pronto ad appendere lo strumento al chiodo. Quando non sogna di attraversare per l’ennesima volta l’incrocio di Shibuya, si diletta con ogni tipo di console presente sulla terra.

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