Gundam: Requiem for Vengeance, intervista a Mosè Singh, direttore del doppiaggio

Gundam: Requiem for Vengeance, intervista a Mosè Singh, direttore del doppiaggio

In occasione dell’uscita di Gundam: Requiem for Vengeance, la nuova serie Netflix del franchise di Mobile Suit Gundam (qui la nostra recensione), abbiamo approcciato il direttore del doppiaggio italiano Mosè Singh per un’intervista. Mosè è noto per molteplici ruoli nel mondo degli anime — come Denji in Chainsaw Man, Zenitsu in Demon Slayer e Mikey in Tokyo Revengers — ma anche per aver diretto lungometraggi del calibro di CITY HUNTER: Private Eyes e HAIKYU!! Battaglia all’ultimo Rifiuto. Ma passiamo subito alle domande.

Intervista a Mosè Singh

Ciao Mosè, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista!

Ciao, Alessandro. Grazie per l’invito e ciao a tutti quelli che ci leggeranno.

Com’è cominciata la tua carriera di doppiatore e, più di recente, di direttore del doppiaggio? Quali sono le opere che consideri più significative della tua carriera fino a questo momento?

Il mio amore per il doppiaggio nasce all’età di 9/10 anni circa, grazie a Dragon Ball, l’opera che più di tutte ha influenzato il mio percorso artistico e di vita. Il mio inizio è stato con piccole cose attorno ai 16 anni, per poi prendere il via in maniera più continuativa dai 17 in avanti. La direzione è arrivata ai 25. Per necessità ho dovuto coprire dei turni di direzione per la serie “Mob Psycho 100”. Pino Pirovano si è fidato di me e da lì ho cominciato. Le opere che più hanno influenzato la mia carriera, attualmente, sono sicuramente Chainsaw Man, Dragon Ball, Demon Slayer, Vikings, Cobra Kai, One Piece…  ma in realtà un po’ tutte mi hanno dato qualcosa.

Sei un appassionato di animazione giapponese? Quali sono le tue opere preferite e quelle con cui sei cresciuto?

Sono cresciuto in un periodo in cui Mediaset stava abbandonando la via della censura e stava aprendo canali pay con palinsesti mirati agli anime in versione intelgrale. Prima IT! su Sky (2003-2006) e poi Hiro, tra il 2008 e il 2011. Ho consumato ogni tipo di anime, tutto quello che è stato fatto tra gli anni 80-90 e primi 2000 l’ho visto e rivisto. Prima per piacere, poi perché volevo ascoltare le voci e la recitazione. Come detto prima l’opera che più mi ha influenzato è stata Dragon Ball, ma posso nominare anche Berserk, Evangelion, One Piece, JoJo, City Hunter, I Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya) e molti altri. Amo l’animazione giapponese di quel periodo storico, ha un fascino che non riesco a riscontrare in prodotti più recenti.

Come pensi debba essere il doppiaggio italiano di un anime per avvicinarsi il più possibile alla perfezione?

Penso debba essere frutto di uno studio attento di molti fattori. In primis del prodotto originale, del manga da cui è tratto (se c’è), di come il prodotto è già stato eventualmente localizzato in Italia, di cosa il pubblico vuole ricevere e nel gestire gli attori permettendo loro di essere un ponte culturale tra due mondi diversi: Italia e Giappone. Non amo i tecnicismi in recitazione, penso si debba cercare una naturalezza maggiore e questo lo si può fare solo iniziando a considerare gli anime non come meri prodotti di animazione, ma come se fossero prodotti seriali o cinematografici. Insomma, il primo passo è nobilitare il prodotto. Altra cosa che amo fare è guardare chi sono i seiyuu giapponesi e, come si fa con gli attori dove possibile, cercare di trovare un doppiatore che abbia già ricoperto ruoli di quel seiyuu specifico e magari dargli continuità. Non sempre è possibile. Allora ci sono altri due elementi fondamentali: somiglianza di voce con il giapponese o particolare naturalezza nell’avere il carattere e la psicologia di quel personaggio.

Avevi mai visto qualcosa di Gundam prima di essere stato incaricato di dirigere Gundam: Requiem for Vengeance per conto di Netflix?

Ho visto le serie uscite in Italia fino a Wing (in ordine di uscita in Giappone, ndR). Conoscevo la materia, ma ho fatto comunque un ripasso della prima serie storica, con entrambi i doppiaggi, per capirne l’impostazione artistica delle due epoche (la recitazione evolve) e capire come doveva suonare la nostra edizione, che comunque si colloca in quel momento della storia.

Che impressione ti ha fatto questa serie, piuttosto diversa dagli anime classici e persino da molte altre serie di Gundam?

L’impressione è stata molto buona dal punto di vista della trama. Secondo me ha potenziale. Non saprei dire se questo potenziale sia stato espresso già a pieno, ma confido in un seguito (non è una strizzata d’occhio. Ahimè non so se proseguirà, ma l’augurio c’è) che possa ampliare la storia di Iria, ad esempio. Dal punto di vista grafico io sono maggiormente fan dell’animazione tradizionale.

Tra le più importanti decisioni prese per questo doppiaggio spicca certamente quella della pronuncia del termine “Gundam”, che dopo più di quarant’anni viene finalmente uniformata a quella originale. Raccontaci un po’ com’è andata.

Per me non c’erano alternative. Quando la serie è arrivata, in accordo con il project manager Giancarlo Masoli, che mi ha supportato, si è chiesto sin da subito di poter utilizzare la pronuncia corretta del nome, facendo presente che in passato in Italia si è utilizzata quella errata. Il è stato immediato.

Pensi che i fan di vecchia data insorgeranno per questa decisione? Personalmente, era una battaglia che ho da sempre portato avanti sin da quando ho cominciato a vedere Gundam SEED in giapponese nel 2003, secondo me era sciocco portarsi dietro un “errore” commesso negli anni ’80 ancora per tutti questi anni. Siamo arrivati a un punto di svolta: pensi che i futuri doppiaggi seguiranno il tuo esempio o dovremo ancora fare i conti con “gUndam”?

È molto difficile capire cosa accadrà all’interno del brand in futuro. Io penso che tutti, ormai, abbiano ben chiaro quale sia pronuncia corretta. Forse ci sarà da abituarsi, ma io ritengo che il doppiaggio, che è solo un filtro, non debba mai aggiungere a quello che è l’originale, ma anzi riprodurre. Questo vale anche per nomi e pronunce. Non amo le libertà in cui si sceglie di fare dei cambiamenti. Perdono ovviamente il passato. In primis perché ci ha permesso di amare questi prodotti, in secondo luogo perché ovviamente non c’erano sempre i mezzi per essere precisi, ma oggi penso sia indispensabile portare edizioni precise e coerenti con l’originale.

Ora che ci penso, anche in CITY HUNTER: Angel Dust che hai diretto tu stesso viene pronunciato correttamente. Tra l’altro proprio da te, che hai dato voce al “Banagher interiore” della statua dello Unicorn — doppiato da Manuel Meli nella serie omonima. Anche lì è stata una decisione voluta da te personalmente?

In City Hunter è stata una mia decisione e del responsabile di edizione del film, Marco Boschi. Marco è una persona precisa e attenta a questi dettagli.

Ci sono anime in particolare che ti piacerebbe dirigere, o di cui ti piacerebbe far parte del cast? E fra questi rientrano altre serie del franchise di Gundam non ancora arrivate in Italia? Ci auguriamo sempre che prodotti come Gundam SEED o Gundam 00 possano arrivare, prima o poi, e che vengano trattate coi guanti in termini di adattamento e doppiaggio.

In pentola stanno bollendo belle cose, quindi non mi pronuncio troppo su sogni e speranze, ma rimanendo in ambito Gundam mi piacerebbe molto poter continuare a curare altri prodotti legati al brand, SEED su tutti.

Grazie ancora per l’intervista, ci auguriamo di vedere presto molti altri anime diretti da te!

Grazie mille a voi!! Spero possiate uscire soddisfatti dalla visione del prodotto!

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.

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