Nel corso del Lucca Comics & Games 2023 abbiamo avuto occasione di intervistare Naoki Urasawa, mangaka che ha dato vita a capolavori indiscussi come 20th Century Boys, Pluto, Monster e altri ancora. Con code infinite per entrare nello stand, appassionati più o meno dell’ultima ora hanno speso anche cifre folli per tentare la sorte con il ticket e vincere l’opportunità di incontrarlo e farsi autografare il proprio volume di Asadora, uscito con una variant limitata per la fiera proprio al padiglione Panini.
Il maestro è stato circondato da misure di sicurezza stringenti, con addetti e guardie del corpo che impedivano ai fan di avvicinarsi e persino di scattare fotografie. Ma per fortuna giovedì 2 novembre il mangaka ha risposto alle domande della stampa presso la Sala Oro del Lucca Comics & Games. Siete curiosi di scoprire cosà ci ha rivelato il maestro nell’intervista moderata nientemeno che da Gianluca De Angelis? Ecco di seguito la nostra trascrizione, con le debite modifiche per renderla più leggibile e scorrevole, di quanto ci è stato detto da Urasawa in persona.
L’intervista
De Angelis inizia con una considerazione: conosciamo Urasawa attraverso le sue molteplici opere: in esse ci ha mostrato lo sport anche raccontato in maniera diversa (Yawara! e Happy!), cosa voglia dire essere sé stessi (Monster), cosa voglia dire essere umani (Pluto) cosa significhi passare dalla fanciullezza all’età adulta (20th Century Boys), sino ai misteri della storia (Billy Bat e Asadora).
In 20th Century Boys si parla del passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Come ha influenzato quest’opera la sua infanzia e la sua produzione artistica? E come pensa di aver influito sugli altri autori?
Quest’anno è il quarantesimo anniversario per la mia professione di mangaka (ha esordito nel 1983 con Beta!) e sono contento di essere a Lucca in concomitanza con questo avvenimento. Dovete sapere che io ho iniziato a disegnare manga all’età di cinque anni, manga molto semplici, e dagli otto ho avuto uno stile come quello di adesso, che non è più cambiato fino ad oggi. A tredici anni però ho avuto il mio primo incontro con i lavori di Osamu Tezuka, leggendo La Fenice; a quel punto è cambiata tutta la mia prospettiva sul realizzare manga e la mia intera produzione ha subito delle modifiche: quello che sono adesso è anche merito di quella esperienza.
Pluto è un manga incredibile, un adattamento che modernizza e reinterpreta Astro Boy, se potesse scegliere un’altra opera del passato sulla quale svolgere la stessa procedura quale sarebbe?
Nessuna! Ne ho abbastanza degli altri autori. Anche quando è stato deciso che realizzassi il remake di Pluto sono stato malissimo e ho avuto l’orticaria per lo stress, quindi basta cosi! (risponde ridendo).
A proposito di Pluto, come è riuscito ad approcciarsi all’opera di Tezuka pur lasciando la sua personale impronta narrativa?
Quando ho letto la storia originale avevo 5 anni, poi l’ho riletta a 8 anni, e fino ai 43, quando l’ho realizzata, non l’ho più letto. Avevo però in mente delle scene, come quella dell’esplosione, che nell’opera originale non c’era, ma io l’avevo in testa. Quindi probabilmente c’è stato un processo di assorbimento e rielaborazione che mi ha portato a reinterpretare la storia che avevo letto modificandola con pensieri personali.
Dopo tutto questo genere fantascientifico, ha pensato di tornare a opere sportive che hanno segnato il suo esordio? Come Yawara! e Happy!?
Non ci sto pensando, soprattutto perché non sento di aver realizzato un manga sportivo, ma credo di aver creato qualcosa più simile ad un thriller. Sento nel mio cuore di dover realizzare manga di genere più misterioso.
In tutte le opere del maestro i personaggi arrivano subito al cuore e sono molto caratterizzati, è una sorta di dono naturale o c’è dietro uno studio per realizzare dei personaggi in maniera così profonda?
Mi avete messo in crisi! (sussurra). Vi faccio un esempio: quando stavo realizzando 20th Century Boys dovevo realizzare la nonna di kenji, ho provato mille volte e non riuscivo a realizzare il personaggio che volevo. Poi, uscendo a fare acquisti, ho trovato una signora di fianco alla cassa e appena l’ho vista ho deciso “è lei!”; probabilmente la è che per creare personaggi serve prendere spunto e ispirazione anche dalla realtà.
Nelle sue opere c’è un’ispirazione a monte, soprattutto verso Stephen King, con la costante che tutto non è mai come sembra, oltre a riferimenti per esempio a Stand by Me come si può vedere. Ci sono altre opere che l’hanno ispirata o ne ha una preferita?
Pensandoci, effettivamente io da 20 anni leggo solamente Stephen King e un pochino di Haruki Murakami, sarà per quello!
Nel mondo nell’arte, e comunque in generale, c’è spesso un connubio tra manga e musica, come anche nelle sue opere. Quando e come così è nato questo suo amore per la musica e come è stato inserito nei suoi lavori?
Il primo ricordo che ho e a 13 anni quando ho iniziato con la chitarra e a quasi subito a scrivere le mie canzoni. Mi ricordo come realizzavo il tutto: avevo due registratori, suonavo, registravo la musica, la ascoltavo, suonavo un’altra parte, la riregistravo di nuovo e ripetevo il procedimento grazie ai due registratori. Adesso con il digitale è più facile, ma con quel sistema analogico era difficile, perché quando trovavo il suono perfetto dovevo fermare il tutto e ripartire da lì, era tutto più complicato. Quando dopo aver suonato la chitarra partivo con l’armonica poi mi divertivo molto, perché mi sembrava di aver creato un orchestra.
Passando da musica a cinema, è evidente l’uso di una struttura cinematografica nelle sue opere che usa tantissimo i cliffhanger. Si è ispirato a qualche regista in particolare?
Sono veramente tanti i registi da cui ho preso ispirazione e non riesco a contarli. Se devo fare una cernita. e scegliere per esempio cinque persone, i primi sono Akira Kurosawa, Yasujiro Ozu, Peter Bogdanovich, Wim Wenders e i fratelli Coen.
I personaggi nelle sue opere, anche quelli cardinali, cambiano tanto, non solo caratterialmente ma anche fisicamente, per esempio invecchiando. Quanto è già prestabilito e come cambia lo sviluppo in corso d’opera dei personaggi rispetto a come lo aveva pensto?
(Inizia a disegnare e poi descrive cosa ha disegnato per rappresentare il suo pensiero) Questo è il gioco giapponese dello Shōgi (Il gioco dei generali), questa pedina può andare solo qui o qui (indicando le mosse consentite). Pensare alla pedina come un personaggio che possa andare solo in alcuni posti predefiniti mi piace tantissimo e mi affascina molto. Anche se volesse andare da un’altra parte non può, perché non le è permesso. Io voglio disegnare questo tipo di personaggi, bloccati in simili situazioni.
In Monster, il dottor Tenma, il protagonista, per una scelta personale vede sconvolgere le sua vita. Ha mai pensato per il suo personaggio a una scelta diversa e quindi la privazione della sua libertà? E in generale cosa pensa della libertà e delle responsabilità dei suoi personaggi, e nello specifico in Monster?
Questa è una cosa che ho realizzato fondamentalmente in un intervista fatta ieri. La mia intenzione non era disegnare una storia che raccontasse il male e le persone cattive. Io in realtà mi sono focalizzato sul personaggio di Tenma perché, essendo lui un dottore, a seconda delle sue scelte cambiano gli eventi. Ecco, volevo rappresentare cosa accade con le decisioni fatte da qualcuno che dispone della vita delle persone, e non focalizzarmi su un racconto di persone malvagie. Voglio anche ringraziarvi perché grazie a queste a queste domande mi accorgo di cose che non avevo mai pensato, e imparo cose nuove.
Lei è bravissimo nel passare dalla commedia ai thriller più tesi, ma cosa le piace di più disegnare? Cosa le pare più semplice e cosa più complicato?
Allora, quello che piace a me come punto di partenza è la commedia, ma in realtà dentro al cuore degli uomini gli eventi sono tutti un po’ una commedia, anche se poi non sembrano tali. Il mio punto di partenza è il fatto di poter mettere questi elementi, poi a seconda della storia questi possono portare ad altri punti. Anche nei momenti più tristi o più difficili, magari succede che un personaggio si ferma e chiede “ho fame, vorrei mangiare qualcosa” e queste sono le scene che rendono i personaggi umani. L’uomo è questo: anche nei momenti più assurdi può esserci una pausa che renda divertente la situazione, e questo lo rende più naturale.
Volevo chiedere al maestro, riguardo alla costruzione delle sue opere, quando la sceneggiatura si adatti a un evento e come funziona il lavoro di scrittura in questo senso.
Io penso sempre prima alla fine della storia, è il primo passo. Poi chiaramente, se penso alla realizzazione di un manga che magari dura 7 o 8 anni, succede che dal primo episodio alla fine ci possano essere modifiche. Durante lo svolgimento della storia e del dramma può capitare che lo scrittore cresca e cambi con i suoi personaggi, alle volte quindi può accadere che il finale non sia lo stesso di quello pianificato inizialmente. Pensando a un film di due ore per esempio, anche se la conclusione è già stata decisa, a seconda dello svolgimento degli eventi e dello scenario succede spesso che questa venga cambiata. Allo stesso modo avviene per i lettori che seguono il manga: in base a come viene recepito dai fan possono esserci dei cambiamenti da fare in corso d’opera. Questo modo di fare con me succede spesso, perché vedo che ci sono cose che piacciono di più e vengono apprezzare di più, e mi accorgo di elementi inizialmente secondari che diventano invece prioritari.
Cosa ne pensa della città e del festival? E potrebbe mai disegnare qualcosa a Lucca o in Italia?
Lucca è una città bellissima mi invoglia a disegnarla su carta. Se decidessi di fare una storia ambientata in Europa, o comunque con questo tipo di ambientazione, sicuramente userò i suoi elementi. Per usarla in qualsiasi momento, in ogni caso, sto facendo un sacco di foto.
Nelle sue opere parla spesso di futuro e di crescita delle nuove generazioni, un consiglio che darebbe a queste ultime in riferimento al lavoro di mangaka?
Scrivere manga è un lavoro impegnativo e molto duro, si lavora tanto. Il mio consiglio è di non disegnare qualcosa solo per vendere, ma fare qualcosa che vi piace realmente, perché è qui che si crea un punto di partenza per le nuove generazioni. Vendere e basta vuol dire creare qualcosa che vogliono gli editor, ma in questo caso è probabilmente qualcosa che è già stato fatto in passato e che non serve in alcun modo per andare avanti. Per esempio, parlando di Monster io volevo realizzarlo, ma parlandone con il mio entourage degli editor mi era stato detto che non avrebbe venduto, e mi dissero “ti diamo solo 4 numeri”. Lì è iniziata la sua realizzazione, e poi però la storia ha avuto successo e sono diventati 18. Fate qualcosa che vi piace!
Siccome nelle sue opere ci sono molti eventi che si ripetono, si tratta di eventi che hanno caratterizzato la sua vita oppure fanno parte di un immaginario collettivo alla quale lei attinge? Per esempio l’Expo di Osaka che viene citata in diverse opere?
Ne sei sicuro? (Chiede il maestro ridendo, e sembra non ricordarsi di qualche caso in particolare, così si inserisce il moderatore per proseguire con la domanda)
Per esempio la commozione o il pianto sono eventi focali, e i momenti di svolta avvengono attraverso la commozione.
Non ho capito benissimo, e non penso che si ripetano molto le cose. quello che posso dire è che non mi piace realizzare scene di pianto. Quando le leggo faccio “che è sta cosa?” e non le capisco, perché la commozione non viene fuori. Il fatto di non capire però a volte mi scatena una reazione contraria ed è da lì che dopo inizia la commozione. Vi faccio un esempio: In 2001: Odissea dello spazio, di Kubrick, la prima reazione è stata di rigetto, ma poi mi ha messo l’idea di voler fare qualcosa del genere. In Giappone quando si scrive una storia ci sono quattro temi: amore, felicità rabbia e tristezza. Questi sono i principali che devono essere messi, ma nel mezzo a questi livelli cerco di infilare altre emozioni, inserendoli in spazi molto stretti con poca possibilità di manovra. Per esempio, se realizzo un personaggio che sorride a pieno volto, mi piace far pensare “quanto è triste questa persona anche se sta sorridendo”. Questo è quello che foglio fare, ovvero lasciare più livelli di interpretazione alla stessa scena.