ANIME PARTY: giochiamo a fare i producer

CHANNEL A e J-POP Games portano in Italia ANIME PARTY, il gioco in scatola che ci cala nei panni del producer di una serie animata giapponese. Lo abbiamo provato!

ANIME PARTY: giochiamo a fare i producer

Quasi certamente, in un particolare momento della vostra vita, vi sarete detti, guardando l’ennesimo anime in giapponese con i sottotitoli: “Avrei potuto fare decisamente meglio io.”

Dato che non siete giapponesi, (presumo) non lavorate alla TOEI, alla Sunrise o alla Gonzo e animare un singolo episodio costerebbe quanto lo stipendio di un anno di lavoro, l’unica cosa che potete fare è immaginare la vostra storia, i personaggi e le ambientazioni in cui muoverli. Al massimo disegnarne i protagonisti e scrivere una sceneggiatura: ma sareste abbastanza coraggiosi da mostrarli a tutti per conoscere il loro giudizio?

Tutta questa pomposa introduzione serve a farvi capire in che contesto possiamo inserire ANIME PARTY, il folle gioco da tavolo creato da Ewen CluneyCHANNEL A, e portato in Italia da J-POP Games e Supernova, ramo ludico della già conclamata casa editrice J-POP Manga. In ANIME PARTY, assieme ai nostri amici, potremo calarci nei panni dei produttori di serie animate pronte a sfondare sul mercato nipponico e nell’immaginario collettivo di milioni di appassionati. Per farlo avremo a disposizione due mazzi di carte: quelle dei Titoli e quelle delle Idee. Ma procediamo con ordine.

Anime Party - Carte titolo

Innanzitutto bisognerà stabilire chi occuperà il ruolo del Producer nella prima mano del gioco, e per farlo bisognerà stabilire chi segue gli anime da più tempo. Dopodiché si dovrà scegliere una tra le quattro carte Producer messe a disposizione del gioco, che fungerà da “testimone” da passare ad ogni giro, indicando chi fra i giocatori occuperà quel determinato ruolo. Subito dopo, bisognerà distribuire dieci carte Titoli a testa. Ciascuna di queste conterrà una parola che andrà a comporre quello che sarà il titolo di una serie animata. Termini come Full Metal, Ghost, Boy, Code Name, Nurse, Brave e così via, che ci serviranno letteralmente a costruire il titolo del nostro anime: potremo usarne fino a un massimo di quattro e aggiungervi articoli, congiunzioni e preposizioni a piacere. Tutte queste carte, inoltre, richiameranno nella grafica i loghi di produzioni animate e videoludiche ben note agli appassionati — ai limiti della violazione di copyright.

Il producer, invece, dovrà pescare cinque carte dal mazzo delle Idee e sceglierne due, quelle che diventeranno il tema portante dell’anime creato da ciascuno dei giocatori in questo turno. Ci troveremo davanti a parole come Cyborg, Time Travel, Feudal Japan, School Romance, Science Fiction e tante altre ancora. Alcune di queste carte, inoltre (come del resto quelle producer), presenteranno le bellissime illustrazioni che nella versione italiana sono curate da Mirka Andolfo, Emanuele Ercolani e Samuel Spano (ad esempio Super Robots, Sexy Cat Boy, Wagyu-ChanGirls Love).

Anime Party - Carte idea

Deciso il genere, quindi, i giocatori dovranno a turno esporre la propria idea, descrivendo la trama del proprio anime e presentandone il titolo, per poi passare il testimone al giocatore successivo. Il tutto praticamente improvvisando, con a disposizione solo una manciata di secondi per immaginare trama e personaggi basandosi sulle carte titolo. Terminato il giro, ciascuno voterà l’idea che gli è piaciuta di più e chi avrà totalizzato più consensi potrà ottenere un punto. E così via, la carta producer passerà al giocatore successivo e si ricomincerà da capo.

Nonostante il regolamento non ne faccia esplicitamente menzione, mi piace pensare che si possa giocare ad ANIME PARTY in due modi differenti. Il primo, il più serio, che impone la creazione e pianificazione di ciascun anime in modo che possa risultare più accattivante e credibile agli occhi degli altri giocatori. Il secondo, il mio preferito, è quello che definisco più “cazzone” — ovvero, quello che ci porterà a creare l’anime più assurdo e maggiormente in grado di far ridere. Un po’ come accade in Cards Against Humanity, quello che merita di portarsi a casa la vittoria conquistando il favore dello Czar. Giocando assieme agli amici, magari dopo un paio di drink, sarete in grado di tirare fuori le idee più assurde concepibili, e per aiutarvi in questo scopo ci sono carte che tireranno fuori il peggio di voi, al limite del politically correct.

Anime Party - Last Legendary Hentai

C’è da dire che, sorvolando su alcuni errori di stampa e traduzione che in una prima edizione difficilmente si possono evitare, posso giudicare ANIME PARTY un prodotto decisamente consigliato ai fan del Giappone e dei suoi prodotti d’intrattenimento, forse un po’ meno a chi è totalmente estraneo a questo torbido universo costellato da robot giganti, tentacoli e spade da samurai. Il costo decisamente basso, circa venti euro se lo acquisterete su Amazon (e potete seguire questo link) è un ulteriore incentivo all’acquisto, soprattutto se contiamo la quantità spropositata di carte che la scatola mette a nostra disposizione.

Tra una sessione di Dungeons & Dragons e l’ennesimo torneo a TEKKEN dove vinco sempre io, ANIME PARTY è decisamente l’alternativa di cui avevamo bisogno nelle serate fra amici.

Provatelo e fateci sapere cosa ne pensate!

Il gioco in cui crei il tuo anime di successo! Anime Party è un party game narrativo in cui i giocatori sono parte del team del canale televisivo Channel A.

Obiettivo del gioco è creare il prossimo grande successo Anime basandosi sulle Idee suggerite dal Producer, che individueranno i temi che il network favorisce per quella partita, e creandone il titolo e la trama usando le carte che vengono pescate dal mazzo Titoli. Vince chi riesce a convincere più “colleghi” a votare per il proprio anime!

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Abbiamo giocato ad ANIME PARTY assieme a Fraws di Parliamo di Videogiochi. Guarda la nostra partita in questo video!

Trent’anni passati a inseguire il sogno giapponese, fra un episodio di Gundam e un match a Street Fighter II. Adora giocare su console e nelle sale giochi di Ikebukuro che ormai, per quanto lontana, considera una seconda casa.

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