Svoltosi durante il weekend dal 1 al 2 giugno 2019, il BGEEK ha potuto aggiungere un altro ospite di rilievo mondiale alla propria collezione di grandi nomi: Junichi Hayama, pupillo dell’immenso maestro Masami Suda che, fra parentesi, partecipò all’edizione del 2018. Lo stesso Maestro Hayama anni fa volle affacciarsi al mondo del fumetto nipponico, inseguendo il sogno di diventare un mangaka ma, insoddisfatto dei risultati, scelse dunque d’intraprendere la strada dell’animazione. Da allora non si fermò mai e inizialmente collaborò con uno studio affiliato a TOEI Animation, affermò la propria figura di animatore e ter designer come sakkan nel mondo post-apocalittico di Hokuto no Ken: fu proprio lavorando all’opera magna di Buronson e Tetsuo Hara che conobbe il suo mentore Masami Suda e, col passare degli anni, vi si avvicinò fino a intraprendere il proprio percorso personale. Oggi Junichi Hayama ha sviluppato uno stile inconfondibile, carico di una poetica più unica che rara nel mondo dell’animazione giapponese che riluce in ogni opera a cui si approccia.
Grazie all’ambizione ma soprattutto grande passione della nuova casa editrice emergente Nippon Shock Edizioni, è ora possibile acquistare interamente in italiano JUNICHI HAYAMA BRUSH WORK, ovvero una raccolta delle illustrazioni realizzate a pennello dal maestro Hayama.
Cominciò praticamente subito a lavorare nel mondo dell’animazione giapponese: compiuti diciotto anni e fresco di liceo, si gettò a capofitto nell’industria occupandosi sia di opere giapponesi quali Gu Gu Ganmo (suo primissimo lavoro), sia internazionali come le serie animate dei Transformers e Rambo. La principale spinta all’interno dell’animazione fu data dalla collaborazione alla serie animata di Hokuto no Ken, dove si avvicinò al ruolo che consacrò definitivamente la sua carriera, nonché figura professionale di Artista con la A maiuscola. Junichi Hayama perciò con impegno e brama di conoscenza s’impegnò intensamente per affinare le proprie doti, che vennero riconosciute e lo fecero partecipare al meraviglioso processo creativo dietro lo splendore che è il film di Hokuto no Ken del 1986. Dopo quell’esperienza tornò sull’anime, dove già nella prima serie aveva curato degli episodi, tra cui il primo scontro tra Toki e Raō, per poi diventare direttamente direttore dell’animazione per tutta la seconda stagione.
Ma non indugiamo oltre e scopriamo insieme la nostra intervista a Junichi Hayama: l’allievo che divenne Maestro.
La sua carriera è costellata da grandi traguardi e successi, tra cui la serie OVA di JoJo: com’è stato lavorarci su?
Un po’ differente dalla serie di Kenshirō ma in qualche modo ho potuto sperimentare qualcosa di nuovo, maturando un legame a suo modo speciale.
Com’è stato collaborare con il compianto Satoshi Kon?
Era un mangaka incredibile che si è gettato nel mondo dell’animazione, un vero e proprio genio che un pochino invidio [ride]. Quando facendo JoJo lo Studio A.P.P.P si trovava in una zona in Musashi-Sakai spesso e volentieri uscivamo a bere dopo il lavoro.
Lei Maestro è comunque molto attivo all’interno dell’industria dell’animazione tutt’oggi: come si approccia alle sue opere più recenti, per esempio Golden Kamui?
Come animatore principale, quando arrivano dei disegni non propriamente fruibili li correggo, oltre al fatto che in ogni caso ci sono altri animatori di talento (tra cui Masashi Kudō, animatore principale di Bleach ndR) che danno un buon equilibrio qualitativo generale.
Probabilmente Maestro se avesse messo mano Lei all’orso in CGI sarebbe sicuramente uscito qualcosa di molto più dignitoso. In ogni caso, mantenendosi sempre sul filone de Le Bizzarre Avventure di JoJo, lavorò al film dedicato alla prima serie del manga: Phantom Blood. Com’è stato dedicarsi a un lungometraggio? Quali sono state le principali differenze con gli OVA della terza serie, Stardust Crusaders?
Con gli OVA c’era uno staff molto più ampio, tra cui appunto Satoshi Kon così come Hiroyuki Kitakubo (Gundam, Akira etc.) che hanno dato vita a un insieme generale tanto variegato quanto talentuoso. Il film di Phantom Blood invece fu davvero sfortunato: lo staff era quello che era e in più deragliò tra le tante critiche oltre a non aver nemmeno ottenuto l’approvazione di Hirohiko Araki stesso. Ci furono moltissimi tagli e problemi con la casa editrice… davvero un progetto molto sfortunato.
Negli anni ha curato i generi più disparati, prediligendo lo shōnen con le fisicità tipiche di uomini grandi e muscolosi: se potesse scegliere, su cosa si dedicherebbe?
Principalmente sceglierei qualcosa più incline al filone realistico, un po’ diverso dalle realtà che sono presenti nell’industria odierna: mi piacerebbe provare un tema nelle corde del poliziesco.
Lei Maestro inoltre si è dedicato a opere di wrestling animato molto amate dai fan: Kinnikuman e la più recente serie sull’Uomo Tigre, Tiger Mask W. Dal suo punto di vista, mantenendo il parallelismo con due opere dello stesso genere, com’è cambiata l’industria dagli anni ottanta a oggi?
Moltissimo è cambiato nel corso degli anni, soprattutto l’evoluzione dei mezzi fisici da poter disegnare: se una volta gli anime erano più artigianali con una varietà di utensili davvero ampia, oggi invece con l’avvento del digitale si è certamente velocizzato il progetto, seppur a scapito dell’effettiva cura e minuzia che caratterizzava anni addietro l’industria. Il disegno manuale non credo scomparirà mai, anche se qualcosa continuerà a cambiare e, sarò davvero curioso di vedere come si evolverà ulteriormente il mondo dell’animazione.
Col rinomato evento “Brave and the Bold”, si è potuto approcciare al mondo dei personaggi dei fumetti americani: come le sembrano a livello di design le differenze tra personaggi americani e nipponici?
Per quanto riguarda le differenze a livello di design, i personaggi americani sono davvero facili, non presentando dei dettagli di fondo: molto minimali rispetto al character design giapponese, che invece richiede spesso e volentieri degli approfondimenti.
Lei Maestro è passato dal curare intere serie come Tiger Mask W e lo stesso anime di Rambo fino alle cartoline della sigla di chiusura del remake di Gaiking in CGI, mantenendo comunque un livello qualitativo immenso: qual è la sua ispirazione quando è al lavoro?
Fondamentalmente è una questione che riguarda le direttive dello studio che cura il prodotto in itinere, non c’è una vera e propria ispirazione personale e quel che ne viene al termine del progetto diventa parte del bagaglio culturale personale: da lì in avanti se ne potrà trarre un’ispirazione futura riguardandosi indietro. In fin dei conti si tratta inizialmente di eseguire delle date consegne da rispettare, dove molto semplicemente a una determinata direttiva corrisponde una mansione.
Di tutte le opere che negli anni ha curato, qual è quella che sente più vicina?
Hokuto no Ken e JoJo principalmente sono i lavori che mi sento più a cuore; dopo aver lavorato su una serie mi viene naturale ripensarci e portarla con me. Ogni volta che lavoro a un anime, una volta terminato il lavoro, rifletto sempre sull’operato e mi chiedo “chissà, forse avrei potuto fare più”.
Maestro lei dopo tanti anni nell’industria dell’animazione giapponese, ha un genere cui vorrebbe personalmente lavorare?
Sì, sì, mi piacerebbe provare a lavorare su delle opere più realistiche, soprattutto dopo l’esperienza molto positiva che ho avuto lavorando su Be-bop High School (1990 ndR): magari con una serie a tema poliziesca filo-americana coi tipici poliziotto buono e poliziotto cattivo, ma anche a un’opera di samurai non mi dispiacerebbe.
Se un domani Takehiko Inoue dovesse decidersi e finisse il suo Vagabond, vederla al lavoro su un’opera simile sarebbe a dir poco un sogno.
[ride] Non sarebbe una cattiva idea!
Si conclude così l’incontro con uno dei pilastri dell’animazione del Sol Levante, tra i ricordi di una carriera costellata di successi e i progetti futuri che continueranno ad accompagnare il Maestro Hayama. Un caloroso ringraziamento a Edoardo Serino che, come lo scorso anno fece da interprete al Maestro Masami Suda, ha reso possibile ancora una volta l’intervista con uno dei mostri sacri dell’animazione giapponese. Infine, ultimo ma non per importanza, un enorme ringraziamento ad Adriano Forgione che, con molta forza di volontà e grande spirito d’iniziativa, ha voluto mettersi in gioco per portare in Italia il primo di quella che speriamo sia una lunga serie di meravigliosi artbook.