Se siete appassionati di letteratura giapponese e di fantascienza, è probabile che il nome Project Itoh vi risulti familiare. Nome d’arte di Satoshi Ito, si tratta di uno scrittore e saggista noto per i romanzi Genocidal Organ (2007), Harmony (2008) e The Empire of Corpses (2012) e per essere un grande amico personale di Hideo Kojima, con cui ha collaborato sin da Metal Gear Solid e per il quale ha scritto l’adattamento letterario del quarto capitolo della saga. Purtroppo l’autore è andato incontro a una morte prematura nel 2009 a soli 34 anni a causa di un cancro ai polmoni, diagnosticatogli nel 2001, evento a seguito del quale lo stesso Kojima ha scelto di dedicare il videogioco Metal Gear Solid: Peace Walker (2010, Sony PSP) alla sua memoria. Nel 2015 la fama di Project Itoh, ritenuto uno dei migliori autori sci-fi della sua generazione, ha conosciuto una seconda giovinezza grazie all’annuncio da parte di Noitamina, il celebre contenitore anime di Fuji TV, dell’adattamento cinematografico animato dei tre lavori di Itoh citati in precedenza. Oggi qui su Akiba Gamers vi parlo del primo (in ordine cronologico) di questi film, L’Impero dei Cadaveri, basato sull’omonimo romanzo postumo dell’autore e disponibile in streaming su Amazon Prime Video.
La pellicola, il cui titolo originale è 屍者の帝国 Shisha no teikoku, è stata infatti la prima a uscire nelle sale giapponesi il 2 ottobre 2015. Diretto da Ryoutarou Makihara e realizzato presso WIT Studio (L’Attacco dei Giganti, Vinland Saga) per una durata complessiva di 126 minuti, L’Impero dei Cadaveri è stato annunciato per il mercato italiano durante il Koch Media Showcase 2019 sotto l’etichetta Anime Factory, assieme agli altri due componenti della “trilogia” di Project Itoh, Harmony e Genocidal Organ. È stato reso disponibile su Prime Video a partire dal 9 luglio 2020, doppiato in italiano, mentre il 16 luglio è uscita l’edizione home video.
L’opera ha anche goduto di un adattamento manga disegnato da Tomoyuki Hino sulla rivista Monthly Dragon Age dell’editore Fujimi Shobō, raccolto in 3 volumi pubblicati in Italia da Star Comics con il titolo inglese The Empire of Corpses. Il romanzo originale, come già accennato, è stato pubblicato postumo nel 2012 grazie al contributo dello scrittore Toh Enjoe, amico e collaboratore di Project Itoh.
L’Impero dei Cadaveri è ambientato in una versione alternativa dell’Europa del XIX secolo. In questa ucronia l’umanità, grazie alle ricerche del dottor Victor Frankenstein, ha scoperto il modo di resuscitare (seppur parzialmente) i cadaveri innestando loro un’anima artificiale, che sopperisce alla scomparsa di quella naturale in seguito alla morte. I cadaveri sono quindi diventati un fondamento della società venendo impiegati come lavoratori nell’industria pesante, come soldati durante le guerre, oppure come semplici schiavi e assistenti. John Watson, brillante studente di medicina all’Università di Londra e fortemente interessato alla tecnologia dei cadaveri, viene scelto, o meglio, obbligato dal governo inglese a diventare una spia per recuperare in Afghanistan gli appunti originali del barone Frankenstein.
A un primo approccio, il titolo in questione sembra avere tutte le carte in regola per rivelarsi meritevole d’attenzione, e i motivi sono chiari. Abbiamo un’ambientazione dai tratti steampunk di indubbio fascino, uno spunto molto interessante, che rielabora il mito di Frankenstein in chiave politica e sociale suscitando riflessioni per nulla banali, e abbiamo infine il comparto grafico di uno degli studi d’animazione più in forma degli ultimi anni. Purtroppo però L’Impero dei Cadaveri spreca tutto il suo potenziale rivelandosi un dark fantasy confuso, pretenzioso e inconcludente. Andiamo a scoprire perché.
I primi 30-40 minuti del film rappresentano la parte più riuscita e introducono abbastanza bene l’ambientazione e il contesto, grazie al notevole comparto grafico (di cui vi riparlerò più avanti) che ricrea con dovizia di particolari il periodo storico, innestando in maniera molto naturale la novità rappresentata dalla tecnologia dei cadaveri e il loro impiego in svariati campi della società. Facciamo fin da subito la conoscenza del protagonista, John Watson, brillante studente di medicina dell’Università di Londra, e del suo “assistente” Friday, un amico deceduto rianimato in maniera illegale. È proprio a causa di questo evento che Watson si ritrova costretto a collaborare con il governo britannico e a recarsi in Afghanistan alla ricerca degli appunti perduti di Frankenstein, rubati da un ingegnere dei cadaveri russo di nome Alexei Karamazov.
Tuttavia è proprio quando parte la trama principale che il film mette in mostra i suoi problemi, tra forzature, passaggi prevedibili, personaggi caratterizzati in maniera approssimativa, ma soprattutto dialoghi confusi e inutilmente prolissi aventi al loro centro argomenti di natura socio-politica e filosofica. Scambi di battute che vorrebbero sembrare profondi, ma che a conti fatti risultano solo vuoti e privi di significato, in quanto non supportati da una scrittura all’altezza.
A partire dalla seconda metà, inoltre, la storia subisce una netta accelerazione trasformandosi nella solita missione di un gruppo di eroi per salvare l’umanità dalla minaccia del cattivone di turno, le cui motivazioni sono peraltro quanto di più scontato ci possa essere. Nonostante la presenza di numerose sequenze d’azione, ben dirette e anche piuttosto violente, che permettono a L’Impero dei Cadaveri di essere un discreto intrattenimento per chi sa accontentarsi della spettacolarità visiva, l’interessante premessa legata al ruolo dei cadaveri nella società, con tutti i dilemmi etici e morali che ne scaturiscono, viene completamente gettata alle ortiche.
A tutti questi problemi personalmente aggiungo anche il citazionismo della pellicola, talmente pervasivo e gratuito da risultare quasi ridicolo. Numerosi personaggi ed elementi del contesto prendono infatti il loro nome dalla cultura del periodo: il protagonista, inutile sottolinearlo, ha lo stesso nome del fido collaboratore di Sherlock Holmes; quello del suo assistente, Friday, è ispirato all’omonimo personaggio di Robinson Crusoe; Karamazov è preso in prestito da uno dei capolavori della letteratura ottocentesca, I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij. E queste sono solo alcune delle numerose citazioni presenti nel film. Non ho nulla contro scelte di questo tipo, che testimoniano se non altro la grande conoscenza di Project Itoh, ma a parte pochissimi casi mi sono sembrate un inutile autocompiacimento dell’autore.
L’unico aspetto in cui L’Impero dei Cadaveri eccelle è il comparto tecnico, che dimostra ancora una volta la grande competenza di WIT Studio. I disegni e le animazioni sono di ottimo livello e i colori scelti si sposano perfettamente con l’atmosfera cupa e opprimente della storia. Le scene d’azione risultano, come già detto, un altro dei punti di forza della pellicola. Anche qui non manca però qualche nota stonata. La più evidente è legata alla mancanza di personalità del titolo: nonostante il buonissimo lavoro svolto, L’Impero dei Cadaveri non riesce a lasciare davvero il segno nello spettatore, a causa dell’uniformità stilistica e della somiglianza a numerose opere ambientate in contesti simili. Ho trovato inoltre il look ammiccante e votato al fanservice del personaggio di Hadaly abbastanza fuori luogo nel contesto generale del film.
L’Impero dei Cadaveri è disponibile in streaming in alta definizione su Prime Video, con il solo doppiaggio in italiano e l’assenza di sottotitoli, scelta alquanto particolare dettata probabilmente dalla volontà di Koch Media di non penalizzare troppo l’edizione home video giunta sul mercato in questo stesso periodo. Se il doppiaggio italiano è tutto sommato buono, nonostante la presenza di alcune voci meno azzeccate di altre (quella del protagonista, per esempio, è forse un po’ troppo adulta per l’età del personaggio), altrettanto non posso dire della qualità dell’adattamento, curato da Riccardo Bambini, che in più di un’occasione mi è sembrato parecchio farraginoso e privo di chiarezza, contribuendo non poco alla sensazione di straniamento da me provata durante molti dialoghi del film.
Un potenziale sprecato
L’Impero dei Cadaveri è purtroppo un’occasione gettata al vento. Si tratta di una pellicola ambiziosa che parte da premesse intriganti e che vorrebbe parlare di temi importanti, ma che all’atto pratico eccelle solamente nel comparto tecnico e nelle scene d’azione – il lato più d’intrattenimento insomma – mentre tutto il resto risulta troppo caotico, prolisso, confuso e inconcludente per restare impresso nella memoria dello spettatore. Un vero peccato dunque, perché le potenzialità per un’opera di alto livello c’erano tutte, invece bisogna accontentarsi di un giocattolone spettacolare e graficamente pregevole ma abbastanza vuoto nel contenuto.
Chi non si fa troppi problemi e accetta di sorvolare sui numerosi difetti della pellicola potrà tutto sommato divertirsi, chi invece è alla ricerca di qualcosa di profondo, degno della fama dello scrittore, che sappia andare oltre il mero passatempo, forse farà meglio a rivolgersi agli altri due prodotti della trilogia filmica ispirata ai romanzi di Project Itoh, Harmony e Genocidal Organ, decisamente più riusciti e meritevoli.
Solo per chi sa chiudere un occhio
White Dragon
Io invece l’ho trovato un buon film. Niente di memorabile, certo.
Danilo
Mi associo a chi ha scritto l’ottima recensione: pellicola degna di nota dal comparto tecnico MA il resto fa terribilmente acqua da tutte le parti. Numerosi i buchi narrativi e i dialoghi enfatizzati e senza senso. Peccato perché vista la durata del film, si poteva dare maggiore rilevo ad alcuni aspetti appena abbozzati, e tralasciarne altri troppo ridondanti. Tra l’altro la sequenza finale dopo i titoli di coda, che avrebbe lo scopo di stuzzicare l’attenzione dello spettatore con un accenno di spiegazione, proprio non c’entra nulla! O_o
Andrea
Sto cercando la spiegazione del finale ovunque è effettivamente non trovo nulla che faccia capire per quale motivo la storia si concluda nelle avventure di Sherlock