My Hero Academia – Il revival del Supereroe in salsa Shōnen

Recensione del manga di My Hero Academia, il fenomeno shōnen del momento di Kōhei Horikoshi edito in Italia da Star Comics

My Hero Academia

My Hero Academia (僕のヒーローアカデミア – Boku no Hero Academia) è un manga shōnen scritto e disegnato da Kōhei Horikoshi , serializzato sul Weekly Shōnen Jump di Shūeisha dal 7 luglio 2014, da noi edito da Star Comics, la cui serie animata arriverà prossimamente in Italia grazie alla collaborazione fra MediasetDynit.

I supereroi americani sono sempre stati un punto fermo nell’esorbitante panorama dell’intrattenimento, che negli anni è andato via via sempre più consolidandosi: dai mutandoni rossi di Superman alle oscillazioni dell’Uomo Ragno, le mirabolanti avventure di questi personaggi hanno profondamente scosso l’animo delle persone. In Giappone, l’avvicinamento all’Occidente ci fu prima con la Tatsunoko, che cercò di ricalcare alcuni canoni dell’incipit americano, ovvero persone con degli alter-ego che si prodigano per risolvere problemi che nessun altro avrebbe altrimenti potuto affrontare. Kōhei Horikoshi provò a offrire la sua visione nel 2014 debuttando con la sua opera My Hero Academia, ispirandosi più che apertamente alle sfumature americane che contraddistinguono colossi dell’intrattenimento fumettistico, come la Casa delle Idee.

Essendo un grandissimo estimatore del fumetto made in USA, Horikoshi costruisce un enorme mondo in cui i suoi variegatissimi personaggi possono esistere in maniera reale. L’incipit riguarda un’epoca in cui le persone sviluppano i cosiddetti Quirk, dei veri e propri superpoteri che spaziano dal produrre fiamme al poter ingigantirsi: conseguentemente la società si è spaccata in due, lasciando che la morale decidesse le dinamiche dell’utilizzo delle proprie capacità. Il crimine è aumentato e la pericolosità di alcuni individui è divenuta una vera e propria minaccia ma, come suggerisce il nome, sono insorti degli Eroi. My Hero Academia infatti, ruota attorno al sentimento di giustizia che caratterizza il suo protagonista Midoriya Izuku, un giovane ragazzo che da sempre ha aspirato a seguir le orme del più grande eroe mai esistito: All Might.

I sopracitati Quirk (o Kosei in originale) si manifestano intorno ai quattro anni di età in relazione alle capacità dei genitori o, più raramente, si può sviluppare una capacità totalmente nuova. Queste possibilità presenziano in individui che, a detta del manga, hanno subito l’evoluzione della specie, non hanno più un’articolazione presente nei mignoli dei piedi. In questo modo si ha la certezza che qualcuno può o meno svilupparne una. Infatti l’80% della popolazione mondiale ne ha sviluppata una, cosa che il nostro protagonista invece non possiede.

Vedendosi strappato di dosso il sogno di poter diventare un supereroe, il giovane Midoriya non vuole però arrendersi e, per quanto deriso e scoraggiato da ogni singola persona che lo circonda (in primis quello che dovrebbe esser il suo “amico” d’infanzia), decide quindi di farsi forza impegnandosi anima e corpo. Sarà proprio il tentativo di compiere il primo passo per entrare nella prestigiosa U.A., l’accademia dove il suo idolo All Might ha studiato, a dargli la spinta necessaria a coltivare la determinazione che contraddistingue i più grandi eroi. Nulla sembra andare per il verso giusto, finché un giorno un criminale prende ostaggio il protagonista e venendo salvato per il rotto della cuffia, può porre la fatidica domanda:

“Anche se non ho un Quirk, posso diventare un eroe?
No.

Per quanto possa esser un fulmine a ciel sereno, tolto lo sgomento iniziale a cui non crede neppure il pirata simbolo della rivista Jump, rappresenta uno dei punti focali di My Hero Academia: riprendere il cliché più basilare e stravolgerlo facendolo proprio, in un metodo che Horikoshi fa funzionare a meraviglia. C’è da dire che per gli standard della rivista nipponica, questo shōnen è una boccata d’aria fresca; il fatto che non si esponga troppo alle classiche prassi simil-JRPG da combattimento forsennato nemico dopo nemico, fanno sì che il lettore non si annoi quasi mai. Ricordiamo inoltre che si sta parlando di un prodotto diretto a un pubblico di adolescenti, fattore che il manga non dimentica: spazia da argomenti frivoli come l’arredo del proprio dormitorio, alla complessità di un nucleo familiare che si regge in piedi su un sottile strato di ghiaccio. Molti dei personaggi compongono un equilibrio complementare, dove le caratteristiche di uno focalizzano le peculiarità di un altro, senza però ostentare tali qualità in maniera ridondante. Questo particolare aspetto denota la grande cura che l’autore impiega nella costruzione del proprio universo narrativo: non dobbiamo dimenticare che si tratta pur sempre di una società che, seppur evoluta, mantiene la propria anima nipponica, e che perciò è improntata alle sfumature che nella realtà si mescolano con la finzione.

Un’altra grande caratteristica di My Hero Academia riguarda lo stile: Horikoshi mette davvero l’anima nel dar forma al meglio le proprie idee, dal minimo dettaglio in un vicolo fino le ambientazioni sfondo agli scontri principali. Ciò si riflette soprattutto sui personaggi che devono adattarsi di volta in volta, che sia un addestramento specifico della scuola a uno scontro imprevisto con un cattivo: la versatilità che l’autore impiega per spingere sui limiti fisici e morali della propria creazione è davvero minuzioso. A tal proposito lo shōnen continua imperterrito a evolversi con cognizione di causa in quella che è una vera e propria passione tangibile da parte del proprio creatore, cosa che raramente si è potuta veder prima. D’altra parte l’intensa passione derivante dai fumetti americani fa da effettivo collante tra la miriade d’idee e concept che l’autore vuol creare: la forte impronta del supereroe con problemi tipica della Marvel (come affermato in interviste e anche pochissimi giorni fa al San Diego Comic-Con) cui rispecchiarsi, è un mix incredibilmente vincente che in pochissimo tempo, ha favorito il -meritato- successo dilagato a macchia d’olio in tutto il mondo. il bilanciamento tra lo humor e l’azione tipici del genere shōnen non mancano mai, senza però ricadere nel fastidioso e/o ridicolo: per questa ragione ogni arco narrativo possiede uno svolgimento sempre differente, evolvendosi di continuo creando diversità.

Ciò che stupisce di capitolo in capitolo sempre più, è come nel disegno generale ogni singolo personaggio del cast principale abbia via via un vero e proprio sviluppo in ambito caratteriale: Horikoshi riesce a bilanciare una narrazione verticale agli avvenimenti della trama orizzontale splendidamente, prodigandosi nel dare il giusto risalto al momento opportuno ai propri personaggi, creando un ambiente confortevole al lettore: la componente che tanto diversifica l’opera, come detto poco sopra, rende impossibile non provare simpatia per determinati aspetti di un certo eroe in erba, poiché appunto si crea questa rete d’interconnessioni dove tutti si incastrano con tutto. È davvero stupefacente, perché anche quello che può sembrare il più inutile e scialbo dei soggetti riesce ad avere un proprio spazio, calcando sulla componente introspettiva degli aspetti caratteriali su di sé e chi lo circonda.

My Hero Academia è un vero e proprio parco giochi dove il lettore occasionale può crogiolarsi, così come soddisfare anche il più minuzioso degli osservatori: Horikoshi infatti lascia tanti piccoli indizi su eventi passati, dubbi riguardo avvenimenti, sceglie il dettaglio con precisione maniacale (come per esempio una determinata specie di fiore in un vaso in una stanza in un dato contesto). Quest’ultimo in particolare crea uno splendido ambiente di scambio d’opinioni e possibili ipotesi su ciò che l’autore potrà fare in futuro, dando così modo alla comunity di crescere sempre di più. L’ispirazione prettamente americana per quanto onnipresente, non ha quel peso gravoso che potrebbe sembrare ma anzi, nel complesso diversifica l’opera dai colleghi targati Shūeisha. È un’opera che pian piano sta venendo sempre più riconosciuta, da cui recentemente è stato tratto un ulteriore videogioco oltre che un lungometraggio animato: è facile apprezzarne le grandi qualità che col tempo stanno sempre più venendo alla luce e, stando alle parole del suo creatore è già a metà del proprio percorso. L’unica cosa che rimane da chiedersi è se in futuro dovessero esserci degli spin-off o chi può dirlo, addirittura un sequel… sperando sulle pagine di una rivista che possa dare totale libertà narrativa, come potrebbe esser per esempio Ultra Jump (JoJolion, Bastard!!). Sarebbe interessante vederne un’evoluzione da shōnen a ipotetico seinen, lasciandosi alle spalle le limitazioni di una narrazione oltre che diretta a un pubblico di adolescenti, libera dalle costrizioni della scadenza settimanale; un salto a tema col motto del manga stesso: “Supera il Limite! Plus Ultra!”

È possibile leggere online un’anteprima del volume 1 di My Hero Academia direttamente dalla sezione Sfoglia online del sito di Edizioni Star Comics.

La nuova e promettente generazione di Eroi

Abituato come sono ai prodotti per ragazzi della vecchia scuola, nonché affezionato del panorama fumettistico statunitense, ho inizialmente avuto delle riserve riguardo questo shōnen. Il fatto che però sia tanto in grado di strutturare egregiamente un cast comunque molto ampio, senza perdersi e risaltando nel giusto mezzo i protagonisti, mi ha rassicurato. Come scritto poco sopra, sarebbe comunque molto interessante vederne l’evoluzione, magari su una rivista con un target più maturo ma… ora come ora, My Hero Academia svolge il suo lavoro in maniera molto più che soddisfacente.

Consigliato a vecchi e nuovi lettori

Maestro di Karate e Amicizia: temprato dall’intrattenimento nipponico vecchia scuola e dal collezionismo, il suo sogno è quello di avere in giardino lo Unicorn Gundam di Odaiba.

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