Sviluppato e pubblicato dallo studio indipendente Archangel Studios, Bleak Faith Forsaken conquistò il pubblico nel 2021 attraverso varie sequenze cinematografiche che mostravano come un titolo indipendente volesse comunque competere per il proprio posto all’interno del mondo videoludico. Il successo ottenuto difatti dalla serie Souls ha portato molti studi indipendenti a creare negli anni diverse opere ispirate, condividendone l’atmosfera, il gameplay, e perché no, anche la difficoltà. Bleak Faith Forsaken nacque inizialmente da una campagna Kickstarter, proponendosi come un soulslike dall’anima open world, con richiami alla filosofia dei giochi di Hidetaka Miyazaki. Nel 2023 il titolo riesce a vedere per la prima volta la luce attraverso una pubblicazione su PC, e seppure l’accoglienza di pubblico e critica si dimostrò al quanto tiepida, il titolo ora è pronto ad approdare anche su PlayStation 5 e Xbox Series X|S, ricco di tante novità, come nuovi boss, scenari, e diverse migliorie tecniche. Noi lo abbiamo provato in anteprima e siamo pronti a parlarvene in questa nostra ultima recensione.
- Titolo: Bleak Faith Forsaken
- Piattaforma: PlayStation 5, Xbox Series X|S, PC (Steam)
- Versione analizzata: PlayStation 5 (EU)
- Genere: Azione, RPG
- Giocatori: 1
- Publisher: Archangel Studios, Perp Games
- Sviluppatore: Archangel Studios
- Lingua: Inglese (testi e doppiaggio)
- Data di uscita: 6 agosto 2024
- Disponibilità: digital delivery, retail (dal 13 settembre)
- DLC: non annunciati
- Note: disponibile dal 10 marzo 2023 su PC
Abbiamo recensito Bleak Faith Forsaken con un codice PlayStation 5 fornitoci gratuitamente da Perp Games.
Alla ricerca di sé stessi
Bleak Faith Forsaken, titolo completabile in circa una ventina di ore, è caratterizzato un mondo dark fantasy con elementi fantascientifici che sanno bene come conquistare il giocatore. Sin dai primi istanti di gioco possiamo vedere come la trama dell’opera si presenti molto criptica, con la sola possibilità di ottenere qualche informazione in più sulla fatiscente Omnistruttura attraverso i vari documenti che si possono trovare all’interno del mondo di gioco, o attraverso i dialoghi con i vari NPC che incontreremo lungo la nostra avventura.
Il titolo punta fin da subito a offrire un’elevata mobilità per il nostro protagonista, lasciandoci liberi di correre (senza consumare stamina), saltare, scalare, lanciarci da altezze considerevoli (con un danno di caduta pressoché minimo), tutto per permettere al giocatore di sentirsi il più indipendente possibile nella sua esplorazione. Questa è il fulcro dell’intera esperienza, e nonostante il mondo di gioco non si open world, ci verranno presentate diverse macro aree collegate tra di loro da un breve caricamento. Non avremo alcun tipo di indicazione su come raggiungere l’attuale obietto dell’area, e sarà nostro compito affinare i sensi e “perderci” tra i numerosi vicoli che ci offriranno un possibile passaggio. A frenare il nostro entusiasmo troviamo però una delle primissime insidie dell’opera, ovvero il level design. Non è raro infatti imbattersi in porzioni di gioco tutte identiche tra di loro che, per quanto sia inequivocabile che fosse una caratteristica voluta dagli sviluppatori, tende a disorientare fin troppo spesso il giocatore, costringendolo persino a morire e ritornare al checkpoint per ricominciare l’esplorazione dall’inizio.
Solitamente sarà presente un unico “falò” per area, chiamato “homunculus“, che ci permetterà di viaggiare da un livello all’altro nel caso lo avessimo già scoperto, o di ottenere una speciale reliquia che ci permetterà di creare un punto di salvataggio in qualunque punto della mappa prima di ritornare nuovamente al punto di salvataggio principale. Il game over risulta inoltre decisamente meno punitivo rispetto tantissimi altri titoli del medesimo stampo. Morendo infatti non avremo alcun tipo di conseguenza, conservando ancora tutto il loot e l’esperienza fino a quel momento ottenuta. Difatti, l’unica conseguenza, sarà il respawn dei nemici e il nostro dover ricominciare dall’ultimo salvataggio. L’esperienza potrà inoltre essere sfruttate per salire di livello in qualunque istante, ottenendo due punti abilità da poter investire su Forza (che influisce l’attacco), Agilità (che influisce principalmente la stamina), Flux (che identifica la barra della “magia”) e Costituzione (che influisce sulla barra degli HP e la nostra difesa). A rendere piacevole l’esperienza c’è la possibilità di poter equipaggiare qualsiasi arma o armatura (comprese quelle dei boss) senza la necessità di possedere precise caratteristiche, se non per qualche abilità richiedente uno specifico livello di magia. Questo permette al giocatore di sperimentare una gran quantità di build senza dover necessariamente orientare il personaggio verso una ben più precisa “classe”.
Il gameplay di gioco è molto basilare, potremo attaccare e schivare fin tanto che avremo stamina a disposizione e una volta esaurita dovremo aspettare qualche secondo prima che inizi nuovamente a riempirsi. Le meccaniche che lo contraddistinguono sono principalmente due: la capriola che rende invincibile il nostro personaggio per qualche secondo e la possibilità di concatenare attacchi solo se eseguiti con il giusto “ritmo”. Non potremo infatti concatenare diversi attacchi semplicemente premendo il comando assegnato ripetutamente, ma bensì dovremo aspettare diversi secondi in modo da creare una sorta di ritmo tra un attacco e l’altro, anche se il più delle volte falliremo per via dei nemici che ci attaccano interrompendo la nostra animazione. Questi ultimi non brillano purtroppo per diversità, presentando quasi tutti il medesimo mooveset e le stesse caratteristiche fisiche. Sconfiggendoli, oltre alla sopracitata esperienza, otterremo il 99% delle volte un loot in materiali utile per la creazione di pozioni rigenerative e consumabili a utilizzare per le armi a distanza. Esplorando potremo poi ottenere altre ricette di creazione, espandendo lentamente il nostro arsenale. Potremo eseguire sia attacchi rapidi che pesanti, oltre a particolari abilità innate delle armi utilizzate. Queste abilità attingeranno dalla nostra barra mana, ma si riveleranno utili soprattutto contro numerose schiere di nemici o i potenti boss. Avremo anche a disposizione archi che avranno un limite prefissato di frecce da poter utilizzare pe rogni singolo scontro, ponendosi per lo più come armi secondarie che principali. Non mancheranno anche catalizzatori magici che, attingendo al nostro mana, ci permetteranno di attaccare in tutta sicurezza i nemici più distanti.
Il nostro inventario disporrà di diversi slot: quattro per le armi (ovvero due combinazioni da poter cambiare in qualsiasi momento), cinque per le armature (elmo, spallacci, busto, gambe e guanti), tre per gli accessori (un amuleto e due anelli), e otto diversi slot per i consumabili. Questi però saranno limitati, con un numero prefissato per scontro (all’inizio saranno solo due ad esempio), e che si andranno a ricaricare in automatico una volta terminato il combattimento (a patto che siano presenti scorte nel nostro inventario). Il nostro protagonista potrà fare affidamento anche su abilità passive e attive, sbloccabili attraverso particolari token presenti nel mondo di gioco. Le abilità passive (avremo quattro slot a disposizione) conferiranno alcuni interessanti perk, come un aumento del danno nel caso la nostra barra degli HP iniziasse a diminuire. Le abilità attive invece (per cui avremo solo due slot) attingeranno dalla nostra barra del mana e varieranno tra abilità che ricaricano i nostri HP fino averi e propri potenti attacchi capaci di stordire i nemici più ostici. I boss presenti sono probabilmente i modelli meglio realizzati sotto il punto di vista del game design, e non si riveleranno mai una sfida fin troppo ardua, anzi, forse fin troppo semplicistica nel momento in cui si impareranno i pattern di attacco che si susseguiranno sempre secondo lo stesso ordine. Se il gameplay si è rivelato fin tropo basilare, con animazione simili tra nemici o classi di armi, a conquistarci è stata l’inclusione di combattimenti totalmente ispirati al capolavoro Shadow of the Colossus, dove dovremo indebolire i nemici più grandi per poter poi salire sulla loro schiena e attaccare i loro punti deboli al fine di sconfiggerli.
Il peso del confronto
Tecnicamente Bleak Faith Forsaken soffre purtroppo di diverse pecche che inficiano l’esperienza complessiva. Escludendo alcuni sporadici cali di frame, ciò che salta principalmente all’occhio è un mondo di gioco che non assoceremmo mai a console ormai definibili di current gen, ma bensì titoli nativi che su PS3 o Xbox 360 sarebbero stati considerati probabilmente avanguardistici, ma ad oggi purtroppo fanno sentire fin troppo il peso degli anni. Questo diventa ancor più importante su titoli dove è proprio l’atmosfera e lo scenario a far da padrone. Ci sono numerosi casi, nell’universo videoludico, dove titoli caratterizzati da un lato tecnico discutibile riescono comunque a farsi strada attraverso trame intriganti o profonde meccaniche di gameplay, ma in questo caso dov’è l’esplorazione a far da padrone assieme alla magnificenza delle ambientazioni, è un peccato non poter assistere a cosa potrebbe offrirci questa esperienza al suo pieno potenziale.
Ad accompagnare il meraviglioso lato artistico cui sono anche le tracce musicali scelte per l’occasione, capaci di divertire il giocatore e donargli spesso persino la giusta dose di “adrenalina”, con brani che non ci saremmo stupiti se li avessimo trovati in titoli come Devil May Cry oppure Bayonetta. A influire negativamente invece l’assenza della localizzazione italiana che, in un gioco dove la stessa trama ci viene centellinata attraverso pochi dialoghi e documenti, è ancor più difficile da seguire per la sua criptica modalità di racconto.
A chi consigliamo Bleak Faith Forsaken?
Bleak Faith Forsaken è un titolo che difficilmente consiglieresti ad un’ampia gamma di giocatori, complice il fatto che il titolo punti su diverse feature che oggi giorno non tutti soppesano allo stesso modo. È un titolo che indubbiamente consigliamo a tutti color che hanno amato le ambientazioni post-apocalittiche fuse con elementi fantasy (un po’ come viene mostrato anche in NieR: Automata), e a tutti quei giocatori che amano perdersi nei piccoli dettagli forniti a schermo più che seguire il “grande schema delle cose”. Un titolo da provare anche se cercate un soulslike non punitivo e dove poter sperimentare tantissime build diverse senza alcun tipo di parametro necessario.
- Libera accessibilità ad una vasta gamma di armi e armature
- Lo sviluppo del personaggio non è punitivo come in altri titoli similari
- Artisticamente tra i più belli del genere…
- …Ma avremmo desiderato la stessa profondità e ricercatezza anche nel gameplay
- Trama fin troppo centellinata
- Tecnicamente limitato
Bleak Faith Forsaken
Un buon prodotto, ma ancora troppo acerbo
Rispetto alla sua prima versione su PC, è innegabile come lo sviluppatore Archangel Studios (che ci teniamo a ricordare sia composto da un team di sole tre persone) si sia impegnato a cambiare diverse porzioni di gioco che potessero rendere Bleak Faith Forsaken più fluido e piacevole, rilasciando anche diverse patch che potessero andare incontro l’esigenze dei videogiocatori. L’opera è ad oggi un gioco completamente diverso meccanicamente parlando, ma nonostante ciò è ancora lunga la strada da percorrere per poter rendere questa gemma grezza la pietra preziosa che, innegabilmente, si vede potrà essere un domani. Le ambientazioni lasciano che il giocatore si innamori del mondo che sta visitando, accompagnandolo per un viaggio dov’è l’esplorazione il fulcro di gioco, capace di motivare ancor più della trama nel voler proseguire. I problemi subentrano quando ci discostiamo dalla strada maestra, incontrando problemi di level design, un gameplay fin troppo basilare, e un colpo d’occhio che, per quanto piacevole da vedere, sembra esser rimasto troppo indietro negli anni. Un titolo che vi consigliamo di provare se cercate un’esperienza inusuale e che presenterà una fusione di ambientazioni unica nel suo genere, soprattutto se cercate un soulslike decisamente abbordabile.