Sono passati ormai quasi tre anni da quando Epic Games, ringalluzzita dal meritatissimo successo ottenuto con il lavoro svolto su Fortnite (specialmente per quanto riguarda marketing e crossover, impossibile negarglielo) si è lanciata nella mission impossible di fare concorrenza a Steam, il colosso inamovibile di proprietà di Valve che domina incontrastato da anni il mercato della distribuzione digitale su PC, ancora di più ora che il disco fisico, almeno su questa piattaforma, è quasi definitivamente morto e sepolto. Ha deciso di farlo attraverso una propria piattaforma di distribuzione, l’Epic Games Store.
In un mercato la competizione è cosa buona e giusta, perché porta innovazione, prezzi e condizioni migliori per i consumatori finali: eppure, quella che in questo momento si sta svolgendo fra Steam ed Epic Games Store non è competizione sana ma è una battaglia impari. Il problema non sta dunque nella presenza di un ulteriore competitor sulla scena degli store digitali per acquistare codici PC, perché di quelli ce ne sono a bizzeffe. Il motivo principale per il quale in buona fede, da amante di questa piattaforma, non posso supportare l’Epic Games Store (la mia politica personale è un boicottaggio attivo e permanente) sta nella modalità con cui l’azienda di Tim Sweeney ha deciso di competere con quella di Gabe Newell.
GOG e Humble Store, solo per citarne alcuni, sono degli store alternativi dalle quali si possono acquistare giochi su PC. Come hanno fatto ad ottenere successo e a operare ancora, nonostante il volume di affari di Steam sia così enorme a confronto? Semplice, hanno deciso di investire in una gimmick unica, che distingue il proprio negozio dagli altri. Nel caso di GOG, si tratta del grandissimo focus sul restauro di titoli molto vecchi non ottenibili altrove, e della promessa di inserire sulla piattaforma solamente titoli sprovvisti di DRM: non è dunque richiesto alcun launcher esterno, si scarica il gioco dopo averlo acquistato, lo si installa e si è pronti a giocare nella stragrande maggioranza dei casi. Tutto questo può essere replicato su un numero illimitato di PC. Humble Store invece offre un’esperienza più tradizionale, e l’unicità sta nel fatto che, acquistando attraverso loro, è possibile donare una sezione dei profitti dell’acquisto direttamente ad un’organizzazione di beneficienza di nostra scelta, oppure selettiva nel caso dei bundle, altra unicità e motivo per cui questo negozio è salito alla ribalta, offrendo in passato anche delle selezioni di giochi per console, ottenibili interamente pagando una certa somma prefissata.
Veniamo ora a Epic, che ha scelto in qualche modo la sua unicità, peccato che si tratti della più ingiusta, disonesta e sconveniente possibile: acquistare direttamente un periodo di esclusività, di solito della durata di un anno, pagando profumatamente software house e publisher per tenere in ostaggio sulla propria piattaforma i titoli in procinto di uscita. Come viene siglato questo accordo? Semplicemente, Epic garantisce in anticipo un “minimo garantito”, ovvero un compenso in denaro in base all’importanza del titolo che viene pagato per assicurarsi di tenere il gioco solo sull’Epic Games Store. Per fortuna ora non succede più e viene tutto diffuso con largo anticipo, ma inizialmente gli annunci di esclusività venivano rivelati solamente a poche settimane dal lancio, generando la ben comprensibile ira dei giocatori, specialmente in quei casi in cui i titoli venivano finanziati tramite Kickstarter, promettendo in cambio chiavi Steam e vedendo i piani cambiati all’ultimo, con ricompense già decise alterate per una scelta commerciale, assolutamente antitetica rispetto a quello che i servizi di crowdfunding dovrebbero rappresentare.
Questa scelta chiaramente non sta pagando, sia finanziariamente che a livello di immagine: l’Epic Games Store, per via di questa politica di ostaggio scellerata, è ampiamente disprezzata da una grossissima fetta di giocatori su PC. La carrellata è impietosa: le previsioni degli analisti indicano che la piattaforma opererà in forte perdita almeno fino al 2024; quasi nessuno degli utenti attirati con i giochi gratis offerti dallo store ha effettivamente acquistato un gioco sulla piattaforma; i giochi che vengono annunciati come esclusivi spesso ricevono una marea di critiche e vengono anche piratati con maggiore frequenza, con tanto di simpatici hacker che hanno coniato questa frase, spesso allegata nei file readme dei download: “divertiti, questa copia è stata offerta da Tim Sweeney che l’ha pagata in anticipo anche per te“. Grazie ai documenti che ora sono di dominio pubblico a causa della causa legale fra Apple ed Epic, ora sappiamo che quest’ultima ha speso quasi 400 milioni di euro in un solo anno, per acquistare l’esclusività di giochi che alla fine hanno comprato in quattro gatti, perché lo stesso non era disponibile su Steam. Addirittura, solo uno delle svariate decine di giochi acquistati da Epic ha effettivamente portato introiti in positivo alla compagnia.
Cos’è Epic Games Store oggi? Un distributore online monco, privo di tutto ciò che rende Steam non solo un negozio, ma anche un enorme forum, un social network, un ricettacolo di mod e di comunità, con addirittura una florida economia interna di oggetti in game. Dopo tre anni, ancora stiamo a discutere di feature basilari mancanti, come un carrello della spesa o un workshop per installare facilmente le mod nei giochi che lo supportano. Soltanto adesso si inizia a parlare di achievement (ma solo per pochi titoli eletti!). Per cosa lo conosciamo, principalmente? Perché ha pagato, a publisher piccoli e grossi, una vera e propria mazzetta per ottenere l’esclusività temporanea, spesso così generosa che alla fine, ai vari SQUARE ENIX e compagnia, non interessa nemmeno poi tanto che i titoli sull’EGS vendano, perché in fondo chissenefrega, Tim Sweeney ha già pagato per la copia di tutti noi. E a perderci è la competizione sana, quella che vede il confronto sui prezzi e sulle feature uniche, e non su chi è più furbo.
Fino a quando la tattica di Epic sarà quella di accaparrarsi lunghi periodi di esclusività non in base a meriti acquisiti o a servizi migliori, ma solo oliando bene gli ingranaggi, non posso in buona fede supportare la sua iniziativa, sulla carta lodevole, di fare concorrenza a Steam e scombinare le carte in tavola di un settore tutto sommato un po’ stagnante. In un mondo dove le console stanno diventando sempre più simili a dei PC, per il processo di osmosi inversa quest’ultimo sembra aver preso il tratto più inutile delle console: l’esclusività. Tim Sweeney ha portato le console war anche su PC, una delle cose di cui davvero non avevamo bisogno.