Sono quasi sicuro che a dirvi la sigla “NEC PC-8801” ben pochi di voi saprebbero di cosa sto parlando. Io stesso, prima di avventurarmi nel mondo dell’informatica di metà anni ’80, non ne sapevo nulla. Si tratta di un computer con architettura ad 8 bit, molto famoso in Giappone ma mai rilasciato nel resto del mondo, uscito nel 1981 per il modico prezzo di 228.000 yen (circa 1800 euro attuali al netto dell’inflazione); è anche la prima piattaforma su cui un gioco tratto dalla saga di Ken il Guerriero, o Hokuto no Ken per restare fedeli al nome originale, ha fatto la propria apparizione.
Le origini: 64kb di RAM
Iniziamo col parlare di Hokuto no Ken: Violence Gekiga Adventure. La stragrande maggioranza dei giochi con Kenshiro come protagonista infatti non sono mai stati rilasciati nel resto del mondo, oppure sono stati pesantemente modificati per rimuovervi qualunque riferimento all’opera originale e renderlo appetibile per un pubblico globale.
Violence Gekiga Adventure è un’avventura grafica e perlopiù testuale in cui per proseguire nel gioco dovremo inserire dei comandi adeguati al contesto, (à la Monkey Island) e combattere con i nostri avversari scoprendone i punti deboli parlando prima con altri personaggi. Si tratta di un adattamento del primo arco narrativo della storia originale, che si concluderà con il combattimento con Shin. L’azione manca completamente date ovviamente le limitatissime capacità computazionali del NEC PC.
Quasi in contemporanea, e decisamente più nello spirito della serie, SEGA produce e distribuisce per il suo Master System, Hokuto no Ken, un picchiaduro a scorrimento laterale che copre quasi interamente la prima serie, fino alla prima battaglia di Kenshiro contro Raoh. In America tuttavia questo titolo arriva sotto il nome di Black Belt: una versione che manca di qualunque riferimento a Ken il Guerriero e che avrà un sequel nel 1989 e originariamente sviluppato per il SEGA Mega Drive, anch’esso modificato per l’Occidente, intitolato Last Battle che invece copre gli eventi della seconda serie.
Anche il Game Boy originale ha ricevuto un po’ d’amore, con Hokuto no Ken – Seizetsu Jūban Shōbu rilasciato nel 1989 in Giappone e nel 1990 negli Stati Uniti con un titolo diverso. Si tratta di un picchiaduro uno-contro-uno che comprende un numero abbastanza elevato di personaggi prelevati sia dalla prima che dalla seconda serie.
Gli anni novanta: l’adolescenza ribelle
Dopo questo, per tutti gli anni novanta noi gaijin europei siamo rimasti a bocca asciutta: ben sei titoli sono stati rilasciati soltanto in Giappone e principalmente per il Famicom e Super Famicom, ovvero il Nintendo Entertainment System e Super Nintendo Entertainment System.
È interessante parlare dell’evoluzione subita nel frattempo dagli adattamenti videoludici della saga: siamo partiti da un’avventura grafica, ristretti dall’hardware, e siamo passati quindi ad un picchiaduro a scorrimento, grande moda arcade a cavallo fra gli ottanta e i novanta, per poi passare a… giochi di ruolo? Proprio così: due dei sei titoli usciti per NES e SNES sono dei giochi di ruolo simili ai primi FINAL FANTASY, con un overworld e degli sprite in 2D a fungere da personaggi. I combattimenti si svolgono a turni e tutte le statistiche sono controllate e migliorate tramite menu da JRPG classico. Inoltre, il primo titolo rilasciato per SEGA Saturn nel 1995 prima e per PlayStation nel 1996 poi, intitolato ancora con molta fantasia Hokuto no Ken, ritorna di nuovo alla formula dell’avventura grafica.
Evidentemente l’esperimento non ha dato i frutti sperati: da allora i titoli successivi saranno principalmente dei picchiaduro in 2D con combattimento uno contro uno.
Il duemila: da noi tutto tace
Nel 2000 arriva anche in Nord America il primo titolo con licenza ufficiale: si tratta di un cabinato arcade prodotto da KONAMI della serie Punch Mania (rinominato Fighting Mania al di fuori del Giappone), in questo caso, il cabinato ha sei cuscinetti morbidi ai lati che dovremo prendere a pugni seguendo il ritmo mostrato sullo schermo, un po’ come succede con i più classici Dance Dance Revolution.
Sempre per la PlayStation poi, esce in Giappone il titolo probabilmente più fedele prodotto finora: Hokuto no Ken: Seikimatsu Kyuseisyu Densetsu, un Beat ’em up in 3D che offre parecchia libertà al giocatore e che ha dalla sua la grande fortuna di sfruttare colonna sonora e doppiatori dell’anime aumentando decisamente l’immersione del giocatore (e la nostalgia).
Nel 2005 esce infatti in Giappone e negli Stati Uniti (originariamente solo per arcade, con un successivo remake per PlayStation 2 nel 2007) Hokuto no Ken; un picchiaduro in 2D nudo e crudo, estremamente tecnico e competitivo, sviluppato dai cari ragazzi di ARC SYSTEM WORKS (GUILTY GEAR, DRAGON BALL FighterZ). Sebbene questo gioco da noi non sia mai arrivato, tecnicamente e in maniera molto ipotetica sarebbe possibile rigiocarne una sorta di versione Open Source grazie al MUGEN.
Il MUGEN è un software open source realizzato nel 1999 da Elecbyte, utilizzato per la creazione di videogiochi in 2D. È molto semplice modificare il software ed importare sprite di personaggi già esistenti in altri titoli. Per questo, sono disponibili in rete molte versioni, purtroppo però non eccessivamente stabili e credo addirittura non più attivamente sviluppate, del MUGEN con già integrati i personaggi di questo picchiaduro del 2005, con l’aggiunta di altri creati da fan in rete.
Nel 2008 abbiamo un altro esperimento azzardato che menzionerò per completezza: Hokuto no Ken Online. Un MMORPG coreano dallo scarsissimo successo; dopo poco meno di un anno, a settembre del 2009, i server sono stati definitivamente chiusi per inattività.
Il presente e il futuro: un raggio di speranza
Arriviamo a tempi più vicini a noi; il mercato globale si espande sempre di più, e anche in Giappone si rendono conto di quanta domanda ci sia in Europa per qualche adattamento videoludico delle avventure di Kenshiro. A risolvere la situazione ci penseranno KOEI TECMO GAMES e Omega Force, le menti dietro alla saga più simile ad uno Zerg Rush di sempre: DYNASTY WARRIORS.
Il loro spin-off facente parte della serie Musou, Fist of the North Star: Ken’s Rage è il primo vero titolo della proprietà intellettuale trentennale ad essere stato rilasciato in tutto il mondo per console di settima generazione. Il gameplay è quasi uguale a quello degli altri giochi della serie Warriors: un singolo personaggio da noi controllato dovrà farsi strada tra centinaia di nemici e orde enormi di sgherri debolissimi rispetto a noi, sfruttando combo e mosse speciali decisamente più spettacolari (Toki, il grande e irreprensibile Toki. Non sapevo che facesse anche l’irrigatore girevole da giardino) di quelle mostrate nell’anime e nel manga. Una volta ripulita una certa percentuale di mappa avremo quindi accesso ad una sorta di boss fight in un’arena alla fine del livello, ripetendo il processo per vari “episodi” che vanno a formare la storia che in questo caso termina con la sconfitta di Raoh per mano di Kenshiro, andando a coprire nella sua interezza il primo grande arco narrativo prima della partenza verso la Terra dei Demoni.
Nel 2012 ne è stato rilasciato un seguito, Fist of the North Star: Ken’s Rage 2, generalmente mal ricevuto dalla critica: invece di essere un semplice sequel, aggiungendo soltanto tutta la saga della Terra dei Demoni, incorpora al suo interno anche il primo gioco, con qualche cutscene migliorata e un sistema di upgrade del personaggio leggermente espanso. Questa è stata vista come una mossa poco corretta nei confronti di chi aveva comprato il titolo originale due anni prima che ha dovuto “perdere” tempo ripassandosi tutta la storia originale prima di poter entrare nel vivo del nuovo contenuto.
E qui ci siamo, signore e signori: l’uscita di Fist of the North Star: Lost Paradise, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione, segna l’ultimo capitolo interattivo di una meravigliosa saga storica che purtroppo nel vecchio continente non abbiamo mai potuto assaporare appieno se non tramite emulazione o importazione. Cosa ci riserva il futuro? Avremo mai un titolo disponibile anche su PC? Ma soprattutto, perché non sono andato al cinema a rivedermi La Leggenda di Hokuto rimasterizzata?! Lo scopriremo solo vivendo prendendo a papagne nel muso dei punk post-apocalittici scarsamente vestiti.